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Germania: dopo il voto, la grande incognita su energia e cambiamenti climatici

La probabile coalizione tra Cdu-Verdi e Liberaldemocratici potrebbe scontrarsi sulla via da tracciare per il futuro della “transizione energetica” tedesca, in bilico tra l’attuale uso del carbone e la svolta verso gas e rinnovabili. Lontani gli obiettivi Ue su emissioni e rinnovabili

 

Angela Merkel esce ancora vittoriosa dalle urne delle recenti elezioni tedesche ma di fatto indebolita rispetto al precedente mandato, dopo aver perso quasi nove punti rispetto al 2013. L’attesa ora è per conoscere le alleanze che formeranno il nuovo esecutivo tedesco: di sicuro non ci sarà nessuna “grande coalizione” Cdu-Spd tra l’Unione dei cristiano-democratici della Merkel e i socialdemocratici di Martin Schulz, che hanno retto il paese negli ultimi cinque anni. Schulz, che ha ottenuto poco più del 20% dei voti, ha già dichiarato che farà parte dell’opposizione.

germaniaPer formare il nuovo governo la cancelliera sarà dunque costretta a stringere un accordo con liberaldemocratici (Fdp) e Verdi, rispettivamente la quarta e sesta forza in campo con il 10,7% e l’8,9% dei voti complessivi. Escludendo, naturalmente, intese con la destra ultra-conservatrice dell’AfD, balzata al terzo posto con quasi il 13% delle preferenze.

Quale sarà il futuro della “transizione energetica”?

Naturalmente, questa nuova possibile alleanza tra Csu-Fdp e Verdi apre scenari incerti per il futuro della “transizione energetica” tedesca (Energiewende) che potrebbe diventare un’area di scontro interno alla futura coalizione. I Verdi, ad esempio, hanno già manifestato in campagna elettorale la loro intenzione di voler chiudere le centrali a carbone più inquinanti del paese e di voler sostenere una legge di protezione del clima per aiutare la Germania a rispettare i piani di riduzione dell’80-95% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Ma i liberaldemocratici, che hanno una visione più liberista dell’economia, si oppongono a una pianificazione centralizzata che impegni a effettuare tagli alle emissioni di anidride carbonica simili a quelli proposti sia dai Verdi sia dalla coalizione Cdu/Spd uscente.

L’Fdp è favorevole, al contrario, all’eliminazione delle sovvenzioni “inefficienti” nel settore energetico e al rafforzamento del sistema europeo di scambio delle emissioni. Sulla carta, comunque, i tre partiti concordano sull’impegno a rispettare gli accordi di Parigi e sulla necessità di combattere i cambiamenti climatici con strategie a favore di tecnologie pulite. La forte presenza dell’AfD in Parlamento rischia però di complicare i piani. Il partito è euroscettico per definizione e si oppone ai programmi tedeschi di riduzione delle emissioni di gas serra attraverso il passaggio a fonti di energia rinnovabili. Al momento la Germania,  continua a dipendere in buona parte dal carbone per il 40% circa della produzione elettrica nazionale e l’appuntamento con il 2022, anno in cui dovrebbero essere chiuse le centrali nucleari tedesche, rende sempre più pressanti le scelte del governo che reggerà il paese nei prossimi cinque anni.

Sul carbone il confronto più duro

carboneMentre la coalizione uscente ha “schermato” il carbone dalla scure ambientalista, la coalizione che coinvolgerà i Verdi dovrà per forza di cose fare i conti con l’avvio del processo di eliminazione del carbone: nel loro programma il partito ambientalista ha già fissato il calendario per la chiusura delle 20 centrali di carbone più inquinanti, una mossa che però andrebbe a stridere con la Fdp che si oppone all’intervento statale. Tutte le parti concordano sul fatto che un’eventuale eliminazione graduale del carbone dovrebbe prestare particolare attenzione alle zone minerarie interne di estrazione della lignite in Occidente (di proprietà e gestite da RWE) e in Oriente (ora di proprietà principalmente di EPH con sede in Repubblica ceca). L’estrazione tradizionale di carbone in Germania è stata gradualmente eliminata con la chiusura dell’ultima miniera prevista per il 2018. Tuttavia, con le utility tedesche che hanno investito in almeno 8 GW di impianti a carbone ad alta efficienza a partire dal 2013, un’uscita dal carbone dovrà per forza significare una differenziazione tra vecchi impianti e moderni.

Il gas la possibile risposta all’uscita dal carbone e dal nucleare

Ma sul tavolo non c’è solo la questione carbone. Sul gas il dibattito chiave verte sulla realizzazione del Nord Stream 2 che si scontra con le resistenze dell’Unione europea e ora anche con possibili fronti interni. Mentre la Spd era decisamente a favore dell’infrastruttura e dei legami con la Russia, amicizia rafforzata dalla nomina dell’ex cancelliere socialista Gerhard Schroeder nel consiglio Rosneft, con Verdi e liberaldemocratici la questione sarà tutta da vagliare anche in relazione all’avanzamento dei lavori del primo grande terminare di Gnl tedesco a Brunsbuettel. La Germania è il consumatore di gas più grande dell’Europa, ma il suo ruolo nel settore elettrico è rimasto marginale a causa dei bassi consumi energetici che rendono questi impianti meno redditizi rispetto a quelli a carbone. Il forte rimbalzo dei prezzi di quest’ultima fonte a livello mondiale ha tuttavia portato i margini di produzione del gas al passo con la redditività per la prima volta dal 2011.  Anche le centrali termoelettriche combinate beneficiano di sovvenzioni statali destinate ad aumentare la produzione a 110 TWh entro il 2020, con un incremento di un quarto rispetto a oggi. Insomma, con l’uscita dal nucleare in corso e una probabile inversione di tendenza sul carbone, il ruolo del gas nella produzione di energia elettrica è destinato a salire dal 24% della domanda tedesca di energia primaria.

Rinnovabili ed emissioni di Co2

rinnovabiliUn altro problema in vista per la Germania è la possibilità di mancare l’obiettivo europeo sulle emissioni e sulle rinnovabili di un margine più ampio di quanto previsto. I dati diffusi recentemente da Agora Energiewende, evidenziano una riduzione a tassi inferiori alle previsioni per la riduzione delle emissioni di CO2, con la possibilità più concreta che mai di mancare l’obiettivo fissato per il 2020 di un buon 10% (-30% di emissioni rispetto al 1990, anziché -40%). A completare il possibile fallimento arriva l’analisi dell’associazione federale tedesca per le energie rinnovabili Bee, secondo cui l’elettricità prodotta attraverso fonti verdi arriverebbe al 16% del consumo energetico tedesco entro il 2020, al di sotto dell’obiettivo Ue fissato al 18% per la Germania. Si tratta di risultati rivisti ulteriormente al ribasso rispetto alle precedenti previsioni della Bee di aprile scorso quando il dato si attestava al 16,7%. Ciò è dovuto ai maggiori consumi energetici nei settori dei trasporti e del riscaldamento nel primo semestre dell’anno.

“L’obiettivo del 18% per le fonti di energia rinnovabili nel consumo energetico entro il 2020 cadrà ancora più lontano se l’aumento dei consumi nel settore del riscaldamento, dei trasporti e dell’elettricità rimarrà immutato“, ha dichiarato la Bee.  Inoltre, con il ritardo della rete tedesca rispetto al boom delle turbine eoliche, una delle priorità del prossimo governo sarà il superamento dei crescenti squilibri nord-sud all’interno della rete elettrica tedesca. I generosi sussidi sulle energie rinnovabili hanno trasformato la Germania in un leader mondiale nel settore eolico e solare, con una capacità installata destinata a raggiungere i 100 GW la prossima primavera. Tuttavia, la spirale dei costi ha comportato molte riforme come il passaggio dal feed-in-tariffs alle aste competitive garantendo forti riduzioni dei costi. È con questa serie di problemi che la Germania potrebbe fare i conti quando presiederà i prossimi colloqui internazionali sul clima COP23 a Bonn, all’inizio di novembre. Sempre che i negoziati per la formazione della coalizione governativa siano terminati.

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