Advertisement vai al contenuto principale
Gasdotti

Pressing di Washington sul gasdotto Israele-Giordania

L’opera è stata congelata a causa di una recrudescenza delle tensioni tra Tel Aviv e Amman. Proteste tra i giordani che chiedono di puntare sulle rinnovabili

L’amministrazione Trump sta facendo pressioni su Israele affinché proceda a finalizzare l’accordo per realizzare un gasdotto con la Giordania, già firmato con Amman alcuni anni fa. È quanto scrive il reporter israeliano Barak Ravid su Axios, citando funzionari israeliani e statunitensi.

IL GASDOTTO DOVREBBE ESSERE TERMINATO A FINE 2019

Il gasdotto in questione – chiamato “Red-Dead” per via del collegamento tra i due mari – dovrebbe trasportare combustibile in Giordania dal giacimento israeliano di Leviathan per i prossimi 15 anni per un valore complessivo di 10 miliardi di dollari. L’opera, secondo le previsioni, dovrebbe essere terminata entro la fine del 2019 per cominciare con le forniture di gas all’inizio del 2020 secondo quanto riferito ad inizio mese da Bloomberg che ha citato il direttore generale della Jordan National Electric Power Company, Abdel Fattah Daradkeh. Finora, la Giordania ha importato gas dall’Egitto fino al momento in cui gli attacchi dei militanti sulla rete di gasdotti egiziani e la crescente domanda locale ha portato la nazione nordafricana a bloccare le spedizioni nel 2013. L’Egitto è sulla buona strada per riprendere a esportare di nuovo gas dopo la scoperta nel 2015 del campo di Zohr. E infatti Amman inizierà a ricevere gas naturale liquefatto (Gnl) dall’Egitto nell’ambito di un accordo di sette anni a partire dal 1 gennaio, secondo quanto riferito dall’ex ministro dell’Energia giordano Saleh Al-Kharabsheh in aprile.

RECRUDESCENZA DELLE TENSIONI TRA ENTRAMBE LE PARTI

L’accordo Israele-Giordania, tuttavia, è stato congelato a causa di una recrudescenza delle tensioni tra Tel Aviv e Amman dovute, a quanto pare, a divergenze di opinione all’interno del gabinetto di Netanyahu. In particolare, il consigliere economico capo del Primo Ministro israeliano, Avi Simhon, è un convinto oppositore del gasdotto “Red-Dead”, ritenendo che non valga la cifra di 150 milioni di dollari da investire e di cui gli Stati Uniti si sono impegnati a fornire 100 milioni di dollari.

LA MANCATA REALIZZAZIONE DEL GASDOTTO PORTA A UN DANNO DI 300 MILIONI DI DOLLARI L’ANNO PER LA GIORDANIA

Dopo l’impegno assunto con la firma dell’accordo, la Giordania si era infatti rivolta agli Stati Uniti, partner chiave di entrambe gli schieramenti, per lamentarsi del fatto che Tel Aviv non avesse mantenuto la promessa di costruire il gasdotto. Secondo alcune fonti del Times of Israel, ciò porterebbe un danno alla Giordania che calcola di risparmiare con queste forniture, 300 milioni di dollari l’anno. Giordania

SOCIETÀ GIORDANA SOSPENDE FORNITURA SABBIA DOPO AVER SCOPERTO CHE SAREBBE SERVITA PER I LAVORI DEL GASDOTTO

Alcuni in Giordania, che soffre da diversi anni di una pesante recessione economica, non hanno avuto bisogno di essere spinti a scendere in piazza per protestare contro la normalizzazione delle relazioni bilaterali con Israele. Secondo alcuni media locali un’azienda giordana ha addirittura bloccato la consegna di un carico di sabbia dopo aver scoperto che sarebbe stato utilizzato per la costruzione del gasdotto, a dimostrazione della sua opposizione alla normalizzazione delle relazioni israelo-giordane. In un video postato su Facebook, Fuad al-Dwairi, capo dell’azienda che avrebbe dovuto fornire il materiale, la Dwairi Contracting, ha ammesso il recupero della sabbia dopo la scoperta mentre un funzionario dell’azienda Iyad al-Dwairi ha aggiunto: “Stiamo recuperando i materiali. Ci rifiutiamo di lavorare con Israele o con chiunque lavori con esso e siamo contrari a qualsiasi normalizzazione”. Tali prese di posizione sono state elogiate da alcuni parlamentari come Tarek Khoury, che ha dichiarato come la posizione della società dovrebbe ispirare altri arabi a prendere iniziative simili.

LA SCORSA SETTIMANA 18 MEMBRI DEL PARLAMENTO GIORDANO HANNO CHIESTO LA CANCELLAZIONE DELL’ACCORDO

Mercoledì scorso, alcuni manifestanti si sono radunati nella seconda città della Giordania, Irbid, chiedendo che l’accordo fosse abolito. Molti di loro mostravano cartelloni con su scritto: “Il gas del nemico è l’occupazione”. Secondo Times of Israel gli organizzatori inneggiavano all’utilizzo di energia rinnovabile, sostenendo che la Giordania avrebbe potuto risolvere i propri problemi energetici senza fare affidamento su energia “rubata”. La scorsa settimana settimana, 18 membri del Parlamento giordano hanno anche chiesto la cancellazione dell’accordo e la sua presentazione al parlamento per chiarire i termini e le condizioni. Anche se il primo ministro Omar Razzaz si è rifiutato di rispondere alle richieste, secondo la rivista giordana 7iber.

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi

Torna su