Il dazio effettivo dipende da quali prodotti si esportano verso gli USA, e l’Italia finisce per uscirne un po’ più penalizzata. Prima dell’arrivo di Trump il dazio medio applicato al nostro Paese era intorno al 2,1% (contro l’1,3% medio dell’Ue), mentre a maggio è arrivato all’8%
A partire dallo scorso aprile il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha imposto dei dazi a numerosi Stati. A maggio il dazio medio imposto dagli USA è quasi quadruplicato, dal 2,3% del pre-Trump al 8,8%. Come spiega l’ISPI, se le conseguenze peggiori le ha subite la Cina – il cui dazio medio è cresciuto dall’11% al 48% – nell’Unione europea il dazio è passato dall’1,3% al 6,7%.
IL VALORE DEI DAZI USA ALL’ITALIA
Se Trump ad aprile ha portato il dazio minimo verso l’Unione europea al 20%, per poi ridurlo al 10% (aprendo un periodo di tregua che dovrebbe essere terminato ieri, 9 luglio), sui singoli prodotti possono esserci dazi più alti: ad esempio, i dazi sulle auto sono arrivati al 25%, mentre quelli sulle importazioni di alluminio e acciaio al 50%.
Il dazio effettivo – spiega l’ISPI – dipende infatti da quali prodotti si esportano verso gli USA, e l’Italia finisce per uscirne un po’ più penalizzata. Se, infatti, già prima dell’arrivo di Trump il dazio medio applicato al nostro Paese era intorno al 2,1% (contro l’1,3% medio dell’Ue), a maggio era arrivato all’8%. A titolo di confronto, la Germania subisce un dazio medio dell’11%, mentre la Francia del 6,4%.
L’IMPATTO DEL TASSO DI CAMBIO EURO/DOLLARO SUI DAZI
C’è poi un secondo elemento che intacca le esportazioni verso gli Stati Uniti: il tasso di cambio euro-dollaro. Dall’entrata in carica di Trump (gennaio 2025) ad oggi il dollaro si è notevolmente deprezzato rispetto all’euro, perdendo il 13% del suo valore contro la valuta Ue. Secondo gli analisti questo calo è dovuto ad una rilevante perdita di credibilità del dollaro USA dovuta all’incertezza generata dai dazi e, allo stesso tempo, all’incapacità del governo statunitense di risanare il bilancio federale.
L’effetto di questa situazione è che chi esporta verso gli USA subisce una sorta di dazio aggiuntivo di quasi lo stesso importo. Oggi, cioè, il “colpo medio” subito dagli esportatori italiani non è pari all’8% del dazio, ma ad un 21% di potenziali entrate in meno.
USA PRIMO FORNITORE DI PETROLIO DELL’UNIONE EUROPEA
Secondo Eurostat, gli Stati Uniti sono il primo fornitore di petrolio dell’Unione europea, con 42,1 miliardi di euro, che rappresenta il 16,1% delle importazioni dell’Ue, davanti alla Norvegia con 13,5%, Kazakhstan con 11,5%, Libia con 7,4% e Arabia Saudita con 7%, Nigeria con 6,1% e Iraq con 5,7%. Inoltre, gli USA contribuiscono con 18,8 miliardi di euro di GNL importato, pari al 45,3% dell’import UE e risultando il primo fornitore davanti alla Russia (17,5%), Algeria (10,7%), Qatar (10,4%), Norvegia (4,7%) e Nigeria (4,4%).
Infine, gli Stati Uniti sono il secondo fornitore di carbone con vendite ai Paesi UE per 4 miliardi di euro, con una quota del 32,3%, dietro all’Australia (37,3%) e davanti a Colombia (9,5%), Kazakhstan (5,4%) e Canada (5,2%).
PER L’ITALIA GLI USA SONO IL QUARTO FORNITORE DI COMMODITY ENERGETICHE
Per l’Italia, gli Stati Uniti sono il quarto fornitore di commodity energetiche dell’Italia, con il 9,4%, dopo Algeria con il 19,6%, Azerbaijan con il 16,4% e Libia con il 12,5%. Nel dettaglio, gli USA sono il quarto fornitore dell’Italia di petrolio con 2.580 milioni di euro (pari al 9,6%), il secondo fornitore di GNL con 1.744 milioni di euro (34,6%) e il primo fornitore di combustibili solidi con 395 milioni di euro (43,2%).
I NUOVI DAZI IN VIGORE DAL 1° AGOSTO
Il 7 luglio scorso il presidente americano Donald Trump ha comunicato le prime lettere sui dazi, che sono state inviate ai seguenti Paesi: Tunisia, Sud Africa, Bosnia, Serbia, Kazakistan, Bangladesh, Myanmar, Thailandia, Laos, Sud Corea, Giappone, Cambogia, Malesia e Indonesia. Le nuove tariffe partiranno dal 1° agosto e si aggiungerebbero a quelle settoriali. I Paesi che hanno ricevuto le lettere avranno in alcuni casi tariffe del 25% sui loro prodotti destinati agli Stati Uniti.
Nella guerra dei dazi, in attesa della replica dell’Europa, attualmente Trump sta valutando di imporre dei dazi su tutte le merci Ue al 10%, ad esclusione delle auto, la cui percentuale sale al 25% e dell’acciaio e alluminio, in cui sarebbe al 50%. Sui contro-dazi dell’Unione europea non c’è ancora nessuna proposta.
SEFCOVIC (UE): “PROGRESSI VERSO UN ACCORDO DI PRINCIPIO TRA UE E USA”
Intanto ieri a Strasburgo, parlando alla plenaria del Parlamento europeo, il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic ha dichiarato che dopo fine maggio i negoziati sui dazi tra Ue e Stati Uniti “si sono intensificati notevolmente” e che stanno proseguendo “ogni singolo giorno con discussioni costruttive e con buoni progressi”, con l’obiettivo di arrivare ad un “Accordo di Principio”.
Questo possibile Accordo di principio, comunque, non sarebbe la fine, ma “il principio di un nuovo inizio”, perché fornirebbe “un quadro su cui continuare a costruire” gli accordi successivi, cioè per andare verso “un futuro accordo commerciale Ue-Usa a pieno titolo”. L’obiettivo, ha concluso Sefcovic, “è ripristinare la prevedibilità per le imprese, i lavoratori e i consumatori contro un’escalation indesiderata e dannosa”.