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Shale

Il boom dello shale vede la crisi?

L’industria del fracking sta per affrontare un futuro incerto anche se le aziende del settore stanno letteralmente facendo di tutto per evitare il declino della produzione

Per anni, le aziende attive nel settore dello shale hanno utilizzato una serie di tecniche di perforazione per estrarre più petrolio e gas dai loro pozzi, intensificando costantemente ogni fase dell’operazione. Scavi sempre più profondi, maggior utilizzo di acqua, fracking con sabbia, distanza tra i pozzi: spingendo, in sostanza, ciascuna di queste tecniche oltre i loro limiti. Questo ha consentito di aumentare la produzione e di superare i tassi di declino dei pozzi shale, da sempre il vero punto debole di questo modo di produrre petrolio e gas.

COSA STA FACENDO L’INDUSTRIA DELLO SHALE PER EVITARE CALI DI PRODUZIONE

Dal 2012, le lunghezze laterali medie dei pozzi sono aumentate del 44% fino a oltre 7.000 piedi (oltre 2000 metri) mentre i volumi di acqua utilizzata per la perforazione sono aumentati di oltre il 250%, almeno secondo un nuovo rapporto del Post Carbon Institute. Presi insieme, questi due aspetti, evidenziano che un pozzo perforato nel 2018 può raggiungere uno strato di roccia serbatoio 2,6 volte più di un pozzo perforato nel 2012.

SI ACCELERA SOLO IL CICLO DI VITA DI UN POZZO

Tuttavia, anche in questo modo, l’industria starebbe semplicemente anticipando la produzione e nulla più. L’insieme di queste tecniche di perforazione “ha abbassato i costi e permesso di estrarre la risorsa con meno pozzi, ma non ha aumentato significativamente la risorsa finale recuperabile”, ha avvertito J. David Hughes, un geologo autore del rapporto Post Carbon. I miglioramenti tecnologici “non cambiano le caratteristiche fondamentali della produzione di shale, ma accelerano solo il ciclo di vita”.

I GIORNI DEL BOOM STANNO PER FINIRE

Secondo gli esperti del rapporto, in sostanza, per un po’ di tempo c’è stata superficie sufficiente per consentire un tasso di crescita vertiginoso: ma ora i giorni del boom stanno per finire. Ci sono già alcuni segni di tensione nelle zone di produzione shale, dove l’intensificazione delle tecniche di perforazione ha cominciato a produrre rendimenti decrescenti. Mettere i pozzi troppo vicini tra loro, infatti, può portare a una minore pressione del serbatoio, riducendo la produzione complessiva. L’industria sta calcolando solo ora il problema di interferenza dei pozzi “genitore-bambino”.

I LIMITI DELLE PERFORAZIONI

Inoltre, più acqua e sabbia e laterali dei pozzi più lunghi hanno dei limiti. L’anno scorso, la EQT ha perforato una laterale che ha superato i 18.000 piedi (oltre 5.400 metri): L’azienda si vantava che avrebbe continuato ad aumentare la lunghezza fino a 20.000 piedi (circa 6 mila metri). Ma EQT ha subito scoperto di avere problemi dopo aver superato i 15.000 piedi. “La decisione di perforare pozzi più lunghi di quelli mai realizzati in strati shale si è trasformata in un costoso passo falso che è costato centinaia di milioni di dollari” ha riferito il Wall Street Journal in un articolo di inizio anno.

SEMPRE PIU’ CAPITALE PER MANTENERE IL CALO DELLA PRODUZIONE shale oil

In definitiva, i tassi di declino evidenziano che enormi volumi di capitale sono necessari solo per mantenere la produzione in calo. Nel 2018, secondo Hughes, l’industria ha speso 70 miliardi di dollari per perforare 9.975 pozzi, con 54 miliardi di dollari destinati specificamente al petrolio. Di questi 54 miliardi di dollari, “il 70% è servito a compensare i cali dei giacimenti e il 30% ad aumentare la produzione”, ha scritto Hughes. “Il calo della produttività in alcuni campi, nonostante l’applicazione di una migliore tecnologia, è un preludio a ciò che alla fine accadrà a tutti: la produzione diminuirà aumentando i costi”, ha evidenziato Hughes. “Supporre che la produzione shale possa crescere per sempre sulla base di una tecnologia sempre migliore, è un errore: la geologia in ultima analisi, determinerà i costi e la quantità di risorse che possono essere recuperate”.

GLI ESEMPI DI EAGLE FORD E BAKKEN

In effetti ci sono già una serie di esempi per questo scenario. Eagle Ford e Bakken, sono entrambi “campi maturi”, sostiene Hughes. Il miglioramento della tecnologia e l’intensificazione delle tecniche di perforazione hanno arrestato il declino e hanno persino portato a un nuovo aumento della produzione. Ma il recupero finale non sarà superiore; le tecniche di perforazione permettono semplicemente “di drenare risorse con meno pozzi”, ha detto Hughes. In altre parole, un approccio di perforazione più aggressivo si limita ad anticipare la produzione e porta prima all’esaurimento. “I miglioramenti tecnologici si basano sulla legge dei rendimenti decrescenti in termini di aumento della produzione, non possono invertire la realtà dei pozzi e della geologia”, ha ammesso ancora il geologo.

LA STORIA NON È DIVERSA NEL PERMIANO

La storia non è così diversa nel Permiano, salvo per i livelli molto più alti di spesa e di perforazione. Post Carbon stima che il Permiano ha bisogno di 2.121 nuovi pozzi ogni anno solo per mantenere la produzione stabile, e nel 2018 l’industria ha perforato 4.133 pozzi, portando un grande salto di produzione. A tali frenetici livelli di perforazione, il Permiano potrebbe continuare a vedere la crescita della produzione negli anni a venire, ma il costante aumento di acqua e sabbia per il fracking “ha raggiunto i limiti”. Di conseguenza, “il calo della produttività richiederà in futuro tassi di perforazione e spese più elevati per mantenere la crescita e compensare il declino del campo”, ha avvertito Hughes.

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