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Libia Petrolio

Cosa succede in Libia tra Italia e Francia su petrolio e gas

Il problema è rappresentato dal pozzo di El Feel la cui caduta, “sposterebbe inevitabilmente il pozzo nell’orbita degli interessi francesi”

Malgrado i segnali di disgelo tra Italia e Francia degli ultimi giorni, culminati con il colloquio telefonico tra il presidente Emmanuel Macron e il capo dello Stato Sergio Mattarella, la partita tra i due paesi continua a giocarsi su petrolio e gas. Il generale Khalifa Haftar che controlla le Forze armate libiche (LNA) ed è appoggiato dai transalpini, avanza da sud e minaccia il principale pozzo dell’Eni. A Tripoli il premier Fayez Al Serraj riconosciuto dall’Onu e principale interlocutore dell’Italia, sembra invece essere ostaggio delle milizie.

NEL MIRINO IL POZZO DI EL FEEL DI ENI LA CUI CADUTA SPOSTEREBBE GLI EQUILIBRI A FAVORE DEI FRANCESI

Libia energiaI principali obiettivi degli scontri sono stati nei giorni scorsi il giacimento petrolifero di Sharara, da circa 315mila barili al giorno e di El Feel – Elephant – che si trova nelle vicinanze. Le Forze armate libiche fedeli ad Haftar hanno annunciato di aver preso il controllo del primo “pacificamente e senza incontrare resistenza”, ha scritto in un tweet il portavoce Ahmed Al-Mismari. Per prendersi il pozzo è bastato al generale, infatti, “comprarsi la Brigata 30, l’unità tuareg incaricata da Tripoli e dal suo premier Fayez Al Serraj di difenderne le installazioni. Una trattativa simile sarebbe in corso con le milizie pagate da Tripoli per difendere il pozzo Eni. Dietro la disponibilità finanziaria di Haftar, impegnato da mesi in un’autentica campagna acquisti tra le milizie del sud, contribuisce un consistente pacchetto di aiuti economici garantitogli dagli Emirati Arabi sotto la supervisione politica dei padrini di Francia ed Egitto”, ha scritto Il Giornale nei giorni scorsi. “Ma la difesa degli interessi italiani è assai complessa anche per la precarietà del governo di Fayez Al Serraj, considerato ad oggi il nostro principale alleato. Sempre più a corto di liquidità anche per il ridimensionamento delle entrate petrolifere, Serraj deve fare i conti con i continui taglieggiamenti impostigli dalle milizie di Tripoli, vere garanti della sua sopravvivenza fisica e politica”. Il problema è ora rappresentato dal pozzo di El Feel la cui caduta, prosegue ancora il quotidiano milanese, “sposterebbe inevitabilmente il pozzo nell’orbita degli interessi francesi. E qualora Haftar conquistasse anche il controllo di Tripoli, come molti prevedono, per l’Eni sarebbe estremamente difficile mantenerne la gestione. Con grande gioia di Macron e di quella Total che, dal 2011, allungano gli occhi sul petrolio della nostra ex colonia”.

ONU E UNIONE AFRICANA AL LAVORO PER LA RICONCILIAZIONE

Per cercare di normalizzare la difficile situazione libica, il governo di accordo nazionale (GNA) di Al Sarraj ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di mobilitarsi per contrastare i progressi di Haftar nel sud. Anche l’Unione Africana (Ua) si è mossa proponendo una conferenza per la “riconciliazione” in Libia da organizzare nella prima metà di luglio con l’obiettivo di tenere poi elezioni a ottobre. La proposta riferita da al-Jazeera, è arrivata al termine del summit di Addis Abeba, e parla di una conferenza “sotto gli auspici dell’Ua e delle Nazioni Unite” mentre l’inviato delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamé, continua il lavoro per la convocazione della Conferenza nazionale (Al Multaqa Al Watani), annunciata durante la conferenza di Palermo dello scorso novembre.

IL SUD È IL CROCEVIA ENERGETICO DEL PAESE eni

Ma perché tanta importanza nel sud del paese dove si concentrano i combattimenti? Prima di tutto la zona è il crocevia di transito dei flussi migratori ma anche la zona dove incidono Sharara ed Elphant. Sharara, come detto, produce quasi un terzo del greggio libico e insieme ad Elephant costituiscono i più grandi del paese. Ma soprattutto, come ricorda sempre Il Manifesto, “sono gestiti dall’Eni che ne ha la concessione fino al 2042. L’export anche attraverso il gasdotto Greenstream dalla Libia all’Italia, deve però passare attraverso le autorizzazioni della compagnia Noc con sede a Tripoli e relazioni con il governo di accordo nazionale (Gna) di Serraj”. Infatti Al Sahara si trova proprio in mezzo a quelli dell’Eni, di al Wafa e el Feel dove da tempo sono in corso combattimenti giustificati ufficialmente come lotta al terrorismo proveniente dal Ciad, ma in sostanza al fianco delle milizie di Haftar ci sono francesi e contractor russi. “L’Eni è sempre in posizione dominante – ha evidenziato il generale Carlo Jean in un intervento su Sussidiario.net -. Tra l’altro il ministro delle finanze di Tripoli, che ha in pratica il controllo della banca centrale libica, più il capo della Noc sono tutte persone che hanno lavorato con l’Eni e continuano a esservi legati. Non ci butteranno fuori, nonostante gli sforzi di Di Maio di rovinare tutto. L’Eni è abbastanza solida per resistere alle carenze del governo italiano”.

VICEDIRETTORE DELL’AISE IN MISSIONE A TRIPOLI

Ecco spiegata la missione, passata un po’ sottotraccia, del vicedirettore dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise), Giovanni Caravelli, a Tripoli citata dal sito web informativo libico “Ewan Libya” sulla base di alcune fonti dei servizi segreti libici e riportata dall’Agenzia Nova. Caravelli sarebbe arrivato nella capitale con una delegazione “di alto livello” dell’intelligence italiana “per una visita non annunciata su invito del Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico”. Il funzionario italiano, sempre secondo “Ewan Libya”, avrebbe tenuto una serie di incontri “con i membri del Consiglio presidenziale, tra cui il premier Fayez al Sarraj”. Malgrado non vengano anticipati i contenuti dei colloqui, “la notizia è stata riportata con ampio risalto anche dal sito informativo libico ‘al Marsad‘ considerato vicino al generale Haftar” evidenziando di fatto come la situazione di crisi all’interno dello scacchiere libico, che coinvolge anche Italia e Francia, sia stata con molta probabilità al centro della visita. La passata settimana, inoltre, il Libya Observer ha riferito di un incontro tra un esponente dell’esecutivo del premier Al Sarraj e il nuovo ambasciatore d’Italia a Tripoli, Giuseppe Buccino Grimaldi durante la quale il governo italiano è stato esortato a sostenere la Libia nella presidenza di turno per il 2019 dell’”Iniziativa per la Difesa 5+5″. L’accordo di collaborazione, avviato nel 2004 a Parigi su proposta italiana, intende promuovere la cooperazione su problematiche comuni di sicurezza e difesa e contribuire alla stabilità regionale e alla comprensione reciproca tra i Paesi delle due sponde del Mediterraneo Occidentale: quella del nord, cui fanno parte Francia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna, e quella del sud, con Algeria, Libia, Mauritania, Marocco e Tunisia.

ANCHE LA FRANCIA IN MISSIONE A TRIPOLI

petrolio MacronLa missione lampo italiana fa il paio a un’identica iniziativa transalpina: come riportato dal sito Libya Security Studies, il consigliere libico di Emmanuel Macron e alcuni importanti funzionari dei servizi segreti della DGSE, dovrebbero effettuare nelle prossime ore una “missione segreta” a Tripoli per discutere su come sostenere al Serraj per ridurre il potere delle milizie locali e costruire una capacità militare per bilanciare la campagna di Haftar nel sud. La Francia, riporta il sito “sta lavorando duramente per promuovere un ruolo più incisivo per il governo di Fayez al Serraj sostenuto dalle Nazioni Unite” e “per bilanciare l’avanzata dell’esercito nazionale libico (LNA) di Khalifa Haftar nella regione del Fezzan”.

USA PREOCCUPATI: RIPRENDERE PRODUZIONE PETROLIFERA AL PIÙ PRESTO

In tutto questo caos gli Stati Uniti sono preoccupati per le continue tensioni nel sud della Libia, che hanno prolungato la chiusura delle infrastrutture petrolifere critiche e privato i libici di risorse economiche importanti. Il dipartimento di Stato Usa in una nota del portavoce Robert Palladino ha chiesto a tutte le parti “di stabilire urgentemente un accordo di sicurezza reciprocamente accettabile che garantisca la sicurezza dei lavoratori della National oil corporation (Noc)” che consenta “la ripresa della produzione di petrolio nel giacimento petrolifero di al-Sharara il più rapidamente possibile a beneficio di tutti i libici. Le strutture petrolifere, la produzione e le entrate della Libia appartengono al popolo libico. Ribadiamo che il Noc deve essere autorizzato a riprendere il suo lavoro senza ostacoli e che queste risorse vitali libiche devono rimanere sotto il controllo esclusivo del NOC e l’unica supervisione del governo di accordo nazionale, come delineato nelle risoluzioni 2259 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, 2278 (2016) e 2362 (2017). Gli Stati Uniti ribadiscono l’impegno di stare con tutti i libici nella lotta comune contro il terrorismo. Accogliamo con favore gli sforzi in atto per garantire che lo Stato islamico (Is) e al-Qaida non trovino alcun rifugio sicuro nel sud della Libia. Rimaniamo impegnati a utilizzare tutti gli strumenti disponibili per sostenere la pressione contro i gruppi terroristici, su richiesta e in coordinamento con il governo di accordo nazionale”, ha concluso la nota.

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