Entro oggi von der Leyen nominerà nuovi commissari, mistero sul sostituto di Fitto al ministero, vendite di elettriche Ue a picco. La rassegna Energia
E’ il momento della verità per Von der Leyen. Entro oggi deve nominare i membri del nuovo collegio Ue. Distribuire portafogli e incarichi non sarà semplice, sottolinea il Corriere della Sera. Raffaele Fitto si candida a commissario italiano nella nuova Commissione europea, ma chi lo sostituirà a Palazzo Chigi? Una domanda che non trova ancora risposta, le opzioni sono diverse: delega ad interim per Meloni, oppure nomina immediata del nuovo ministro che gestirà il Pnrr. I candidati principali sono: Sinscalchi, Fazzolari e Mantovano. Intanto, il percorso verso la transizione elettrica della mobilità in Ue non procede come previsto e le vendite di auto a batteria cala ancora. La rassegna energia.
ENERGIA, VON DER LEYEN ALLA SCELTA DEI COMMISSARI
“Forse perfino fra i colleghi più giovani che si occupano di politica, pochi sono quelli che hanno sentito parlare del Manuale Cencelli. Eppure, nella Prima Repubblica fu l’autentico algoritmo ante litteram del potere. Frutto della saggezza concreta di un funzionario della Democrazia cristiana, Massimiliano Cencelli appunto, era un set di regole (otto pagine dattiloscritte di cui esistono poche copie) che assegnava un peso ponderato a ogni ministero e in base al quale la Dc a ogni nuovo governo distribuiva gli incarichi fra le sue correnti e gli alleati di turno. Anche Ursula von der Leyen, rieletta alla presidenza della Commissione europea, si trova davanti a un momento democristiano. Scade oggi il termine per la nomina dei nuovi membri del suo nuovo collegio da parte dei governi dell’Ue. (…) Ora von der Leyen deve distribuire portafogli e incarichi tra i nuovi commissari. Impresa delicata e complessa, inevitabilmente destinata a suscitare frustrazioni e arrabbiature in molte capitali”, si legge su Il Corriere della Sera.
“(…) Dovrà invece necessariamente usare proprio un approccio da Cencelli e soprattutto essere molto creativa, magari inventandosi titoli tanto esotici quanto insignificanti, tipo sotto l’incarico nulla. Per la verità, ella ha in mano anche i jolly luccicanti delle vicepresidenze esecutive e si sa che una è ambita dall’Italia. Attenzione però, se non è accoppiata a un incarico di fascia alta, la vicepresidenza esecutiva rischia di essere un orpello. (…) Euronews ha compilato un’intelligente mappa degli incarichi che von der Leyen si appresta a distribuire, classificandoli in ordine di importanza e influenza che ne deriva. Chiamatelo pure un Cencelli bruxellese”, continua il giornale.
“Alla stanza dei bottoni appartengono la presidenza, l’Alto rappresentate per la politica estera e di sicurezza, la Concorrenza, gli Affari economici e finanziari. (…) Gli altri due sono i più ambiti: il commissario alla Concorrenza ha forti poteri di controllo del mercato, può bloccare fusioni, multare grandi multinazionali che violano le regole antitrust, senza chiedere permesso ai governi o al Parlamento. Quello degli Affari economici e finanziari, che nella Commissione uscente è stato Paolo Gentiloni, coordina le politiche economiche nazionali e veglia sul rispetto delle regole del Patto di Stabilità, ergo avvia le temute procedure d’infrazione. (…) il prossimo commissario condurrà i negoziati di adesione con Ucraina, Moldavia ed eventualmente Georgia e dovrà concludere quelli con i Paesi dei Balcani occidentali. Industria: grazie al rapporto sulla competitività di Mario Draghi, la politica industriale tornerà in auge. (…)Energia, Commercio, Clima, Migrazioni, Giustizia hanno perso un po’ di lustro negli ultimi tempi dopo essere stati a lungo punte di lancia dell’azione europea. Ma peseranno ancora. Il Green deal, per esempio, che fu il cavallo di battaglia di von der Leyen e del non rimpianto Frans Timmermans, dovrà essere completato, ma sappiamo tutti che lo sarà al ribasso. Anche sull’energia è finita la grande emergenza. Mentre i grandi accordi commerciali, che la Commissione ha il potere di negoziare a nome dei 27, sono in crisi di fronte all’avanzare del protezionismo. La Giustizia avrà ancora un ruolo nella difesa dello Stato di diritto nella Ue. (…) Agricoltura, fondi di coesione, bilancio, politica del vicinato sono portafogli ricchi di dotazioni ma con scarso potere”, continua il giornale.
“Affari interni, Ambiente, Tasse, Servizi finanziari, Sicurezza alimentare, Occupazione e diritti sociali, Trasporti, Pesca suonano autorevoli e prestigiosi. In realtà, o le competenze europee in materia sono scarse quando non esistenti, o come nel caso della Pesca si tratta di campi politicamente spinosi dove, comunque vada, la Commissione viene criticata. (…) Entriamo nel regno degli incarichi creativi: Previsione strategica, Demografia, Mediterraneo, European way of life. (…) Gestione delle crisi, Cooperazione internazionale, Ricerca, Rapporti interistituzionali, Risorse umane, Istruzione e Cultura. Sono incarichi punitivi, con scarso potere (gestione delle crisi?) o scarsi bilanci (avete detto Ricerca o Erasmus?) in genere affibbiati ai Paesi più piccoli. Il caso più celebre fu quando la Romania entrò nell’Ue e l’allora presidente della Commissione, Manuel Barroso, si inventò il Commissario al multilinguismo”, continua il giornale.
ENERGIA: PNRR, CHI SOSTITUIRA’ FITTO?
“C’è un tema più importante della designazione di Raffaele Fitto a commissario italiano nella nuova Commissione europea, ed è chi lo sostituirà a Palazzo Chigi. Con la sua partenza per Bruxelles, Giorgia Meloni deve fare i conti con la perdita di uno dei ministri più influenti del suo governo, quello su cui aveva fatto il più grosso investimento politico. Fitto assomma in sé tre importanti deleghe: Affari europei, Sud e fondi europei di coesione, coordinamento del Piano europeo di ripresa e resilienza (Pnrr). Tre deleghe che sulla carta potrebbero valere altrettanti ministri e una delle quali – quella al Pnrr – è costata mesi di lavoro per essere spostata dal Tesoro a Palazzo Chigi. La designazione porta dunque con sé il vantaggio di poter contare su un fedele alleato a Bruxelles, il problema di non aprire un nuovo fronte all’interno della maggioranza”, si legge su La Stampa.
“La delega degli Affari europei resterà quasi certamente in capo alla premier, al massimo con la nomina di un sottosegretario.(…) Meloni è tentata di scegliere la stessa strada per le altre due deleghe, anche se una decisione in questo senso (sottosegretario o ministro) non è presa. L’unica cosa che non accadrà è lo spacchettamento delle competenze. (…) La concentrazione delle deleghe è ben vista anche dalla Commissione, che ne ha fatto esplicito riferimento nelle raccomandazioni all’Italia del luglio 2023. Chi sarà a farsi carico delle deleghe di Fitto Meloni non l’ha deciso. Un’ipotesi è che Coesione, Sud e Pnrr vadano al capo di gabinetto di Fitto, Ermenegilda Sinscalchi. Altri sostengono che la premier potrebbe promuovere ministro uno dei suoi due sottosegretari, Alfredo Mantovano o Giovanbattista Fazzolari. I tempi non saranno comunque brevi. Oggi, dopo la riunione con Matteo Salvini e Antonio Tajani, la premier in Consiglio dei ministri formalizzerà la designazione di Fitto”, continua il giornale.
“Le dimissioni di Fitto arriveranno probabilmente a fine ottobre, dopo la fine della lunga procedura di accreditamento che passerà da un’audizione di fronte al Parlamento europeo. L’esito non è mai scontato, basti dire che nell’ultima legislatura ben tre dei Ventisette candidati commissari furono bocciati e sostituiti. Tutti i segnali dicono però che il Partito popolare europeo – il più grande e influente gruppo politico a Strasburgo – non boccerà Fitto. Di certo non lo farà la parte del Ppe vicina a Manfred Weber, meno scontato è il sostegno dell’ala più progressista e del premier polacco Donald Tusk, acerrimo nemico degli alleati di Meloni in Ecr, il Pis di Mateusz Morawiecki. Ieri Tajani, a lungo parlamentare europeo e presidente per il Ppe, è volato a Bruxelles anche per quest: «Siamo qui per fare da garanti, l’Italia non subirà alcun danno dalle votazioni. Spero che Fitto ottenga la vicepresidenza esecutiva». (…) Ursula von der Leyen sembra decisa a spostare l’asse dai partiti ai Paesi, concedendolo a Italia, Francia e Spagna. Ma deve fare i conti con le ambizioni della Polonia di Tusk (rieccolo) e il delicato puzzle sulle deleghe agli altri Paesi. Il no dell’Italia alla conferma di von der Leyen non aiuta, ma Meloni ha margine per recuperare terreno grazie al nuovo patto di stabilità. Meloni in queste ore ne sta discutendo con lo stesso Fitto e Giancarlo Giorgetti: l’idea è di mostrarsi collaborativi sugli impegni di riforma necessari a ottenere sette anni per il rientro nei parametri di Maastrich. Di tutte le questioni aperte, quella più apprezzata a Bruxelles sarebbe la soluzione alla diatriba sulle gare per le concessioni balneari. E così, nelle ore della designazione di Fitto, è spuntata una bozza con la quale il governo cederebbe alla richiesta di Bruxelles di aprire alla concorrenza spiagge e lidi italiani, accompagnato da premialità per i vecchi gestori. (…) E poi ci sono le privatizzazioni, sulle quali l’Italia l’anno scorso si è vincolata a venti miliardi nel triennio, fin qui limitate a due quote di Mps e una – meno del tre per cento – di Eni”, continua il giornale.
AUTO ELETTRICA, VENDITE IN UE A PICCO
“La corsa all’elettrificazione della mobilità europea impressa dal Green deal continua a schiantarsi contro le scelte dei consumatori. A mostrare segni di sofferenza è in particolare il primo mercato europeo dell’auto, quello della Germania. Un tonfo difficile da ignorare, sia perché da solo basta ad allontanare i target fissati da Bruxelles sia perché pone un problema politico per la Commissione che si comporrà nelle prossime settimane, a cominciare dalle scelte sui dazi alle auto cinesi che la presidente Ursula von der Leyen ha intenzione di introdurre. A luglio le autovetture elettriche targate nei paesi europei hanno segnato una flessione del 10,8 per cento, oltre dieci volte superiore a quella di giugno, che ha portato le immatricolazioni da inizio anno in territorio negativo: quasi meno 0,5 per cento, a fronte di una crescita dell’intero mercato prossima al 4 per cento. I dati sono stati pubblicati ieri da Acea, l’associazione europea dei costruttori automobilistici, e dimostrano come le cose stiano andando in direzione contraria a quella che si era prefissa la Commissione, puntando, di fatto, tutto sulle vetture elettriche per decarbonizzare i più o meno grandi e obsoleti parchi circolanti del vecchio continente”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“(…) A luglio il crollo delle immatricolazioni di vetture elettriche a Berlino è stata del 36,8 per cento, più del doppio della media del periodo gennaiofebbraio, con una flessione media nei primi sette mesi del 2024 che si attesta a più del 20 per cento. Per spiegarla si continua a citare lo stop agli incentivi, che risale ormai a dicembre 2023, ma c’è un altro fattore da tenere in considerazione. (..) Per le case automobilistiche i risultati deludenti delle auto elettriche rappresentano un rompicapo”, continua il giornale.
“Non è un caso che nell’ultimo anno il numero di modelli elettrici offerti sia aumentato del 34 per centro, staccando significativamente quelli diesel: 137 a 112. I consumatori hanno più scelta degli anni passati eppure nell’acquisto le posizioni si invertono: le auto alimentate a gasolio vendono di più, benché in flessione. E dunque non solo si vendono molte meno auto nuove rispetto a prima della pandemia – quasi il 19 per cento in meno rispetto ai primi sette mesi del 2019 – ma le elettriche, nonostante l’incremento dei modelli offerti, la continua espansione delle infrastrutture di ricarica ricarica, gli incentivi, la pubblicità, i testimonial, i gruppi di pressione e d’interesse, stentano a guadagnare spazio e perdono quasi mezzo punto percentuale rispetto al 2023″, continua il giornale.
“(…) In teoria, i dazi che la Commissione sta valutando di introdurre sui veicoli elettrici cinesi dovrebbero servire a tutelare il settore dalla concorrenza di Pechino. Quando Bruxelles ha deciso di puntare tutto sull’elettrico, chiedendo all’industria del vecchio continente di riconvertirsi velocemente, ha evidentemente sottovalutato il fatto che le case automobilistiche cinesi avrebbero usato il loro vantaggio tecnologico per offrire una maggiore scelta di modelli a prezzi più competitivi. Con l’introduzione di tariffe doganali, ora la Commissione vuole offrire un ombrello temporaneo alle imprese europee affinché si rafforzino nella produzione di auto elettriche. Ma l’effetto, per paradosso, potrebbe essere quello di penalizzare i consumatori con l’aumento del prezzo delle vetture più accessibili – quelle cinesi – senza che per l’industria europea cambi nulla dal punto di vista regolatorio”, si legge.
“Vanno poi considerate le ritorsioni. (…) Non è un caso che la Germania si sia dimostrata più prudente di altri paesi nel dibattito sulle misure protezionistiche verso la Cina. Ora che la crisi del mercato tedesco si sta consolidando, il problema potrebbe riproporsi nelle discussioni in cima all’agenda della prossima Commissione europea, che sarà anche chiamata a discutere di un’eventuale revisione del bando al 2035 dei motori diesel e benzina. Il dato di realtà da cui ogni discussione a Bruxelles dovrebbe ripartire (…): ignorare i numeri che raccontano la diffidenza verso i veicoli a batteria, nonostante gli incentivi che i governi stanziano ogni anno, è da miopi.