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Testo unico sulle rinnovabili: più poteri a Regioni. 1 italiano su 2 vuole il nucleare. La ricetta del successo dell’auto cinese. Che c’è sui giornali

Maggiori poteri alle Regioni sulle autorizzazioni e stretta sulle sanzioni dal Testo Unico sulle rinnovabili. 1 italiano su 2 vorrebbe il ritorno al nucleare. La ricetta del successo dell’industria dell’auto elettrica cinese. La rassegna Energia

Le Regioni ottengono maggiori poteri sulle autorizzazioni per i nuovi impianti di energia rinnovabile, i regimi amministrativi si riducono a 3 (attività libera, procedura abilitativa semplificata e autorizzazione unica) e si introducono nuove sanzioni. Sono i punti principali del Testo Unico sulle rinnovabili, approvato dal Consiglio dei Ministri. Le Regioni avranno 6 mesi di tempo per adeguarsi, nel frattempo verrà introdotto un regime transitorio. Un italiano su due è favorevole a un eventuale ritorno all’energia nucleare. Inoltre, il 79% considera la newco di Enel, Ansaldo e Leonardo un’«un’adeguata risposta al crescente bisogno di elettricità nel Paese», se la produzione rimarrà in Italia. Predominio sulle terre rare, massicci sussidi di Stato ed esenzione dall’imposta sull’acquisto di veicoli. È la ricetta che ha permesso all’industria cinese dell’auto elettrica di ottenere il primato nel mondo, con il suo campione BYD, si legge su La Stampa. La rassegna Energia.

RINNOVABILI, PIU’ POTERI A REGIONI E STRETTA SANZIONI

“Via libera del Consiglio dei ministri al Testo unico sulle rinnovabili che punta a semplificare e a riordinare la frastagliata normativa che regola la realizzazione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonte green e i cui contenuti sono stati anticipati da questo giornale (si veda Il Sole 24 Ore di domenica). Il provvedimento, frutto del concerto tra il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin – che ieri ha aperto alla possibilità di installare impianti di produzione di energia rinnovabile o data center nei siti nucleari italiani in fase di smantellamento – e i colleghi della Pa (Paolo Zangrillo) e delle Riforme (Maria Elisabetta Alberti Casellati) riduce a tre i regimi amministrativi (attività libera, procedura abilitativa semplificata e autorizzazione unica) e chiede alle Regioni e agli enti locali di adeguarsi entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“(…) dal report emerge che le regioni più “virtuose” sono il Lazio (+623 megawatt rispetto all’obiettivo), la Lombardia (+459 MW) e il Veneto (+284 MW), mentre procedono più a rilento la Puglia (-327 MW), la Sardegna (-168 MW) e la Basilicata (-129 MW)”, continua il giornale.

“Tornando al decreto legislativo, approvato ieri dal Cdm, viene innanzitutto introdotto, come avevano sollecitato gli operatori, un regime transitorio in attesa che le Regioni si allineino: restano, quindi, in vigore le regole attuali fino all’adeguamento a livello territoriale, in assenza del quale si applicherà il Testo unico che, rispetto alla versione licenziata ad agosto dal governo, contiene poi una stretta sulle sanzioni. Queste ultime sono, infatti, estese anche alle violazioni del regime di attività libera (si va da 500 a 30mila euro, come per eventuali difformità collegate alla Pas). E sanzioni sono previste anche in caso di artato frazionamento delle aree e degli impianti che fanno capo a un unico centro di interessi. (…) Sul fronte delle Regioni, la versione definitiva del provvedimento amplia il loro margine di manovra, concedendo loro la facoltà (si veda anche il Sole 24 Ore di domenica) di attivare, per gli interventi di competenza regionale che ricadono sotto il regime di autorizzazione unica e sono sottoposti a valutazione ambientale, il Procedimento Autorizzatorio Unico Regionale (Paur), la cui durata non dovrà però superare i due anni dal suo avvio o dall’avvio della verifica di assoggettabilità alla via. (…) Alle Regioni e alle Province è, infine, affidato il compito di adottare, entro il 21 febbraio 2026, i piani di individuazione delle cosiddette zone di accelerazione previste dalla direttiva Ue Red III che andranno definite anche alla luce della partita sulle aree idonee e che beneficeranno di iter super celeri per i progetti”, continua il giornale.

ENERGIA: NUCLEARE, FAVOREVOLE 1 ITALIANO SU 2

“Un italiano su due voterebbe per un ritorno al nucleare. Addirittura il 79% considera la newco lanciata da Enel, Ansaldo e Leonardo per valutare l’atomo del futuro come «un’adeguata risposta al crescente bisogno di elettricità nel Paese», a patto che «mantenga la filiera produttiva sul territorio». Solo un cittadino su dieci, tuttavia, conosce le tecnologie più evolute attualmente allo studio, a partire dai cosiddetti Smr, gli Small modular reactors, considerati tra i più promettenti – a detta di diversi addetti ai lavori – per le potenziali efficienze sui costi e l’elevata sicurezza. Sono questi, in estrema sintesi, i risultati di un sondaggio realizzato da Swg su un campione rappresentativo di italiani maggiorenni: lo studio completo verrà presentato oggi durante la VI edizione dell’Intelligence Week “Dalla formazione all’industria, la ripartenza del nucleare in Italia”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“(…) Il ritrovato appeal del nucleare in Italia, stando al report di Swg, è spinto principalmente da tre fattori: una domanda di elettricità in crescita che non riuscirà a essere soddisfatta solo dalle rinnovabili; la necessità di rendersi sempre più indipendenti da approvvigionamenti esteri e dunque più resilienti sotto il profilo energetico”, continua il giornale.

“Tutti elementi che rappresentano un utile spunto di riflessione per il governo, per i decisori e per le aziende della filiera energetica e che hanno spinto il 48% degli intervistati dalla consultazione a dire sì a nuove centrali nucleari, mentre il 24% è contrario e quasi un terzo (28%) non si esprime. I soggetti più favorevoli? Uomini (57%), residenti del Nord Ovest (57%) e abitanti dei piccoli centri (55%). La posizione politica crea una forbice certamente importante, ma meno di quanto lascerebbero immaginare le posizioni ufficiali dei singoli partiti sul dossier: tra gli elettori della maggioranza i favorevoli all’atomo sono il 63%, tra l’opposizione si scende al 42%. Una netta promozione arriva invece, come detto, per l’iniziativa della newco guidata da Enel e partecipata da Ansaldo e Leonardo che svolgerà tutte le valutazioni necessarie per adottare, nel medio termine, una tecnologia nucleare, individuando le condizioni necessarie per creare, attraverso uno sforzo di sistema, una filiera produttiva in Italia. (…) Per concludere il tema delle conoscenze, ancora piuttosto scarse. Solo il 13% del campione sa infatti cosa siano gli Smr (piccoli reattori di terza generazione avanzata), mentre si scende all’8% per gli Advanced Modular Reactors, ovvero i reattori di quarta generazione, che potrebbero diventare operativi dal 2040 in poi”, continua il giornale.

ENERGIA: AUTO ELETTRICA, ECCO COME LA CINA HA OTTENUTO IL PRIMATO

Predominio sulle terre rare, massicci sussidi di Stato ed esenzione dall’imposta sull’acquisto di veicoli. È la ricetta che ha permesso all’industria cinese dell’auto elettrica di ottenere il primato nel mondo, con il suo campione BYD, si legge su La Stampa.

“«È un bellissimo veicolo». Novembre 2023, San Francisco. Joe Biden ha appena concluso il vertice con Xi Jinping ed esprime la sua ammirazione per la Hongqi N701, la super berlina antiproiettile del presidente cinese. Quel breve scambio diventa virale su media e social di Pechino, raccontato come la prova che il made in China conquista l’occidente. Non è solo retorica. L’industria dell’auto è uno dei cardini della trasformazione della Cina da “fabbrica del mondo” a società di consumi ad alto valore. Nella visione di Xi, i veicoli a nuova energia (NEV) sono il motore di un processo di innovazione e autosufficienza tecnologica intrecciato con economia e sicurezza nazionale. Anche i giganti dell’industria automobilistica statale, come Faw e Dongfeng, sono stati riconvertiti all’elettrico, in ossequio al mantra delle “nuove forze produttive” su cui la Cina punta per cambiare modello di sviluppo. (…) la produzione continua ad aumentare, con dati superiori al 40% su base annuale. L’accelerazione sui veicoli elettrici o ibridi è arrivata anche grazie a massicce sovvenzioni, esenzione dall’imposta sull’acquisto di veicoli e acquisizione gratuita di targhe. A luglio, Pechino ha raddoppiato i programmi di sovvenzione introdotti per la prima volta solo tre mesi prima”, si legge su La Stampa.

“Tra i giganti del settore c’è BYD. In un’intervista del 2011 a Bloomberg, Elon Musk liquidava l’ipotesi che l’azienda cinese potesse diventare un attore globale: «Ma hai visto le loro auto? Dovrebbero stare attenti a non morire in Cina». Nel terzo trimestre di quest’anno, BYD ha superato per la prima volta Tesla in termini di fatturato trimestrale, con ricavi per 28,2 miliardi di dollari e 1,1 milioni di NEV. La valutazione di mercato resta però ancora lontana, con Tesla che mantiene una capitalizzazione quasi sette volte superiore. Sull’ascesa cinese incombe qualche ombra. L’aumento delle vendite di BYD e altre case automobilistiche di Pechino è stato ottenuto riducendo i profitti. In sostanza, sono stati lanciati nuovi veicoli con caratteristiche migliori ma con prezzi più bassi. Un modo per imporsi sul mercato interno, e non solo, ma che abbassa guadagni potenzialmente ancora più in bilico nel prossimo futuro. I dazi aggiuntivi imposti dall’Unione europea, nonché quelli promessi da Donald Trump negli Stati Uniti, potrebbero abbattere le speranze di imporsi sui mercati occidentali. I colossi cinesi stanno provando ad aggirare il muro delle tariffe costruendo impianti di produzione all’estero. In soli 16 mesi, BYD ha costruito e inaugurato una fabbrica in Thailandia, mentre ne sta costruendo altre in Ungheria e in Brasile. (…) A consolidare le ambizioni globali delle auto cinesi c’è la posizione favorevole guadagnata su una serie di tecnologie fondamentali, come le batterie agli ioni di litio. Il vantaggio è stato costruito con una posizione dominante sulle risorse cruciali per l’industria tecnologica verde. Attualmente, Pechino produce circa il 60% dei metalli delle terre rare del mondo e circa il 90% delle terre rare raffinate presenti sul mercato. Il dominio cinese si basa anche sul controllo degli snodi estrattivi all’estero, spesso a costo di un elevato impatto ambientale. Tre luoghi su tutti: Indonesia per il nichel, Repubblica Democratica del Congo per il cobalto e Bolivia per il litio. (…) Sulle auto elettriche Xi e il Partito comunista sognano il dominio, per operare una svolta ad alto contenuto simbolico, visto quanto l’automobile è stata un’icona dell’American dream e del sistema globale a guida statunitense. Ora Pechino vuole provare a mettersi al volante”, continua il giornale.

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