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Ilva

Dossier Ilva: M5S e Lega non hanno più tempo

Il 30 giugno finisce l’investimento del governo Gentiloni che ha visto lo Stato perdere 16 miliardi. Il nuovo Governo deve decidere su Ilva


Al primo giorno del governo 5S-Lega, tutta la stampa è concorde nell’indicare il dossier Ilva il primo sul tavolo. All’alba della prima domenica del nuovo esecutivo, infatti, gli editoriali del Corriere, Stampa, Fatto quotidiano, Huffington Post, titolano su Ilva come primo nodo da sciogliere per l’asse Di Maio-Salvini.

Infatti è questo, insieme alle altri grandi opere, uno dei punti di discordanza politica tra i due movimenti. Sviluppista la Lega, da sempre in difesa della grande industria, meno i 5 stelle da sempre per la decrescita felice.

INDECISIONE A 5 STELLE

A dire il vero però mentre gli esponenti grillini di Taranto, provenienti dallo storico movimento dei Liberi e Pensanti, quello che con il tre ruote scese in piazza nell’estate del 2012 contro la manifestazione dei sindacati nazionali confederali che venivano accusati di essere collusi col sistema Riva (da quel momento è cambiata la narrazione della fabbrica della città di Taranto) lottano da anni per la chiusura sine qua non, sia Di Maio che Fioramonti, come del resto il famigerato contratto, sono passati da una riconversione a università del turismo, a chiusura delle fonti inquinanti (a oggi con la produzione a 4,5t Ilva non inquina), a chiusura a tempo, a nessuna chiusura.

NON C’E’ TEMPO PER STUDIARE

Se però su tutti gli altri temi gli esponenti di governo si stanno parando con un utile, anche se non per molto, “studieremo il dossier”, su Ilva il tempo di studiare è già passato poiché il 30 giugno scade la cassa e, come annunciato dall’acquirente Mittal, il 1 luglio avviene il trasferimento ufficiale d’azienda. Questo tramite il contratto con un’offerta di 1,8 miliardi e firmato dall’azienda con il Mise lo scorso luglio, acquisto che avverrà a seguito di un affitto degli stessi asset di due anni, periodo nel quale sarà versato un canone pari a 180 milioni di euro all’anno. Contratto che sarà valido con o senza accordo sindacale, ma che se non dovesse esserci scatenerebbe come hanno già annunciato alcuni sindacati metalmeccanici (a Genova più che a Taranto) forti ripercussioni sociali.

Motivo per il quale nonostante il contratto già firmato solo nell’ultimo anno il ministro Calenda si è fatto promotore di ben 32 incontri al Mise tra le parti, poiché in definitiva, come affermato dal segretario Fim, Marco Bentivogli, ciò che fa fede è il contratto che si sarebbe firmato a quel tavolo.

IN ATTESA DEL NUOVO GOVERNO

La trattativa, infatti, dopo il lasciapassare dell’Antitrust europeo ottenuto con una difficile manovra finanziaria da parte di Mittal con vendita di altri stabilimenti, si è interrotta nel momento in cui Fiom e Usb (sindacati meno rappresentativi in Ilva) hanno preferito che a Calenda subentrasse il nuovo governo. Eppure con notevole sforzo il protocollo finale presentato dal Ministro prevedeva 10 mila assunti direttamente da Mittal a tempo indeterminato con l’impegno a trasferirne almeno 1500 in una società di servizi costituita da Ilva e Invitalia per occuparsi delle bonifiche che non rientrano nel piano Mittal, e per i restanti 2200 un piano di 200 milioni gestito dall’amministrazione straordinaria per incentivi all’esodo volontario, accompagnamento alla quiescenza, e outplacement.

LE RICHIESTE DEI SINDACATI

Ma i sindacati hanno chiesto un impegno per 10.500 assunzioni (500 in più di quelle inserite nel contratto col Governo) entro l’anno, e alla fine dell’attuazione del piano industriale zero esuberi rispetto ai 2000 preventivati.

All’interruzione della trattativa al Mise i sindacati hanno fatto seguire assemblee di fabbrica al termine delle quali avevano minacciato sciopero generale che però non c’è stato poichè nel frattempo hanno cominciato a riunirsi in tavoli direttamente con Mittal senza l’intermediazione del governo che in quelle ore era davvero già scaduto.

FIOM E USB VOGLIONO NAZIONALIZZAZIONE FABBRICA

Il vero motivo della rottura però è che Fiom e Usb continuano a insistere per la nazionalizzazione della fabbrica.
Chissà se sanno che proprio l’attuale ministro Savona è stato il responsabile della vendita di Ilva dallo Stato ai Riva all’epoca del suo ministero col governo Ciampi.
Sicuramente sarà anche lui protagonista della nuova trattativa insieme al protagonista Di Maio ministro del lavoro e dello sviluppo, e come già annunciato al ministro del Sud e a quello dell’ambiente (ricordiamo che prima di Calenda il dossier era stato in mano a Orlando e Clini ministri dell’ambiente).
Ma appunto le linee politiche propagandate dai due partiti ora al governo non fanno presagire nulla di meglio rispetto al precedente che, con difficoltà, aveva trovato per la prima volta un investitore che metteva 5,3 miliardi per un’azienda del sud Italia, nonostante Michele Emiliano, governatore della Regione con un numero di disoccupati doppio rispetto alla media europea, abbia tentato di cacciarlo sponsorizzando prima a gara aperta l’altro concorrente (con meno occupati e meno investimenti, il quale non ha mai fatto ricorso contro l’assegnazione) e a gara chiusa ha fatto lui ricorso proponendo a fasi alterne prima gas, poi idrogeno, poi chiusura, il tutto per una mancata presenza ai tavoli cosa che egli stesso poi nega al sindaco di Taranto e al Pd locale che invece sposano la stessa linea del Pd e di Calenda.

TEMPO DI DECISIONI

Ma ora davvero è il momento delle decisioni, perchè il 30 giugno finisce l’investimento del governo Gentiloni che ha visto lo Stato perdere 16 miliardi e una media di 30 milioni al mese (cosa che evidentemente non interessa Emiliano abituato da Punta Perotti alla xylella a far pagare a tutti i cittadini italiani le multe derivanti dalle sue sballate e solitarie scelte amministrative).

LA RELAZIONE DEI COMMISSARI

E’ di qualche settimana fa la pubblicazione dell’ultima relazione trimestrale dei Commissari straordinari dell’Ilva relativa al periodo 1 luglio – 30 settembre 2017.

Dal documento si evince che l’attività corrente dell’impresa, con un fatturato in crescita nonostante il calo dei volumi di vendita e del 5% in meno di spedizioni, segnala un aumento dei ricavi di prodotti finiti dei primi nove mesi del 2017, pari a 2,163 miliardi di euro, in forte aumento rispetto agli 1,672 miliardi del medesimo periodo dell’esercizio precedente.

“Tale effetto è dovuto al proseguimento dell’andamento favorevole dei prezzi di vendita – scrivono i commissari -. L’Ebitda di Ilva nei primi nove mesi dell’anno è stato negativo di 250 milioni di euro; tale risultato è stato influenzato negativamente dall’aumento del prezzo delle materie prime che in particolare nel secondo trimestre ha registrato una forte crescita, compensando il trend positivo dei prezzi di vendita“. I commissari straordinari Ilva, confermano inoltre che al 30 settembre scorso, la forza lavoro interna al gruppo è di 13.657 dipendenti diretti, di cui 10.913 a Taranto e 2.355 lavoratori in cassa integrazione.

Nella relazione si parla anche delle “Principali azioni e misure implementate in relazione alle prescrizioni AIA” : tra Piano Ambientale (919.412mila euro) e attuazione del Piano Rifiuti (49.956mila euro), sono stati spesi complessivamente 968.368mila euro. In merito a questo come gia detto vengono riportati i grafici dei dati delle centraline elaborati da ARPA Puglia, dal 2011 al settembre 2017, che riportano nero su bianco che l’inquinamento è contenuto nei limiti previsti dalla legge, in lenta ma costante diminuzione nel corso del tempo. Ad oggi Ilva non sfora nessun limite della qualità dell’aria, tantè che Taranto a differenza di Bari e di altre città è molto lontana dall’elenco di quelle più inquinate che che hanno comportato la multa dell’Europa all’Italia per sforamento dei livelli di inquinamento dell’aria.

SICUREZZA SUL LAVORO

Infine, nella relazione è presente un capitolo “Sicurezza sul luogo di lavoro – Infortunistica”, altro punto dolente su cui i sindacati battagliano e per cui è necessario intervenga un investitore per ammodernare e mettere in sicurezza impianti.
Anche per questo capitolo però si rileva che gli infortuni invalidanti e indennizzati e gli indici di gravità, hanno registrato un costante calo, a fronte di sette incidenti mortali dal 2012 di cui l’ultimo meno di un mese fa avvenuto al IV sporgente del porto in concessione all’Ilva, per cui è morto un operaio di una ditta in appalto. Anche queste in forte crisi da tempo lamentano mancati pagamenti, e qualche giorno fa la Lacaita ha avviato procedura fallimentare con 120 licenziamenti.

Nel frattempo procede al primo grado il processo ambiente svenduto che nel 2012 ha visto la procura di Taranto mettere in galera in custodia cautelare amministratori, dirigenti e politici e che molto probabilmente per la maggior parte di loro vedrà prescrizione o assoluzione, e per cui c’erano state oltre mille richieste di parte civile.

Addirittura negli ultimi giorni è intervenuta la giunta nazionale delle camere penali stigmatizzato la decisione assunta dalla Corte d’Assise di Taranto di rigettare l’istanza di legittimo impedimento per motivi di salute presentata da un avvocato e ha trasmesso gli atti al Ministro della Giustizia, al Consiglio Superiore della Magistratura per quanto di loro competenza.

Il presidente dell’Unione Camere Penali, Beniamino Migliucci, osserva che “l’ordinanza della Corte di Assise di Taranto, a prescindere da ogni valutazione giuridica in ordine alla sua fondatezza, sulla quale ovviamente la Giunta non ha titolo a pronunciarsi, appare costruita, da un lato su inammissibili valutazioni della vita privata del difensore, medianti giudizi di ‘negligenza terapeutica’ davvero sorprendenti, sia per la arbitrarietà scientifica di quel giudizio, sia per la evidente, assoluta inaccessibilità degli stessi alla cognizione ed alla competenza giurisdizionale; e dall’altro su una ancor più inammissibile, svalutazione, marginalizzazione e mortificazione della funzione del difensore nel processo“.

Insomma come abbiamo visto una vicenda ingarbugliata che in tutti questi anni ha visto molte vittime, tanti presunti eroi e ad oggi una sola soluzione che però sta per scadere nelle mani delle mani del governo del cambiamento.

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