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Shale

L’eccesso di gas può fermare il boom dello shale oil Usa?

Per ora l’eccesso di offerta non sta producendo il temuto crollo del mercato. Secondo un recente rapporto della Columbia University questo sarebbe dovuto a una dozzina di paesi relativamente piccoli che sono spuntati all’orizzonte come consumatori di Gnl, liberando il mercato dall’eccesso di offerta

 

Il Texas occidentale sta vivendo un grande rilancio grazie all’industria dello shale oil. Il bacino Permiano si è rivelato particolarmente ricco di petrolio che tuttavia sta portando con sé problemi del tutto inaspettati causati dall’eccesso di produzione di gas. Questo combustibile è infatti un sottoprodotto delle perforazioni petrolifere. Ma naturalmente, essendo il petrolio più redditizio, le società di shale oil  considerano la produzione di gas solo come un vantaggio aggiuntivo. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, tuttavia, gli shale drillers del Permiano texano non sanno più dove mettere, letteralmente, l’eccesiva quantità di combustibile che fuoriesce dai pozzi.

I prezzi del gas in picchiata senza sbocchi di mercato

I gasdotti dai campi shale del Texas stanno lavorando a piena capacità mentre a nord, il mercato è saturo di gas proveniente dalle Rockies e dal Canada, dice il WSJ. Ci sono anche diversi gasdotti in costruzione in grado di trasportare combustibile dal Texas al Messico, ma si tratta di progetti non ancora operativi. Una infrastruttura chiave, la Gulf Coast Express, ad esempio, sarà pronta solo nel 2019 e molti altri progetti hanno scadenze analoghe. Il risultato di tutta questa situazione è un crollo dei prezzi spot del gas. Secondo WSJ, il Waha trading hub nel Texas occidentale avrebbe venduto gas 57 centesimi al di sotto dei prezzi dell’Henry Hub che a sua volta vende combustibile al prezzo di circa 3 dollari per milione di unità termiche britanniche (BTU). Ma le cose potrebbero non finire qui. La produzione di gas dovrebbe continuare a salire. E senza sbocchi nel breve termine, i prezzi continueranno a precipitare. Gli analisti, secondo il WSJ, vedono i prezzi del gas nella regione in ulteriore calo, con scarti di quasi un dollaro per milione di unità termiche britanniche rispetto ai valori praticati dall’Henry Hub.

Troppo gas potrebbe rallentare la perforazione di nuovi pozzi bloccando la crescita

Il gas a buon mercato è una grande notizia per le utility del Texas che bruciano gas naturale per produrre elettricità per più della metà dei fabbisogni texani. La buona notizia per i cittadini dello Stato americano è dunque elettricità a prezzi bassi. Secondo il WSJ, infatti, una delle maggiori utility del settore Vistra Energy, ha speso 350 milioni di dollari per acquistare un impianto di gas a Odessa, in Texas abbandonando il progetto annunciato solo a ottobre di voler far funzionare tre grandi centrali a carbone con una capacità complessiva di 4,1 GW per produrre energia elettrica. La cattiva notizia è invece per i produttori: l’eccessiva produzione senza sbocchi di mercato potrebbe costringere gli shale drillers a riconvogliare il gas nei pozzi, bloccandoli, rallentando di fatto la perforazione di nuovi campi. Con il conseguente taglio del tasso di crescita. Il WSJ ha citato a titolo di esempio, Centennial Resource Development, uno dei produttori della zona che ha pagato un premio per assicurarsi la garanzia da parte delle società di gasdotti che il suo gas avrebbe trovato spazio nelle loro infrastrutture. Centennial ha visto, in questo modo, i costi di trasporto salire del 14 per cento nel terzo trimestre ma si è assicurata la possibilità di continuare a produrre shale oil senza sosta. Probabilmente però, non tutti saranno in grado di procurarsi simili intese. “Se i gasdotti messicani non saranno attivi entro la fine del prossimo anno, potremmo anche vedere chiusure e flaring”, hanno dichiarato gli analisti di Sanford C. Bernstein & Co. in un recente rapporto. L’eccesso di gas è solo l’ultimo dei problemi che hanno dovuto affrontare gli shale drillers quest’anno. L’aumento dei costi medi per equipaggiamenti, impianti di perforazione, manodopera, e una produzione con un rapporto gas-petrolio più elevato del previsto, sono un altro segno negativo.

La produzione shale oil per ora aumenta (insieme al gas)

Per ora, la produzione petrolifera permiana continua ad aumentare. Nella relazione di novembre sulla produttività della perforazione, L’Energy information administration (Eia) stimava che la produzione petrolifera del Permiano sarebbe salita di 58 mila barili al giorno a dicembre, mentre la produzione di gas sarebbe aumentata di 170 milioni di piedi cubici. In questo senso, il rallentamento in arrivo nel Permiano non si è ancora materializzato nei dati, ma come nota il WSJ, gli ostacoli stanno cominciando a accumularsi per gli shale drillers del Texas.

Per ora il mercato mondiale del Gnl  si regge in equilibrio

Naturalmente tutto ciò si sta ripercuotendo anche a livello mondiale. L’eccesso di offerta di gas determinato dagli Usa ma anche da altri produttori shale come l’Australia per ora, non sta producendo il temuto crollo del mercato che mantiene, al contrario, un certo equilibrio. Secondo un recente rapporto del Global Center on Energy Policy della Columbia University questo sarebbe dovuto a una dozzina di paesi relativamente piccoli che sono spuntati all’orizzonte come consumatori di Gnl, liberando il mercato dall’eccesso di offerta. Questi paesi nel 2014 rappresentavano il 3,3% delle importazioni mondiali di gas liquefatto ma da allora hanno assorbito qualcosa come il 57% dell’aumento totale delle importazioni nel settembre 2017. In altre parole, messi insieme, questi paesi hanno aggiunto sul mercato una domanda di Gnl superiore a quella della Cina, India e Taiwan. Si tratta di Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Thailandia, Indonesia, Singapore, Lituania, Pakistan, Egitto, Polonia, Giordania, Giamaica, Malta. Il rapporto della Columbia University sostiene che uno degli elementi essenziali che hanno permesso questa crescita è il sostanziale aumento delle dimensioni della flotta di unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione (FSRU). Rispetto ai terminali di rigassificazione che possono richiedere anni per la realizzazione, le unità FSRU richiedono solo una frazione di tempo per essere costruite contribuendo a sbloccare “un collo di bottiglia infrastrutturale”. Nella rapporto World energy outlook, l’Aie stima in 140 miliardi di metri cubi di capacità di Gnl ancora in costruzione, ammettendo che solo intorno alla metà degli anni 2020 l’eccesso di capacità del mercato sarà assorbito dalla crescita delle importazioni. Tuttavia, secondo la Columbia University il mercato attuale non sarebbe in condizioni di sovrabbondanza: gli esperti a riprova di ciò, prendono ad esempio l’Europa come una sorta di “acquirente mondiale di gas naturale liquefatto”, grazie alla sua flessibilità e infrastrutture in grado di aumentare e diminuire le importazioni di Gnl. Secondo loro se dopo Fukushima e l’impetuoso import del Giappone e la massiccia ondata di Gnl che si è riversata sui mercati l’Europa non si è convertita a questa modalità di import vuol dire che il mercato non si trova in condizione di eccesso. Questo perché la dozzina di piccoli paesi identificati dalla Columbia University hanno tranquillamente acquistato molte delle forniture aggiuntive prodotte negli ultimi anni.

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