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Shale

Gas, la rivoluzione “shale” Usa sta cambiando gli equilibri mondiali

Grazie a prezzi bassi e immensa quantità di materia prima gli Stati Uniti stanno inondando il mondo scontrandosi inevitabilmente con la Russia. Per l’Europa, dice Alverà (Snam), la soluzione è l’Unione energetica

 

 

Qualche anno fa si ipotizzava che il fracking e lo shale gas avrebbero cambiato gli equilibri mondiali. Nel 2012 ad esempio, l’Agenzia internazionale per l’energia nel suo World energy outlook parlava dello “shale” Usa come di una rivoluzione in divenire “i cui effetti” sarebbero ricaduti “ben oltre l’America del Nord e il settore energetico”. Tanto da immaginare che “bassi prezzi e abbondanza di offerta” avrebbero trasformato il gas nel “combustibile dominante del mix energetico attorno al 2030”. A distanza di cinque anni quelle previsioni cominciano ad avverarsi con i prezzi del gas naturale americano destinati a rimanere bassi per un lungo periodo. Ciò grazie alla combinazione di “fracking” e “horizontal drilling” che ha spinto alle stelle la produzione.

Il segreto degli Usa? Prezzi bassi e immensa quantità di materia prima

shale gasSecondo i dati dell’Energy information administration (Eia) Usa, citati da Forbes, l’output statunitense nel settore gas è aumentato del 35% dal 2008 raggiungendo i 78 miliardi di piedi cubici mentre i prezzi sono crollati di oltre il 60% a 3 dollari per milione di Btu.

Lo scorso anno si sono registrati addirittura i valori più bassi dal 1999 quando ci si aggirava intorno ai 2,5 dollari. Sempre secondo l’Eia, inoltre, la produzione statunitense dovrebbe addirittura aumentare nei prossimi decenni salendo a un ritmo di 1-2% l’anno per raggiungere gli 85 miliardi di piedi cubici nel 2020, i 100 miliardi nel 2035 e ancora di più negli anni successivi.

Questa scalata inarrestabile della produzione negli Stati Uniti è dovuto principalmente all’immensa base di risorse a basso costo disponibile e stimabile in oltre 100 anni di fornitura robusta. Secondo i principali esperti dell’IHS Markit, una società angloamericana che fornisce servizi di informazione e analisi, “circa 1.400 trilioni di piedi cubici sono reperibili in Usa e Canada a un prezzo corrente all’Henry Hub pari o inferiore ai 4 dollari per milione di Btu in termini reali. Si tratta di un aumento del 66% rispetto alle stime del 2010. Più della metà, circa 800  trilioni di piedi cubici può essere prodotta addirittura  un prezzo pari o inferiore a 3 dollari per milione di Btu”.

Vantaggi competitivi per le imprese e bollette meno salate per le famiglie

Il lungo periodo di prezzi bassi ha contribuito a rendere particolarmente efficiente l’industria shale statunitense, eliminando le imprese meno produttive, provocando in tal modo un eccesso di offerta. La stessa Energy Information administration Usa, che ogni anno realizza previsioni sul sistema energetico nazionale, stima prezzi del gas sempre più convenienti: e i benefici di una fonte a così basso costo sono innegabili per gli Stati Uniti che avranno un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti globali e bollette meno salate per le famiglie. Grazie alla rivoluzione dello shale gas, insomma, gli Usa si sono trasformati nel mercato più flessibile del mondo in grado di soddisfare una domanda interna molto maggiore di prima e di sostenere le esportazioni. In questo modo, scrive Forbes, gli Stati Uniti hanno trasformato il gas “nella principale forma di energia e ciò ha contribuito a ridurre le emissioni di CO2 del 30% dal 2005 aiutando anche lo sviluppo di eolico e solare e il rilancio della industria della chimica”. Non solo.

gasL’Eia prevede che il ritmo della nuova produzione raddoppierà anche il ritmo della domanda negli anni a venire e ciò, unito ai bassi costi, consentirà di esportare ingenti e crescenti quantità di gas in tutto il mondo senza aumentare i prezzi interni. Infatti, lo studio sulle esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) più completo commissionato dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha riscontrato che l’export “non comporterà un aumento significativo dei prezzi del gas sul mercato interno”. Si tratta dello studio Nera 2012 aggiornato nel 2014, secondo cui “le esportazioni di Gnl apporteranno benefici economici netti in tutti gli scenari esaminati: maggiori sarà il livello delle esportazioni, maggiori saranno i benefici”. In ogni caso, sottolineano da Forbes, un aumento delle esportazioni di gas verrebbe compensato in quanto possibile solo di fronte a una maggiore produzione che contribuirebbe comunque a mantenere i prezzi bassi.

Cambiano gli equilibri mondiali

Ma gli scenari che si aprono in questo nuovo contesto economico, riguardano anche aspetti più strategici. Il Gnl statunitense a prezzi accessibili aiuterà in primis a ridimensionare l’influenza geopolitica russa, a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, a ridurre il  deficit commerciale Usa, a fornire posti di lavoro ed energia a basso costo, a soddisfare il fabbisogno energetico delle popolazioni povere e a sostenere energie rinnovabili come l’eolico e il solare per loro natura intermittenti.

Che le cose stiano cambiando è già evidente. Gli Stati Uniti hanno iniziato ad esportare Gnl in tutto il mondo dal 2016. L’export Usa al momento riguarda oltre al Vecchio Continente anche Asia, Medio Oriente e America Latina. In Europa, tuttavia, le consegne sono state limitate all’inizio a Portogallo, Spagna e Regno Unito. Questo almeno fino a giugno di quest’anno, quando la Polonia ha ricevuto la prima spedizione di Gnl statunitense. A luglio il presidente Trump nel suo discorso a Varsavia annunciava che la Polonia e i suoi vicini non sarebbero state più “ostaggio di un solo fornitore”. Lo scorso 21 agosto c’è stata poi la prima consegna ai mercati energetici lettoni dove storicamente trionfava la russa Gazprom. Una svolta che riflette proprio la nuova geopolitica del gas naturale come si evince da una nota spedita a Foreign Affairs a settembre, del presidente lituano Dalia Grybauskaitė: “Le importazioni di gas in Lituania e in altri paesi europei cambiano il gioco nel mercato europeo del gas. L’Europa ha l’opportunità di porre fine alla dipendenza dal gas russo e garantire un approvvigionamento sicuro, competitivo e diversificato”.

La soluzione per l’Europa? Per Alverà (Snam) “occorre realizzare l’Unione energetica”

europaDella situazione ha parlato anche il numero uno di Snam Marco Alverà intervenendo al 17esimo Italian Energy Summit del Sole 24 Ore: “Se l’Europa paga il gas il doppio rispetto agli Stati Uniti è impossibile competere sulle bollette e per tutto il settore manifatturiero. La soluzione? Bisogna fare l’Energy Union, magari come risposta alla Brexit – ha sottolineato Alverà –. Per abbassare il costo della bolletta l’Europa deve integrarsi di più”. In questo modo anche “l’Italia potrà giocare un ruolo di primo piano in Europa con i suoi stoccaggi. Noi siamo su questo: come creare un’unione energetica vera che passa per forza attraverso le infrastrutture”, ha sottolineato Alverà.

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