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La vicenda dell’ex Alcoa di Portovesme sbarca alla Camera

Rimane da affrontare il nodo dell’energia su cui si sono ridotte le distanze per avviare di nuovo lo stabilimento di Portovesme ora in mano alla Sider Alloys.

Sarà uno dei grandi capitoli da sistemare nel 2020 quello dell’ex Alcoa di Portovesme: solo per dare qualche dato, la vertenza è in piedi dal 2009, con una sola tregua tra il 2010 e il 2012. Ma ora, uno dei problemi più urgenti da affrontare, rimane quello del prezzo dell’energia su cui le distanze si sono ridotte ma su cui serve un ultimo sforzo per chiudere il contratto di fornitura e riavviare lo stabilimento attualmente di proprietà del colosso dell’alluminio SiderAlloys e Gms che ha assunto 91 persone (anche se ne restano ancora fuori 350 tra diretti e indiretti).

LE RASSICURAZIONI DELLA TODDE

Ai primi di dicembre la sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessandra Todde aveva consegnato una lettera alla Sider Alloys proprio per confermare le condizioni legate al prezzo dell’energia con un accordo attorno ai 28-29 euro (rispetto ai valori di mercato di 53-54 euro) per far ripartire gli investimenti stimati intorno ai 140 milioni di euro. Mentre qualche giorno fa sempre la Todde aveva di nuovo rassicurato i lavoratori: “Crediamo nella ripresa produttiva della fabbrica di alluminio, ci sono stati dei passi avanti verso la soluzione per il rilancio della fabbrica”, si legge su L’Unione Sarda.

ARRIVA UN’INTERROGAZIONE DEL PD

Intanto però la vicenda è sbarcata alla Camera con un’interrogazione a risposta scritta al ministro dello Sviluppo economico da parte della piddina Romina Mura che dopo l’ipotesi del ricorso alla cassa integrazione per una parte dei dipendenti chiede al titolare del dicastero di Via Veneto “se si intendano adottare iniziative per garantire l’attuazione del telaio normativo definito nella scorsa legislatura attraverso il Memorandum of Understanding (interrompibilità, interconnector e accordi bilaterali) quale condizione sine qua non per la ripresa delle attività produttive presso lo stabilimento Sider Alloys” o in alternativa “quali iniziative si intendano adottare per garantire comunque la ripresa produttiva del sito Sider Alloys”.

LA VICENDA

La Mura ha infati ricordato che alla “fine del 2017” erano state definite le “condizioni normative relative al costo dell’energia e quelle attinenti ai soggetti pubblici e privati disponibili a rilevare proprietà degli impianti e a farsi carico dei relativi investimenti, necessarie per il rilancio della ex Alcoa” e per quanto attiene alle condizioni normative e al costo dell’energia, “con l’approvazione della legge europea 2017 e dei relativi decreti attuativi” si era intervenuto sulla disciplina delle agevolazioni previste per le imprese a forte consumo di energia elettrica “con un intervento di detassazione che abbassa di almeno 5 euro per MWh il valore economico delle tariffe”.

Successivamente, sempre in merito ai costi energetici, si era proceduto a siglare “il Memorandum of Understanding con le condizioni di competitività per rendere appetibile lo stabilimento. All’interno di tale protocollo, oltre ad alcune condizioni infrastrutturali (in particolare, dragaggio del porto e ripartizione delle responsabilità sulle tematiche ambientali) venivano previste risorse economiche (20 milioni) messe a disposizione da Alcoa per riavviare lo stabilimento e si ipotizzavano strumenti per riequilibrare le tariffe energetiche” come “la interrompibilità ovvero la possibilità di interrompere l’erogazione di energia in ogni momento in cambio di importanti sconti sulle tariffe (circa 25 milioni di euro all’anno di compensazioni da parte di Terna)”, lo “strumento dell’interconnector (funzionale all’acquisto di energia da Paesi stranieri come la Francia, previa installazione da parte del beneficiario di una infrastruttura ai confini)” e un “accordo bilaterale con l’ente energetico (secondo la logica del ‘più consumo, meno pago’)”.

“Considerato il nuovo quadro normativo e tariffario, a fine 2015, la svizzera Sider Alloys presenta manifestazione di interesse e nel marzo 2017 formalizza l’offerta di acquisto e presenta un piano industriale al ministero dello Sviluppo economico che, valutato positivamente il piano industriale medesimo, avvia la procedura per l’accordo di programma recante interventi di bonifica e reindustrializzazione con Invitalia, regione Sardegna, Alcoa e Sider Alloys; il tutto è inserito all’interno del contratto di sviluppo (55,7 milioni di euro), il cosiddetto ‘piano Sulcis’”, ricorda la Mura nell’interrogazione.

In sintesi, a dicembre 2017, risultano dunque definiti il protocollo ambientale per interventi di bonifica e reindustrializzazione (tra ministero dello Sviluppo economico e ministero dellAmbiente, Invitalia, Alcoa, regione autonoma della Sardegna – provincia della Sardegna del Sud Consorzio industriale provinciale Carbonia-Iglesias); la risoluzione del contenzioso Alcoa – Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico; il master agreement Alcoa – Invitalia per la cessione dello stabilimento di Portovesme; e l’accordo di programma tra Ministero dello sviluppo economico, Invitalia, regione Sardegna per la riattivazione e il rilancio del complesso industriale ex Alcoa Portovesme.

MURA: MISE SCIOLGA LE RISERVE

“A partire da marzo 2018, Sider Alloys, come da impegni assunti, ingaggia un gruppo iniziale di lavoratori esperti, già dipendenti dello stabilimento, per eseguire attività di test e verifiche sui macchinari al fine di definire il migliore revamping a garanzia di performance tecniche e costi operativi adeguati – ha aggiunto Mura -. Ad oggi, dopo il percorso complesso e articolato, sinteticamente descritto, si attende che il ministero dello Sviluppo economico sciolga definitivamente le riserve circa il mantenimento degli impegni assunti all’inizio del 2018”.

IL SETTORE ENERGETICO SARDO UN UNICUM

La Sardegna d’altronde, vive una fase delicatissima per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico. “È un caso più unico che raro – si legge su La Nuova Sardegna -: le due centrali elettriche sono alimentate a carbone perché l’isola è l’unica regione in Italia a non avere il metano. In vista del phase out del carbone nel 2025, trovare una alternativa è una condizione indispensabile. Nella fase di transizione verso le energie rinnovabili la Regione punta sul metano da distribuire in maniera capillare in tutta l’isola attraverso la dorsale nord-sud. Il via libera da parte degli uffici alla sua costruzione è in antitesi con la posizione del Governo, in particolare del M5s del premier Conte che punta invece sull’elettrodotto Sicilia-Sardegna. L’altro nodo è legato alle tariffe del gas: di recente l’Authority ha detto che quelle pagate dai sardi non potranno essere equiparate al resto d’Italia. E questa sarebbe una autentica mazzata per una regione che sempre paga bollette molto salate”.

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