La cooperazione tra Ue e Cina sui cambiamenti climatici ha assunto una nuova importanza da quando il presidente americano Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi. “Insieme, l’Unione europea e la Cina devono rispettare l’accordo di Parigi, ora più che mai”, ha affermato von der Leyen
Lo scorso 24 luglio, in occasione del cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Bruxelles e Pechino, sì è svolto il Summit Unione europea-Cina. Il vertice – che inizialmente era in programma a Bruxelles – si è svolto a Pechino per favorire la presenza del presidente cinese Xi Jinping.
L’Ue ha ottenuto un risultato sulla carta davvero prezioso: un accordo congiunto con la Cina per combattere il riscaldamento globale. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha definito la dichiarazione sul clima “un grande passo avanti. La nostra cooperazione può rappresentare un punto di riferimento globale”.
I commenti di von der Leyen – che si sono concentrati molto di più sulle tensioni che hanno ostacolato i colloqui più ampi sulla cooperazione economica e sul commercio – hanno però evidenziato anche la minaccia più grave agli obiettivi stabiliti nell’accordo sul clima.
LA LEADERSHIP DELLA CINA NELLE TECNOLOGIE PULITE
Questo perché la fonte di gran parte degli attriti è la leadership della Cina nello sviluppo di tecnologie pulite, in particolare nei pannelli solari, nelle batterie e nelle auto elettriche. E la sua capacità di accaparrarsi, attraverso la catena di approvvigionamento, i minerali essenziali necessari per produrre i magneti per le turbine eoliche.
Queste tecnologie sostengono lo sforzo globale per combattere il cambiamento climatico e, in larga misura, la Cina oggi offre i prodotti più economici e di qualità più elevata in molti settori puliti. Questo è vantaggioso per il clima, lo scorso anno con le esportazioni cinesi che hanno ridotto di circa l’1% le emissioni globali.
UNA MINACCIA PER LE INDUSTRIE EUROPEE
Tuttavia, sottolinea Politico, i funzionari europei considerano il modello di esportazione sovvenzionato dalla Cina una minaccia diretta alla spina dorsale industriale europea nei settori chimico, manifatturiero specializzato, oltre che in quello automobilistico. Il presidente cinese Xi Jinping ha esortato l’Ue a comprendere che “gli interessi convergenti non rappresentano una minaccia” e che “la promozione della competitività non dovrebbe basarsi sulla costruzione di muri o barriere”.
Finora gli sforzi per il clima sono stati considerati uno spazio sicuro per la cooperazione in un contesto di turbolenza per l’UE e la Cina. Oggi, però, sono anche fonte di attriti. “Si sta espandendo sempre di più nello spazio della competizione e della rivalità”, ha affermato Byford Tsang, senior policy fellow del programma Asia dell’European Council on Foreign Relations. La realtà mostrata a Pechino è che sia l’Ue che la Cina vogliono combattere il cambiamento climatico ma che, nel farlo, nessuna delle due vuole cedere di un millimetro.
RIBERA (UE): LA DICHIARAZIONE SUL CLIMA “È UN PASSO SIGNIFICATIVO”
Il fatto stesso che la dichiarazione sul clima sia stata approvata è stato visto come una vittoria dai funzionari di Bruxelles. La vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Teresa Ribera, l’ha salutata come “un passo significativo, in un mondo che si trova ad affrontare crescenti tensioni geopolitiche e rischi climatici”.
La cooperazione tra Ue e Cina sui cambiamenti climatici ha assunto una nuova importanza da quando il presidente americano Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici del 2015. “Insieme, l’Unione europea e la Cina devono rispettare l’accordo di Parigi, ora più che mai”, ha affermato von der Leyen.
LE STRATEGIE DELL’UE E IL RISCHIO DI NUOVE DIPENDENZE COMMERCIALI
La questione delle industrie green è stato uno dei punti di confronto del Summit Ue-Cina. Per l’Ue, l’obiettivo è trovare un compromesso che consenta allo stesso tempo di proteggere la competitività delle aziende europee e di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e il percorso di decarbonizzazione al 2050, per il quale l’importazione di tecnologie pulite dalla Cina ad oggi è fondamentale.
Come sottolineato da von der Leyen, oltre alla preoccupazione per la competitività delle aziende europee, c’è il rischio di creare nuove dipendenze per la fornitura di minerali e tecnologie necessarie per la generazione di energia rinnovabile. Dipendenze in ambito energetico che potrebbero portare a nuove strumentalizzazioni, similmente a quanto avvenne (e continua ad avvenire) con la dipendenza di molti Paesi Ue (Italia inclusa) dal gas russo.
Per garantire la competitività delle proprie aziende, l’Unione europea dovrà allora intraprendere delle politiche per rafforzare quei settori di energia pulita su cui mantiene ancora delle quote globali di mercato, oltre ad investire nell’innovazione per accompagnare la transizione energetica.