L’acqua sta cominciando a diventare una questione seria per chi perfora pozzi shale: per la sua scarsità nell’area ma anche per i costi del trattamento: il rapporto Morgan Stanley
Se da un lato i bassi prezzi del petrolio stanno cominciando a rallentare la crescita dello shale oil statunitense, negli anni a venire la perforazione di petrolio e gas potrebbe essere limitata da un altro fattore importante: la carenza di acqua.
IL FATTORE “ACQUA”
L’acqua è infatti un ingrediente cruciale nel processo di fracking, e gli addetti alle perforazioni ne utilizzano grandi quantità. Il problema per l’industria petrolifera statunitense è che gran parte della crescita della produzione prevista per il prossimo mezzo decennio circa dipende molto dal bacino del Permiano, dove l’acqua è sempre più scarsa. L’acqua rappresenta già circa il 15% del costo di un pozzo di shale, secondo gli analisti della Morgan Stanley: “Nel Permiano, la spesa totale per l’acqua dovrebbe raddoppiare nei prossimi 5 anni, raggiungendo i 22 miliardi di dollari”. L’attività E&Ps “in media utilizza 50 barili di acqua per ogni piede completato”, ha scritto la banca d’investimento in un nuovo rapporto. “Supponendo 10.000 piedi per pozzo, questo implica che i circa 5.500 permessi permiani esistenti richiederanno circa 2,75 miliardi di barili di acqua per essere completati”.
MORGAN STANLEY: RISCHI NEL LUNGO TERMINE PER L’ECONOMIA DELLO SHALE
Si tratta, insomma, di molta acqua in un’area dove scarseggia. “Dato il notevole fabbisogno idrico, riteniamo che la siccità e la scarsità d’acqua presentino rischi nel lungo termine per l’economia dello shale, in particolare nel Permiano, un’area centrale di crescita in una regione a rischio di siccità”, ha avvertito Morgan Stanley.
IL PROBLEMA DEL TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE
Morgan Stanley prosegue fornendo ulteriori dettagli sulla portata del problema. La banca d’affari ha sovrapposto i dati sulla scarsità d’acqua del World Resources Institute con le ubicazioni dei pozzi permiani, scoprendo che “il 53% dei pozzi permiani che vengono perforati oggi sono situati in aree ad alto rischio idrico”. “Mentre gli operatori sono a proprio agio con la disponibilità di acqua al momento, ci sono precedenti (l’ultima volta nel 2011/2012 in Oklahoma) in cui gravi condizioni di siccità hanno influito materialmente sulle prestazioni di completamento”. C’è anche un altro problema idrico separato per i perforatori di shale. L’acqua che fuoriesce da un pozzo quando viene perforato, deve essere trattata in qualche modo. Il volume di acqua prodotta che esce da un pozzo di scisto può superare quello del petrolio di un rapporto di 10 a 1. Il rapporto aumenta anche nel tempo man mano che il petrolio dei singoli pozzi comincia ad esaurirsi, per cui aumenta anche il costo per barile di smaltimento dell’acqua. L’anno scorso, Wood Mackenzie ha calcolato che l’aumento del costo dello smaltimento dell’acqua da solo aumenterebbe il prezzo di pareggio nel Permiano tra i 3 e i 6 dollari al barile, riducendo potenzialmente la futura produzione di petrolio permiano di circa 400.000 bpd entro il 2025.
SI RICICLA SEMPRE DI PIÙ L’ACQUA UTILIZZATA NEI POZZI
Morgan Stanley ha comunque notato che i perforatori di shale stanno riciclando sempre più l’acqua che usano per perforare i pozzi, iniettandola nel sottosuolo per riutilizzarla nel pozzo successivo. In questo modo si risparmia il suo utilizzo, naturalmente, ma si riducono anche i costi di smaltimento. La banca d’investimento dice che semplicemente riciclando l’acqua si potrebbe risparmiare circa 1 dollaro al barile.