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Petrolio

I prezzi del petrolio? Nel medio termine non si schioderanno dai 60 dollari

L’analisi arriva da due distinti documenti di Bank of America Merrill Lynch e di Barclays diffusi nei giorni scorsi

Nel medio termine i prezzi del petrolio potrebbero rimanere ancorati intorno a una media di 60 dollari al barile. Malgrado la previsione di una minore volatilità possa sembrare una sorpresa – dal momento che il mercato del petrolio è ancora in calo per le forti oscillazioni 2018 –, due distinti documenti di Bank of America Merrill Lynch e di Barclays diffusi nei giorni scorsi mettono nero su bianco le previsioni.

BANK OF AMERICA MERRILL LYNCH: PICCO DEL PETROLIO NEL 2030

Per Bank of America Merrill Lynch, i prezzi del petrolio Brent dovrebbero oscillare tra i 50 e i 70 dollari al barile fino al 2024, con prezzi “ancorati” intorno ai 60 dollari. Nel breve periodo, Bank of America Merrill Lynch vede il Brent risalire a 70 dollari al barile. La combinazione di tagli OPEC+, interruzioni involontarie in Venezuela e Iran, cali in Messico e altrove, contribuirà a ridurre l’offerta. E a differenza del 2017, le riduzioni dell’OPEC+ questa volta si stanno verificando in un contesto di minori scorte e un minore surplus di produzione, che dovrebbe rendere più efficaci le riduzioni della produzione. Tuttavia, il rovescio della medaglia dei tagli alla produzione dell’OPEC+ è che l’OPEC sta creando capacità inutilizzate che quest’anno si è tradotta in un aumento da 1,1 mb/d a 2,5 mb/d “nel giro di settimane”, ha dichiarato Bank of America Merrill Lynch. Di conseguenza, i rischi di approvvigionamento del mercato sono diminuiti, il che tende a ridurre la volatilità e ad abbassare i prezzi a termine. “I crescenti volumi di capacità inutilizzata dovrebbero mantenere i prezzi a lungo termine ancorati in una fascia da 55 a 65 dollari al barile, anche se i prezzi del greggio Brent sono rimbalzati rapidamente al di sopra dei 70 dollari al barile nel corso del 2019, come attualmente previsto”, ha scritto Bank of America Merrill Lynch. La quale avverte, tuttavia, che un’enorme fonte di incertezza è la traiettoria dell’economia globale. Non solo. L’efficienza energetica, le energie rinnovabili, i veicoli elettrici e il gas naturale assumono una quota maggiore del mix energetico totale. La Bank of America vede poi la domanda di petrolio raggiungere un picco nel 2030, ma non appena a metà degli anni Venti, la crescita della domanda si dimezzerà rispetto al tasso di crescita di quest’anno.

NESSUNO SQUILIBRIO LATO OFFERTA ED ELASTICITÀ DELLA DOMANDA AUMENTATA

Recentemente, nel quarto trimestre del 2018, il Brent è salito a quasi 90 dollari al barile per poi crollare a stretto giro a circa 50 dollari al barile. Un chiaro esempio di estrema volatilità che però, secondo gli analisti, non dovrebbe proseguire: “I cambiamenti nella struttura della domanda e dell’offerta significano che queste oscillazioni dei prezzi di mercato diventeranno meno frequenti, meno intense e meno durature”, ha spiegato Barclays. Ciò per due ragioni principali: in primo luogo, probabilmente non ci sarà uno squilibrio importante nell’offerta nel prossimo futuro, o almeno non come prima. In secondo luogo, l’elasticità dell’offerta è aumentata significativamente.

BARCLAYS: PROGETTI AVVIATI E PREVISIONI DI PRODUZIONE FANNO PENSARE A UN’AMPIA OFFERTA DI GREGGIO 

Il primo aspetto dipende dal massiccio aumento della produzione dovuto allo shale americano che ha inondato il mercato. Secondo Barclays questa situazione dovrebbe continuare considerando anche il fatto che l’Arabia Saudita ha ripristinato alcune capacità inutilizzate dopo i tagli operati in seno all’Opec+ e che il Brasile è pronto a entrare in gioco con nuova produzione pre-salt. In sostanza, “sulla base del numero di progetti avviati negli ultimi anni e delle nostre previsioni di produzione provenienti da progetti futuri, pensiamo che l’offerta soddisferà facilmente la domanda – ha detto Barclays -. Questa è una delle ragioni per cui i prezzi dovrebbero essere più stabili in futuro” anche perché, ha aggiunto l’istituto, secondo queste stime “non vediamo un aumento dei prezzi giustificato solo a causa di un’offerta insufficiente”. I prezzi dovrebbero quindi aumentare ma solo modestamente e lentamente nel tempo, dice la banca.

I FATTORI PER UNA RISALITA DEI PREZZI NEGLI ANNI A VENIRE

Alcuni fattori faranno salire i prezzi negli anni a venire. In primo luogo, la crescita dello shale statunitense dovrebbe rallentare. In secondo luogo, anche se le riserve di petrolio sono salite del 50% negli ultimi 20 anni, da 683 miliardi di barili a 1.696 miliardi di barili, più della metà di queste sono collocate in aree “a rischio – sostiene Barclays -, dove l’estrazione diventerà probabilmente più costosa”. Infine, i veicoli elettrici sono destinati a intaccare la domanda di greggio nel tempo, anche se la banca d’investimento non lo vedrà accadere fino alla metà degli anni Venti. In definitiva, i prezzi aumenteranno negli anni a venire, dice Barclays, ma non in modo drammatico. I rialzi saranno modesti e non così volatili come in passato.

VOLATILITÀ SOTTO CONTROLLO ANCHE GRAZIE ALL’ELASTICITÀ DELL’OFFERTA

Il secondo fattore per cui la volatilità può diminuire è invece l’aumento dell’elasticità dell’offerta. La crescita dello shale statunitense è esplosa nell’ultimo decennio e l’unica caratteristica distintiva degli idrocarburi non convenzionali è che i progetti sono a ciclo breve, in grado di raggiungere il completamento, nella maggior parte dei casi, nel giro di poche settimane. I progetti convenzionali, in particolare i progetti su larga scala, possono richiedere, invece, anni di sviluppo. Questo significa, quindi, che la produzione shale è molto più reattiva alle fluttuazioni dei prezzi. Quando i prezzi crollano si rallenta e viceversa. Inoltre, poiché lo shale continua a catturare una quota sempre maggiore dell’offerta totale, le sue caratteristiche sono diventate più influenti su gran parte dell’industria petrolifera che ha dovuto abbandonare i progetti a lungo termine e favorire anche i progetti a breve.

Arabia SauditaIL RUOLO DELL’ARABIA SAUDITA: IN EQUILIBRIO SUI PREZZI

Altro elemento da non trascurare, il ruolo dell’Arabia Saudita: Riad è molto preoccupata di perdere quote di mercato e per questo è incentivata a evitare salite repentine di prezzo. Ma allo stesso tempo è attenta affinché che non scendano troppo per evitare problemi di bilancio. E questo garantisce che i prezzi rimangano all’interno di un range ben preciso. Infine, evidenzia Barclays, anche la domanda risulta più elastica. Infatti rispetto al passato, anche i mercati emergenti hanno ridotto i sussidi ai combustibili fossili dopo il crollo del mercato nel 2014, e questo li espone alle oscillazioni dei prezzi, aiutando il sistema ad attenuare la volatilità. Infine, Barclays sostiene che la correlazione negativa tra il dollaro statunitense e i prezzi del petrolio si è interrotta. Ciò significa anche che i mercati emergenti risentiranno maggiormente della volatilità. Se il dollaro si rafforza e i prezzi del petrolio non rispondono più, l’effetto prezzo nelle valute dei mercati emergenti è più pronunciato. Questo può provocare un calo della domanda, il che in ultima analisi, riduce anche la durezza delle oscillazioni dei prezzi. Nonostante queste previsionic’è anche da dire che il mercato del petrolio è sempre stato volatile a causa di guerre, recessioni e cambiamenti tecnologici che hanno rovesciate anche le stime più accurate.

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