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Da Ue ok a riforma mercato emissioni: ma quanto guadagna l’Italia?

Arrivano misure per favorire gli investimenti “puliti” e proteggere l’industria dal carbon leakage. Il via libera definitivo è del Consiglio Ue. L’approfondimento di Energia Oltre

Meno permessi di emissioni di Co2 per incoraggiare gli investimenti “puliti” e disposizioni per proteggere l’industria dal “carbon leakage” cioè dalle delocalizzazioni. Sono queste alcune delle misure che il Consiglio Ue ha approvato formalmente e riguardanti la riforma del sistema di scambio delle quote di emissioni inquinanti nella Ue per il periodo oltre il 2020. Si tratta di un passo verso il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030, nell’ottica di rispettare gli accordi di Parigi sul clima.

LA PRESIDENZA BULGARA: MANTENERE RUOLO GUIDA UE IN NEGOZIATI ACCORDO PARIGI

“Come Presidenza, lavoreremo per mantenere il ruolo guida dell’Ue nei negoziati riguardanti l’attuazione dell’accordo di Parigi – ha detto il ministro bulgaro dell’Ambiente Neno Dimov, attualmente alla presidenza di turno dell’Unione europea –. La riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non solo contribuirà alla lotta contro i cambiamenti climatici, ma avrà anche un impatto positivo sul miglioramento della qualità dell’aria. Proteggere l’ambiente e la salute dei cittadini europei è una delle priorità della Presidenza bulgara”.

I PUNTI SALIENTI DELLA RIFORMA

I principali elementi della riforma delle quote di emissione riguardano, innanzitutto, il tetto al volume totale delle emissioni che sarà ridotto annualmente del 2,2% (con un fattore di riduzione lineare). Il numero delle quote da piazzare nella riserva per la stabilità del mercato, inoltre, sarà raddoppiato temporaneamente fino a fine 2023. Viene introdotto, poi, un nuovo meccanismo per limitare la validità delle quote nella riserva sopra un certo livello che sarà operativo nel 2023. Infine, la nuova direttiva Ets contiene, come detto, una serie di disposizioni per proteggere l’industria dal carbon leakage e dal rischio di un’applicazione settoriale del “fattore di correzione”. La quota di permessi messi all’asta sarà, infatti, del 57% con un fattore di riduzione condizionale del 3% nel caso si applichi la correzione intersettoriale. Inoltre le regole sulla allocazione gratuita permetteranno di allineare meglio il mercato ai livelli attuali di produzione delle imprese con i valori di riferimento usati che saranno aggiornati. I settori ad alto rischio di delocalizzazione produttiva al di fuori della Ue riceveranno, invece, una allocazione gratuita dei permessi: il tasso per i settori meno esposti a tale rischio arriverà al 30%. Una fase graduale di uscita dalla gratuità dei settori meno esposti scatterà, comunque, dopo il 2026 a eccezione del settore del teleriscaldamento. La riserva per i nuovi entranti conterrà, inizialmente, quote inutilizzate dell’attuale periodo 2013-2020 oltre a 200 milioni di quote della riserva di stabilità del mercato. Altre 200 milioni di quote relative al periodo 2021-2030, saranno restituite alla riserva, nel caso non vengano utilizzate. Gli Stati membri potranno, infine, continuare a fornire compensazioni per i costi indiretti in linea con le regole degli aiuti di Stato.

COS’È L’ETS E COSA SUCCEDERÀ ORA

Il mercato dello scambio dei permessi fissa un tetto alle emissioni di Co2 per l’industria pesante e le centrali elettriche. Il volume totale dei permessi è distribuito alle imprese e i permessi possono essere scambiati. Il sistema Ets venne creato nel 2005 ed è il primo mercato del carbonio del mondo. Viene fissato un tetto alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema. Si possono anche acquistare quantità limitate di crediti internazionali da progetti di riduzione delle emissioni di tutto il mondo. Il meccanismo opera in tutti i 28 paesi dell’Ue più Islanda, Liechtenstein e Norvegia e limita le emissioni di oltre undicimila impianti ad elevato consumo energetico e di compagnie aeree che operano tra questi paesi. Copre circa il 45% delle emissioni di gas a effetto serra dell’Ue. Mettere un prezzo sul carbonio e scambiarlo produce risultati concreti per l’ambiente: nel 2020 le emissioni dei settori interessati dal sistema saranno inferiori del 21% rispetto al 2005. Grazie all’approvazione formale del Consiglio Ue, ultima fase del processo legislativo, la nuova direttiva entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale europea. Co2

QUANTI PROVENTI GENERANO IN ITALIA E IN EUROPA LE QUOTE CO2?

Nel 2017 le aste dei permessi di emissione di CO2 hanno fruttato all’Italia 545,4 milioni di euro grazie al collocamento di 95 milioni di quote (Eua), con un incremento rispetto ai 407,2 milioni del 2016 (con un prezzo medio di aggiudicazione salito da 5,26 a 5,76 euro). Le cifre arrivano direttamente dal Gse nel “Rapporto sulle aste di quote europee di emissione – anno 2017” pubblicato di recente. L’Italia ha inoltre collocato complessivamente nel 2017, 590 mila Eua A (quelle del settore aereo) ad un prezzo d’aggiudicazione di 7,14 euro, per un totale di proventi di oltre 4,2 milioni d’euro. Complessivamente, tutte le aste relative alle EUA degli Stati Membri hanno generato proventi per circa 5,5 miliardi di euro (5.490.601.435), in aumento di circa 1,8 miliardi d’euro rispetto al 2016. “Dalle previsioni più aggiornate sui prezzi, i proventi delle aste potrebbero continuare a crescere anche nel 2018 – sottolinea il Gse –: quest’anno potrebbe essere un anno record per gli incassi dal 2012. Nel 2019, infatti, dovrebbe iniziare a ridursi il numero di quote all’asta, in virtù dell’avvio del meccanismo della Riserva di Stabilità. Nonostante le previsioni di prezzo al rialzo per gli anni a venire, nel 2019 e 2020 l’incremento non sarebbe sufficiente a bilanciare la forte riduzione dei volumi all’asta, comprimendo i proventi nel 2019 e 2020”.

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