Il commento di Tiberio Brunetti sulla differenza tra Stati Uniti e Italia in materia di politiche energetiche
Le politiche energetiche degli Usa ai tempi di Trump sono molto chiare: tutela delle fonti tradizionali, in particolar modo del carbone, e via le progressive limitazioni e vincoli stabiliti dal famoso accordo di Parigi sul clima. Ora si può essere d’accordo o meno con questa visione, ma la linea tracciata è chiara. I lavoratori nelle miniere di carbone (in gran parte elettori di Trump) sanno che il proprio posto è tutelato, gli imprenditori sanno che possono continuare a investire, ottenendo incentivi sull’efficientamento delle centrali, e il resto del mondo sa che deve trattare con Trump per provare a limitare l’inquinamento atmosferico.
In Italia, viceversa, non c’è assolutamente una direzione chiara. Soprattutto sul Tap, il gasdotto che collegherebbe la Turchia al nostro Paese e che ci renderebbe più autonomi e sicuri nell’approvvigionamento energetico. Al Governo i 5 Stelle si dichiarano a giorni alterni contrari o cautamente possibilisti, i leghisti nicchiano, i tecnici si dichiarano favorevoli. Una situazione di empasse senza precedenti, ma soprattutto senza che i contrari diano valide alternative alla realizzazione di questa grande opera strategica (oltre che valide motivazioni contro la sua realizzazione).
Sono le scelte strategiche di lungo periodo che rendono uno Stato grande e affidabile o piccolo e indeciso. Al momento su questo piano sembriamo sempre più italietta.