Advertisement vai al contenuto principale

Lo shale boom argentino sopravvivrà alla crisi economica?

Il successo finanziario della produzione non convenzionale di Vaca Muerta è remoto. Ci possono essere più opportunità nel settore delle energie rinnovabili per il paese sudamericano

La crisi economica e finanziaria in Argentina sta creando molti ostacoli al boom dello shale del paese, concentrato principalmente nel bacino di Vaca Muerta. Ma forse potrebbe essere la stessa crisi a fornire la spinta e l’opportunità per correggere il tiro.

VACA MUERTA A META STRADA TRA GRANDE OPPORTUNITÀ E FLOP

“Un lato positivo della crisi finanziaria argentina è l’opportunità del paese di ripensare al suo piano energetico barcollante”, hanno scritto Tom Sanzillo e Kathy Hipple in un rapporto per l’Istituto di economia energetica e analisi finanziaria (IEEFA). Attualmente, la strategia energetica del paese è “eccessivamente dipendente” dal fracking di Vaca Muerta: presentata lo scorso anno prevede, infatti, di raddoppiare la produzione di petrolio e gas entro cinque anni, principalmente attraverso le estrazioni dal bacino di Vaca Muerta, nel tentativo di compensare il calo dell’invecchiamento dei campi convenzionali. Un aumento della produzione nel sito soddisferebbe, quindi, le esigenze interne, garantendo, al tempo stesso, volumi crescenti destinati alle esportazioni. Nell’ambito di una crisi economica e valutaria, come quella che sta colpendo l’Argentina, l’export diventerà, inoltre, ancora più importante come fonte di valuta forte.

L’ESEMPIO DEGLI STATI UNITI NEL SETTORE

“Il piano, tuttavia, al momento non riesce a raggiungere i suoi obiettivi ed è diventato un freno alla ripresa economica dell’Argentina – hanno scritto gli analisti dell’IEEEFA -. L’attività di Vaca Muerta rischia di diventare un flop”. Come sottolineano i ricercatori, l’intero concetto di sviluppo economico attraverso l’attività shale è basata su una logica errata. Gli Stati Uniti hanno aggiunto milioni di barili di produzione giornaliera di petrolio nell’ultimo decennio e ora sono i più grandi produttori al mondo. Ma bisogna ricordare che l’industria shale americana ha bruciato denaro fin dall’inizio.

SOLO ORA LO SHALE AMERICANO COMINCIA A DARE I SUOI FRUTTI

Nel secondo trimestre di quest’anno, l’industria shale americana ha sì registrato un flusso di cassa positivo, che in realtà è uno dei migliori risultati mai registrati, ma prima di questo momento è stato sempre il debito a dominare le cronache economiche. Basti pensare che 9 società americane di settore su 10 sono in rosso, secondo Rystad energy. Dal 2012, nonostante l’importante aumento della produzione, le società nordamericane di shale hanno totalizzato circa 200 miliardi di dollari di debiti. Mentre più di 190 società hanno dichiarato fallimento dal 2015. Eppure, si è dovuti arrivare a quest’anno per far sì che Wall Street si innamorasse del settore shale.

Ma la situazione americana potrebbe non avere un epilogo felice: a partire da luglio, circa 9 miliardi di dollari di debiti legati al settore shale sono destinati a maturare nella restante parte del 2019. E altri 137 miliardi di dollari circa di debito scadranno entro il 2022, secondo il Wall Street Journl: il che significa che sono probabili molti altri fallimenti. La scorsa settimana, solo per fare un esempio, Alta Mesa Resources è diventata l’ultima vittima, dichiarando il fallimento “tra crolli finanziari e un’indagine della SEC su possibili frodi”, secondo la Houston Chronicle.

L’ARGENTINA DEVE TRARRE ISPIRAZIONE DALLA LEZIONE AMERICANA

È da questa storia che l’Argentina deve trarre ispirazione. Anche se ci sono delle inevitabili differenze: negli Usa sono le grandi compagnie petrolifere a dominare l’industria dello shale ora, con ExxonMobil, BP, Chevron e ConocoPhillips a fare la parte del leone nella crescita della produzione del Permiano grazie alle economia di scala che dovrebbero, in teoria, rendere sempre più redditizio il settore. Al contrario di quanto accade in Nord America, in Argentina, c’è una sovrapposizione di attori: Exxon e Chevron hanno una grande presenza, insieme alla Royal Dutch Shell e a poche altre multinazionali. YPF, in parte di proprietà statale, è all’avanguardia. Sono riusciti a incrementare la produzione di shale gas nell’ultimo anno o giù di lì, dopo più di mezzo decennio di risultati deludenti. La produzione di gas in Argentina ha recentemente raggiunto il massimo da 14 anni a questa parte. I guadagni, tuttavia, sono stati inferiori agli obiettivi, con una crescita media annua del 5% circa, rispetto alle previsioni del piano energetico nazionale del paese di circa il 15% all’anno. “Il disegno del piano è irraggiungibile, non essendo riuscito a spiegare gli alti costi di produzione, le risorse tecnologiche non disponibili, le politiche instabili, i partner stranieri deboli e un mercato globale in evoluzione”, hanno detto gli analisti dello IEEFA nel loro rapporto. “Le condizioni attuali non supportano obiettivi di produzione così aggressivi”.

SULLA VIA ARGENTINA PESANO LE SOVVENZIONI STATALI

Il successo di Vaca Muerta è stato comunque influenzato da pesanti sovvenzioni statali. Il governo argentino ha prodotto shale gas da Vaca Muerta a un prezzo minimo di 7,50/MMBtu l’anno scorso, ma ha messo sotto pressione il bilancio statale malgrado l’incremento di produzione. Ciò ha costretto il governo a fare marcia indietro su parte del suo supporti al prezzo, provocando la reazione stizzita dell’industria petrolifera. Senza dimenticare che lo sviluppo argilloso dell’Argentina è concentrato a Neuquén, lontano dalla costa. Le infrastrutture sono inadeguate per sostenere un aumento su larga scala della produzione. L’IEEFA stima che il capitale necessario per la perforazione e lo sviluppo delle riserve di petrolio e gas e per la costruzione delle infrastrutture necessarie potrebbe raggiungere i 50 miliardi di dollari. “In questo momento, non ci sono soldi per sostenere una tale espansione delle infrastrutture”, hanno scritto gli analisti dell’IEEFA.

MEGLIO PUNTARE SULLE RINNOVABILI?

È improbabile, insomma, che le società private riescano a pagare il conto, soprattutto in un periodo di crisi economica. E anche a costruire un’economia basata sullo shale. Da un lato, i prezzi del petrolio sono bassi ed è improbabile che si riprendano nel prossimo futuro. Ed è difficile entrare in un mercato con un eccesso di offerta. Inoltre, nel lungo termine, si profila un picco di domanda. “Il modello non convenzionale di petrolio e gas non ha prodotto profitti negli Stati Uniti – ha concluso l’IEEFA -. Il successo finanziario della produzione non convenzionale di Vaca Muerta è ancora più remoto. Ci possono essere più opportunità nel settore delle energie rinnovabili rispetto a quando due anni fa è stato elaborato il piano energetico argentino”.

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi

Torna su