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Petrolio Compagnie Petrolifere

Ecco perché il rialzo del prezzo del greggio si è fermato. Report Aie

Secondo l’Aie la rapida crescita della produzione nei paesi non Opec, guidati dagli Stati Uniti, destinata a crescere più della domanda. Nel mirino Arabia Saudita e Russia. Ma sul futuro molto dipende dalle dinamiche mondiali

L’offerta petrolifera mondiale nel mese di gennaio è scesa a 97,7 milioni di barili al giorno ma è stata superiore di 1,5 mb/d rispetto all’anno scorso grazie alla ripresa della produzione statunitense che ha sostenuto la crescita della produzione non Opec. È quanto rileva l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) nel suo Oil Market Report di febbraio. Le previsioni di crescita della domanda petrolifera mondiale per il 2018, invece, sono aumentate leggermente, raggiungendo 1,4 mb/d, in parte a causa di una previsione ottimistica del Pil da parte del Fmi. Ma si tratta comunque di un calo rispetto all’aumento dello scorso anno scorso di 1,6 mb/d, rileva l’Aie, dovuto all’aumento dei prezzi del petrolio, allo spostamento della domanda cinese e al cambio di combustibile nei paesi non Ocse che hanno contribuito a rallentare la crescita.

L’offerta cresce più della domanda

La spiegazione di questi numeri? Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia il modesto irrigidimento dell’equilibrio petrolifero nella prima parte del 2018 rappresenta un messaggio chiaro e cioè che nel 2018,” la rapida crescita della produzione nei paesi non Opec, guidati dagli Stati Uniti, è destinata a crescere più della domanda. Per ora, lo slancio al rialzo che ha portato il prezzo del petrolio Brent a 70 dollari al barile si è fermato, in parte a causa dei profitti degli investitori, ma in parte anche a causa delle correzioni che abbiamo visto di recente in molti mercati”. Soprattutto i fondamentali sottostanti al mercato petrolifero nella prima parte del 2018 sembrano meno favorevoli ai prezzi. Anche la stima di crescita della domanda per il 2017 rimane forte a 1,6 mb/d, rafforzata dai dati di novembre degli Stati Uniti. Ma per il 2018, “il quadro economico globale più positivo pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale è un fattore chiave per elevare le nostre prospettive di crescita a 1,4 mb/d. Si pensava che il significativo aumento del prezzo del greggio in dollari dalla metà del 2017 avrebbe frenato la crescita, e questo potrebbe essere in qualche misura il caso, ma l’impatto dell’aumento dei prezzi è stato in parte compensato in alcuni paesi da apprezzamenti valutari”.

In drastico calo le scorte petrolifere

E’ chiaro, osserva inoltre l’Aie, “che la forte crescita della domanda nel 2017, insieme al modesto aumento registrato lo scorso anno nella produzione non Opec e ai tagli operati dai principali produttori, ha contribuito alla straordinaria e rapida caduta delle scorte petrolifere dell’Ocse. Un anno fa erano 264 milioni di barili al di sopra della media quinquennale e ora superano solo 52 milioni. Anche se l’Ocse non è il mondo intero, i principali produttori petroliferi che hanno accettato di ridurre la produzione hanno individuato il livello delle scorte del gruppo come indicatore dello stato di avanzamento delle loro iniziative. Poiché l’eccedenza si è drasticamente ridotta, il successo dell’accordo sull’output potrebbe essere prossimo alla realtà. Ma non è necessariamente così: gli aumenti del prezzo del petrolio si sono arrestati e hanno invertito la tendenza” e, in base all’analisi dell’Aie ha provocato “il calo delle scorte petrolifere, almeno all’inizio di quest’ anno”.

Tutta colpa dello Shale oil statunitense. Presto la produzione supererà l’Arabia Saudita

Il fattore principale è la produzione petrolifera statunitense. “In soli tre mesi fino a novembre, la produzione di greggio è aumentata di un colossale 846 mila barili al giorno, e presto supererà quella dell’Arabia Saudita – osserva l’Aie -. Entro la fine di quest’ anno, potrebbe anche superare la Russia per diventare leader mondiale. Tutti gli indicatori che suggeriscono una continua crescita rapida negli Stati Uniti sono in perfetto allineamento; l’aumento dei prezzi porta, dopo pochi mesi, a più perforazioni, più produzione. All’inizio del 2018, la situazione ricorda la prima ondata di crescita dello shale negli Stati Uniti che, cavalcando l’ondata di prezzi petroliferi elevati nei primi anni di questo decennio, ha fatto grandi guadagni in termini di quota di mercato e alla fine nel 2014 ha costretto un cambiamento storico di politica da parte dei principali produttori. Oggi, dopo una drastica riduzione dei costi, i produttori statunitensi stanno vivendo una seconda ondata di crescita così straordinaria che nel 2018 il loro aumento nella produzione potrebbe eguagliare la crescita della domanda globale. Si tratta di un pensiero inquietante per gli altri produttori che attualmente non sono in grado di aumentare la produzione e devono affrontare una nuova sfida alla loro quota di mercato. Un altro pensiero inquietante è che non si tratta solo di una questione di produzione: i modelli commerciali stanno cambiando. Recentemente abbiamo letto di una spedizione di condensati dagli Stati Uniti agli Emirati Arabi Uniti. Un tale sviluppo sarebbe sembrato incredibile qualche anno fa, ora sembra normale”.

In conclusione, ammette l’Aie “le componenti dell’equilibrio del mercato petrolifero sono dinamiche e molto può cambiare nei prossimi mesi: il deterioramento della situazione in Venezuela è un candidato ovvio, e l’apparente dinamismo dell’economia globale potrebbe portare ad una crescita della domanda superiore a quella attualmente prevista. Di conseguenza, i prezzi potrebbero essere mantenuti a livelli recenti anche con l’aumento della produzione statunitense. Se è così, la maggior parte dei produttori sarà felice, ma in caso contrario, la storia potrebbe ripetersi”.

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