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Paolo Emilio Russo

Ambiente, energia e grandi opere: intervista al deputato Paolo Emilio Russo

Per il capogruppo di Forza Italia in commissione Affari Costituzionali “bisogna avere la forza e la rapidità di smontare con dati e basi scientifiche eventuali fake news, prima che si diffondano e si crei il panico. Come in tutte le questioni della vita, spesso la paura è figlia dell’ignoranza”

Un tema che troppo spesso viene sottovalutato è quello che riguarda la comunicazione ambientale. La comunicazione ambientale può essere utile in diversi ambiti: dall’educazione ambientale alla sensibilizzazione, dall’informazione e dialogo con le comunità alla veicolazione degli impegni ambientali di un’azienda. Divulgare e rendere comprensibili a target diversi il proprio approccio ambientale, infatti, può favorire la fiducia, migliorare la brand reputation e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sfide ambientali più urgenti.

Per avere una panoramica dello stato della comunicazione ambientale nel nostro Paese abbiamo intervistato Paolo Emilio Russo, deputato e capogruppo di Forza Italia in commissione Affari Costituzionali.

On. Russo, come valuta la comunicazione ambientale che viene fatta in Italia?

“La qualità della comunicazione sul tema dell’ambiente è ancora più decisiva che in altri segmenti e settori. Perché ambiente significa salute, e la salute è uno degli argomenti sui quali i cittadini sono particolarmente sensibili. È dunque importante che il messaggio sia corretto”.

E quanto sarebbe fondamentale curarla meglio per evitare la proliferazione di fenomeni di protesta, legittimi ma spesso fondati sulla poca informazione, come quello dei cosiddetti Nimby (Not in my back yard, non nel mio giardino)?

“Bisogna curarla nel dettaglio ed avere la forza e la rapidità di smontare con dati e basi scientifiche eventuali fake news, prima che si diffondano e si crei il panico. Come in tutte le questioni della vita, spesso la paura è figlia dell’ignoranza. Le opere, di qualunque tipo, devono essere spiegate per tempo, coinvolgendo la popolazione e accompagnando il percorso, in modo che sia il più partecipato possibile. Nulla deve apparire come un’imposizione, ma qualunque intervento può rappresentare per una comunità un’opportunità per esempio di crescita, sviluppo o occupazione”.

A proposito di progetti di cui si parla e ci si divide da anni: è la volta buona per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina? Ci racconta come ha maturato l’idea di intitolarlo a Silvio Berlusconi?

“Larga parte dell’opinione pubblica è favorevole alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, e così anche l’opposizione in Parlamento. Con la Legge di Bilancio appena approvata vengono stanziate le prime risorse e non ci sono ragioni per cui l’esecutivo, specie per tramite del vicepremier e ministro per infrastrutture Trasporti, Matteo Salvini, debba venir meno all’impegno di consegnare il manufatto, ovviamente non concluso, entro la fine di questa legislatura, dunque tra 4 anni.

Il primo a lanciare l’idea del collegamento stabile come strumento di sviluppo fu Silvio Berlusconi, e i primi provvedimenti concreti che hanno provato a dare impulso a quest’opera sono quelli del suo governo all’inizio degli anni 2000, dunque 23 anni fa. Fu il governo Berlusconi, con la Legge obiettivo, ad inserire il Ponte sullo Stretto tra le infrastrutture strategiche. La proposta che ho lanciato in Aula, all’indomani della scomparsa, di dedicare il Ponte sullo Stretto a Silvio Berlusconi è diventata presto la proposta ufficiale di Forza Italia, quindi non ho dubbi che riusciremo a raggiungere il risultato”.

Da ultimo, stiamo vivendo un nuovo momento delicato a livello internazionale. Dopo la guerra russa all’Ucraina, il nuovo conflitto tra Hamas e Israele sulla Striscia di Gaza. Ci sono e ci saranno ripercussioni inevitabili anche a livello energetico. Oltre ai tamponamenti messi in campo dal governo italiano (come gli altri in Europa), quali altre mosse saranno necessarie anche per il futuro prossimo?

“Prima la guerra in Ucraina – che ancora produce effetti – e poi questo nuovo terribile e inatteso conflitto di oggi (la guerra tra Hamas e Israele nella Striscia di Gaza, ndr) dimostrano quanto autonomia ed autosufficienza energetica siano decisivi per un Paese. La dipendenza dell’Italia da fonti straniere ha rischiato di spegnere il sistema produttivo e ha messo in grave difficoltà anche molte famiglie, costringendo il governo a destinare una grandissima quota delle risorse che erano in cassa per aiutare i clienti finali. Nei mesi scorsi eravamo sollevati del prezzo del gas a 30 euro/Mwh, cioè oltre il doppio rispetto alla media storica pre-Covid, e in poche ore dopo lo scoppio del nuovo conflitto il prezzo del gas è già salito oltre i 50 euro.

Oggi bisogna costruire un nuovo e diverso piano energetico, come abbiamo già iniziato a fare. Non soltanto servono i rigassificatori e un nuovo impulso alle rinnovabili, ma bisogna tornare a sperimentare il nucleare pulito, quello di ultima generazione, che anche l’Unione europea ha inserito nella tassonomia e oggi considera una fonte sicura. Come Forza Italia lo chiediamo da tempo, e mi sembra che su questo tema finalmente ci sia una presa di coscienza da parte di larga parte delle forze politiche e, anche laddove finora aveva resistito, il fronte dell’ambientalismo ideologico si sta sgretolando”.

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