L’analisi condotta dallo ZEW rivela che eliminare le sovvenzioni – esplicite e implicite – per i combustibili fossili permetterebbe ai governi di conciliare in modo più efficace le esigenze economiche, fiscali e ambientali.
Un taglio netto ai sussidi pubblici destinati ai combustibili fossili potrebbe non solo ridurre significativamente le emissioni di CO2, ma anche rafforzare le finanze statali e migliorare il benessere economico generale. È quanto emerge da un recente studio del Centro per la ricerca economica europea di Mannheim (Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung, ZEW), che ha analizzato l’impatto dell’abolizione delle agevolazioni per carbone, petrolio e gas in numerosi paesi del mondo. Il risultato? In media, gli Stati potrebbero ottenere un gettito fiscale supplementare pari al 4,9% del consumo complessivo di combustibili fossili, ridurre i danni ambientali e sanitari e persino centrare parte degli obiettivi climatici senza misure aggiuntive come l’introduzione di un prezzo sul carbonio.
MENO SUSSIDI, PIÙ GETTITO E BENEFICI AMBIENTALI
L’analisi condotta dallo ZEW rivela che eliminare le sovvenzioni – esplicite e implicite – per i combustibili fossili permetterebbe ai governi di conciliare in modo più efficace le esigenze economiche, fiscali e ambientali. Le sovvenzioni dirette, come il sostegno ai costi di approvvigionamento, e quelle indirette, legate al mancato calcolo dei costi esterni per la salute e l’ambiente, sono ancora largamente diffuse. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, a cui si rifanno gli autori dello studio, tali misure pesano globalmente per circa sei mila miliardi di dollari americani: l’1,3% del prodotto mondiale lordo deriva da sovvenzioni dirette, mentre le sovvenzioni implicite ammontano al 5,8%.
Sebastian Rausch, responsabile del dipartimento di economia ambientale e climatica del ZEW e coautore della ricerca, sottolinea come la rimozione di questi sussidi “genererebbe un notevole surplus di gettito fiscale, ridurrebbe i costi economici della transizione ecologica e migliorerebbe il benessere complessivo dei paesi coinvolti”. Inoltre, includendo nel prezzo finale dei combustibili i danni sanitari e ambientali, si potrebbero ridurre sensibilmente le spese pubbliche a lungo termine, grazie al contenimento dei danni causati dall’inquinamento e dagli effetti del cambiamento climatico.
OBIETTIVI CLIMATICI PIÙ VICINI PER UN TERZO DEL PIANETA
Uno degli aspetti più significativi emersi dallo studio è la possibilità, per molti Stati, di compiere un importante balzo avanti nella lotta al cambiamento climatico semplicemente eliminando le sovvenzioni ai combustibili fossili. Circa un terzo dei paesi analizzati – tra cui grandi economie emergenti come Cina, India e Indonesia – potrebbe centrare i propri obiettivi climatici senza introdurre ulteriori strumenti fiscali o ambientali. Anche economie avanzate come Germania, Stati Uniti, Giappone e Regno Unito avrebbero la possibilità di coprire circa un terzo del proprio target climatico con questa sola misura.
Lo ZEW stima che, se i costi esterni dell’uso di combustibili fossili venissero integralmente inclusi nel prezzo, le emissioni globali di CO2 potrebbero ridursi del 32%. Una percentuale rilevante, che secondo gli autori evidenzia come l’attuale politica di sussidi mantenga artificialmente bassi i prezzi dei combustibili in molti paesi, rallentando la transizione ecologica e gravando indirettamente sulle casse pubbliche. “Molti governi assorbono una parte rilevante dei costi legati ai combustibili fossili”, ha dichiarato Rausch, “ma è fondamentale che anche i danni alla salute e all’ambiente vengano finalmente conteggiati”.
Lo studio rappresenta un’ulteriore conferma conferma il ruolo cruciale che le politiche fiscali possono avere nel favorire una transizione energetica più equa ed efficiente. Se da un lato l’abolizione dei sussidi comporterebbe un aumento del costo dell’energia per i consumatori, dall’altro lato i benefici complessivi – in termini economici, ambientali e sanitari – supererebbero di gran lunga i costi iniziali. A lungo termine, sottolinea il centro di Mannheim, una riforma strutturale dei sussidi energetici potrebbe contribuire a una redistribuzione più equa delle risorse, alla riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e a una maggiore resilienza delle economie nazionali di fronte alle crisi ambientali e geopolitiche.