La crisi dell’industria dell’auto inizia con l’elettrico? Come cambierà la strategia dell’Ue dopo l’adesione di Germania e Francia al non paper? Quali conseguenze avranno le sanzioni? L’intervista a Antonio Sileo, Direttore del programma di ricerca Mobilità Sostenibile di Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e Direttore dell’Area Sostenibilità di Istituto per la Competitività (I-Com)
La transizione elettrica non è l’origine dei mali dell’industria dell’auto europea e italiana, ma rischia di avere un effetto boomerang che potrebbe aggravare la crisi e far aumentare i prezzi delle vetture made in Ue. Un regalo alle case automobilistiche cinesi. “Bisogna fare auto che rispondono alle richieste dei consumatori e hanno un prezzo non elevato. Il rischio è che le regole europee possano far aumentare i prezzi delle endotermiche, poiché le case automobilistiche potrebbero decidere di produrne meno, per non incorrere nelle sanzioni”, spiega Antonio Sileo, Direttore del programma di ricerca Mobilità Sostenibile di Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e Direttore dell’Area Sostenibilità di Istituto per la Competitività (I-Com).
AUTO, L’UE FARA’ MARCIA INDIETRO?
La strategia europea sulle auto potrebbe cambiare, dopo che le destre hanno ottenuto la maggioranza in Parlamento. Intanto, il “non paper” italiano raccoglie il favore di sempre più Paesi, ultimi nella lista Francia e Germania. Si ricompone così l’alleanza italo franco tedesca, aumentando le possibilità di successo del fronte dei “dissidenti”. Intanto, Ursula Von der Leyen ha riaperto il confronto sulle regole, il primo nodo sono le sanzioni per i produttori. La vera partita riguarda lo stop alla vendita di auto endotermiche, possibilità che rimane aperta nonostante le parole della Commissaria Ue Teresa Ribera.
La crisi dell’auto non ha avuto origine dalla spinta elettrica, ma questa ha aggravato la situazione?
“L’auto elettrica è stata vista come un modo per sostituire velocemente le auto in circolazione e ora sta avendo un effetto boomerang. Nonostante il numero di modelli, anche economici, sia molto aumentato, non si vendono le vetture previste dai piani industriali delle case automobilistiche. I produttori sono costretti a immetterle sul mercato, ma i consumatori ne acquistano meno del previsto. In particolare, non si vendono le vetture prodotte dalle case europee. La ragione è che la nuova offerta plasmata dalle norme Ue non risponde ai bisogni della maggiore parte dei consumatori europei, soprattutto nei Paesi più grandi. Ora si sta cercando di correre ai ripari introducendo più ibride, plug-in e non”.
Cosa potrebbe succedere dal 2025?
“L’anno prossimo le case automobilistiche se non aumenteranno, significantemente, la percentuale di vetture elettriche vendute dovranno scegliere se pagare onerosissime sanzioni o produrre meno vetture non elettriche. Così facendo la spirale di crisi diventerebbe sempre più pesante perché, oltre all’impatto sulle fabbriche, ai mancati guadagni, si comprometterebbe ulteriormente il rapporto con i clienti, favorendo pure i nuovi e numerosi produttori cinesi. È importante, invece, che si venda un sufficiente numero di auto da poter rinnovare il parco con vetture con meno emissioni di quelle che vengono sostituite”.
Nel dibattito si parla poco dell’efficacia della strategia Ue per centrare l’obiettivo della decarbonizzazione. Le recenti dichiarazioni della commissaria Ribera chiudono le porte alla retromarcia sul bando alle auto endotermiche dal 2035?
“Non credo che la partita sia chiusa, tanto più che, in Germania, il CDU, partito di von der Leyen, e CSU (entrambi parte del Partito Popolare Europeo), hanno fatto una campagna elettorale incentrata sulla revisione del bando. Credo invece che si continuerà a discutere molto nei prossimi anni e se le vetture elettriche non si diffonderanno sul mercato con i ritmi previsti o auspicati bisognerà correggere necessariamente intervenire. Anzi aldilà delle dichiarazioni si può dire che, visti i dati di mercato, la tendenza alla revisione va consolidandosi. Anche per la (inevitabile) difficoltà ad erogare lauti incentivi, come insegna la Germania dove, senza incentivi diretti, da inizio anno le immatricolazioni di auto elettriche sono in flessione del 26,1%. Situazione che rischia di ripetersi anche in Francia. Non va poi dimenticato che per il 2035 è già prevista una deroga per gli e-fuel, i carburanti di sintesi prodotti in maniera industriale combinando chimicamente principalmente idrogeno e anidride carbonica. La scorsa Commissione, infatti, si è impegnata per iscritto con la Germania a approntare norme ad hoc per permettere la vendita dopo il 2035 di vetture alimentati con carburanti climaticamente neutrali, anche se per ora solo rinnovabili di origine non biologica, gli e-fuel o elettrocarburanti, appunto”.
Ora però la partita più urgente riguarda le sanzioni che dovrebbero partire dal 2025 e colpiranno i produttori che non realizzano abbastanza auto green.
“Il nodo adesso sono obiettivi e sanzioni del 2025 che potrebbero essere posticipati di due anni come hanno chiesto Austria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Italia, Romania e Slovacchia nell’ormai noto non-paper. Di recente Germania e Francia, pur non firmandolo, si sono espresse a favore in alcuni punti. Questo è un aspetto da non sottovalutare, poiché dovrebbe dare maggior peso al fronte dei Paesi che vogliono un intervento sugli obiettivi 2025. C’è già il precedente dell’Euro 7, modificato con standard meno onerosi rispetto a quelli minacciati inizialmente”.
IL FONDO AUTOMOTIVE
Parliamo invece del Fondo Automotive, che stando alle parole del ministro Urso potrebbe essere rifinanziato con 750 milioni di euro per il prossimo anno. Sarà davvero così oppure è ancora tutto sulla carta?
“L’anno prossimo non dovrebbero esserci incentivi all’acquisto di vetture. Le ultime dichiarazioni parlano di aiuti direttamente per componentistica. Su questa storia si è fatta grande confusione. Anche l’audizione parlamentare di Tavares ha certificato la generale confusione. Infatti, l’ex ad ha chiesto nuovi aiuti all’acquisto, che il ministro Urso aveva subordinato gli incentivi al rilancio della produzione italiana, cosa che non è minimamente avvenuta. Gli incentivi quest’anno infatti sono stati previsti ed erogati, ma, per capirci, la produzione della 500 a Mirafiori ha continuato andare male, anzi peggio di prima. Questo perché non vi è un legame conseguenziale tra incentivo all’acquisto e diretto beneficio della produzione italiana, i fondi infatti non possono incentivare solo le auto prodotte in Italia. Per il 2025 è già previsto un gran vantaggio fiscale per le auto elettriche e ibride plug-in comperate dalle aziende e una penalizzazione per le endotermiche, una strategia non solo italiana, volta a far arrivare più vetture elettriche sul mercato dell’usato. I consumatori tuttavia non paino affatto fidarsi di vetture elettriche usate, tanti i dubbi sul valore residuo e sulla durata delle batterie”.
CHE FARA’ ORA STELLANTIS?
Come potrebbe cambiare la strategia di Stellantis dopo l’addio di Tavares?
“Un primo indizio importante arriva dalla notizia che Stellantis potrebbe tornare nell’associazione Acea. Così facendo si allineerà agli altri produttori che hanno chiesto a Bruxelles il rinvio delle sanzioni per l’anno prossimo, cosa che invece Tavares – incomprensibilmente – non aveva voluto fare”.