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Energia

Capacity Market, il decreto è ancora in attesa di firma

Il decreto attuativo del Capacity Market è ancora in attesa di essere firmato nonostante il parere positivo espresso l’11 aprile scorso dall’Arera e il via libera della Commissione europea allo schema italiano del meccanismo di capacità è arrivato invece il 7 febbraio 2018

Le pause di riflessione possono costare caro. Quando poi di mezzo c’è il rischio concreto di gettare l’Italia in una crisi energetica senza precedenti, che vedrebbe il ritorno alla produzione di energia dal carbone, il combustibile fossile più inquinante in assoluto, il prezzo da pagare potrebbe essere davvero alto. È il caso dello stallo che si è creato al Ministero dello Sviluppo economico sul decreto attuativo del Capacity Market, che è ancora in attesa di essere firmato nonostante il parere positivo espresso l’11 aprile scorso dall’Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente. Il via libera della Commissione europea allo schema italiano del meccanismo di capacità è arrivato invece il 7 febbraio 2018, per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e di sicurezza degli approvvigionamenti del Paese, in linea con gli standard Ue. Se il Mise dovesse continuare a prendere tempo sull’approvazione del provvedimento, i primi a farne le spese sarebbero i consumatori italiani. L’Italia, infatti, è storicamente un grande importatore di energia. L’accesso ai mercati internazionali, da questo punto di vista, ha sempre rappresentato un elemento indispensabile per lo sviluppo economico del Paese.

La dipendenza dall’estero, però, comporta due rischi: il primo è l’aumento dei prezzi, il secondo è una possibile interruzione dei flussi di approvvigionamento con conseguenze immediate sulla sicurezza del sistema elettrico nel suo complesso, ma anche sulla stabilità sociale. Data la diffusa dipendenza dalle tecnologie informatiche, infatti, un razionamento o un’interruzione dell’energia elettrica avrebbero risvolti molto gravi su quasi tutte le attività.

Il Capacity Market, dunque, è il tassello mancante per l’avvio del processo di decarbonizzazione, necessario alla fase di transizione energetica in corso. Per superare definitivamente la generazione elettrica da carbone, con sviluppo di fonti rinnovabili e chiusura degli impianti termoelettrici, e allo stesso tempo garantire un margine di riserva adeguato, è necessario creare le condizioni affinché venga costruita una nuova capacità di generazione efficiente, flessibile e sostenibile, preferibilmente a gas. In caso contrario, il margine di riserva arriverebbe a livelli non sostenibili, anche a fronte di un rilevante sviluppo di fonti rinnovabili (non adeguate a garantire la copertura del picco di domanda in modo programmabile). Inoltre, senza un meccanismo che dia segnali di prezzo a lungo termine – come era nel disegno originario del Capacity Market approvato dalla Commissione europea – è improbabile che si realizzino investimenti per costruire i nuovi impianti a gas nella dimensione necessaria. Il mancato avvio del Capacity Market, dunque, renderebbe di fatto impossibile la chiusura delle centrali a carbone e produrrebbe l’effetto perverso di garantire il mantenimento in esercizio della capacità di generazione più vetusta al mondo, contrariamente agli obiettivi di decarbonizzazione Ue.

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