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Prosegue la guerra fredda tra Ascopiave, Hera, A2A e Agsm-Aim

Ad A2A oltre il 4% di Ascopiave, a Hera il 2,5%. Ma la ruggine parte dalla fusione Agsm-Aim, che hanno scelto A2a come partner industriale

L’intreccio tra Ascopiave, Hera, A2A e Agsm-Aim si fa sempre più complicato. Una guerra “strisciante” per il controllo delle multiutility del nord. L’ultima puntata è più che altro una battaglia sull’azionariato, come ricostruisce il Corriere di Verona.

PARLA ENRICO MARCHI DI BANCA FINIMIT E SAVE

“’Su Ascopiave spero di sbagliarmi. Ma oggi sono demoralizzato e la vedo nera’. Enrico Marchi, il finanziere a capo di Banca Finint e alla guida di Save, ritorna sul tema a lui caro delle multiutility. Tema del giorno, dopo la guerra scatenatasi intorno ad Ascopiave tra il colosso lombardo A2a e quello emiliano Hera. Innesco – prosegue il Corriere di Verona -, la vendita della quota del fondo Amber della utility trevigiana del gas. Finita per un 2,5% ad Hera, per 9,3 milioni, alleato di Pieve di Soligo, dopo lo scambio tra clienti del mercato libero e reti di distribuzione; ma per l’altro 4,16% ad A2a, per un prezzo di 42 milioni, facendo schizzare il titolo in Borsa di quasi il +9%. Ingresso clamoroso, che fa di A2a, il secondo socio. Perché raddoppia a Treviso, a parti invertite, la ‘guerra fredda’ in Veneto tra i due colossi, aperta sulla fusione Agsm-Aim, che hanno scelto A2a come partner industriale. Con tanto di critiche di Hera, e Ascopiave, per la mancanza di una gara trasparente”.

NESSUN RISCHIO PER ASCOPIAVE

Insomma, prosegue il quotidiano, “potrebbe essere il blitz di A2a un monito al fronte avversario su Verona-Vicenza? Probabile: nell’immediato l’operazione non può portare rischi in Ascopiave. E tuttavia la questione è più ampia. Perché il rinnovato interesse su Pieve di Soligo riaccende i riflettori sul vero punto di debolezza: Asco Holding. Il riassetto che ha ristretto il gruppo dei Comuni al comando, con una quota del 51% ora arrotondata di un 1%, non ha superato tutti i dubbi sulla tenuta della quota di controllo. Dove i soci privati di Plavisgas, dopo un lungo contenzioso e la vendita della loro quota, sono rimasti con lo 0,7%. Minimo, ma decisivo (…) E poi è tutt’altro che risolta la diatriba legale tra Plavisgas e i Comuni leghisti. Davanti al Tribunale delle imprese di Venezia giace sempre la causa civile con cui Plavis chiede l’esclusione dalla società di 18 Comuni che non avevano adempiuto in tempo alla riforma Madia”.

GLI ERRORI? PER MARCHI È MANCATA LA POLITICA

“Quali gli errori compiuti? ‘Non bisognava vendere il parco clienti – sostiene Marchi -. Poi era necessario cercare di mettere insieme Agsm, Aim, Alperia e Dolomiti Energia. Non si sarebbe raggiunta la dimensione di Hera; ma con qualche milione di clienti si sarebbe potuto restare a testa alta nel mercato del gas’. E le responsabilità? ‘Della politica che non ha fatto la cabina di regia. Poi penso che anche chi ha gestito l’operazione fosse sottodimensionato rispetto al ruolo che ha voluto assumere. Il Veneto sarà l’unica grande regione a non avere una propria multiutility per sviluppare politiche sull’energia. L’autonomia si svuota di contenuti se diamo le strade all’Anas e le multiutility ad altre regioni’”.

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