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Concessioni Idroelettriche

Cosa sta succedendo con le concessioni idroelettriche?

Sul tema delle concessioni idroelettriche c’è un po’ di apprensione in quanto potrebbe scattare il sistema previsto dalla legge del 2018 secondo cui, una volta scadute, la proprietà degli asset deve andare alle Regioni e non più allo Stato

Tra le questioni energetiche più prioritarie nell’agenda del governo c’è indubbiamente quella delle concessioni idroelettriche. La maggioranza punta ad aiutare le regioni che, in base alla legge sulla concorrenza, devono indire le gare per riassegnare le concessioni. In realtà avrebbero dovuto farlo entro il 2023. Al decreto Milleproroghe è stato presentato e segnalato un emendamento per dare ulteriori 12 mesi di tempo per completare le procedure per lo svolgimento delle competizioni.

IL RITIRO DEGLI EMENDAMENTI DA PARTE DEL GOVERNO

Lo scorso 16 gennaio, il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, spiegava che “gli emendamenti al decreto energia all’esame delle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera per la proroga delle concessioni idroelettriche non potranno essere sostenuti dal Governo perché contrastano con gli impegni assunti nel Pnrr e mettono a rischio l’erogazione della quinta rata”. Per Fitto mettere in discussione la messa a gara delle concessioni rischia di bloccare o ridurre l’erogazione e l’importo della quinta rata, che vale oltre 10 miliardi di euro.

Fratelli d’Italia aveva presentato un emendamento che assegna alle Regioni la facoltà, “pur salvaguardando le condizioni economiche di mercato”, di riassegnare direttamente al concessionario scaduto o uscente le concessioni in essere in alternativa ai tre binari già previsti dal decreto 79 del 1999 (assegnazione dei titoli a singoli operatori o a società a capitale misto pubblico privato mediante gara o attraverso il ricorso a forme di partenariato).

Gli emendamenti puntavano a reintrodurre una doppia strada per le concessioni: parallelamente all’iter per le gare, si introduceva la possibilità di riassegnare all’operatore uscente la concessione a fronte di un impegno per nuovi investimenti. Il responsabile energia di FdI, Riccardo Zucconi, segnalava che “c’è comunque da mettere in sicurezza le concessioni già scadute alla fine del 2023”, circa una quarantina su oltre 4.400. Zucconi non esclude di “rinegoziare con Bruxelles, visto che in nessun Paese europeo viene imposta la messa a gara in termini così stringenti”.

L’ALLARME SULLE CONCESSIONI IDROELETTRICHE

Sul tema delle concessioni idroelettriche c’è un po’ di apprensione in quanto esiste la possibilità che scatti il sistema previsto dalla legge del 2018 secondo cui, una volta scadute le concessioni idroelettriche, la proprietà degli asset deve andare alle regioni e non più allo Stato, come previsto da un regio decreto del 1933. La legge però prevedeva che, se le gare non fossero state indette entro la fine del 2023, sarebbe stato lo Stato, mediante i suoi poteri sostitutivi, ad avviare le procedure competitive.

I DATI SULLE CONCESSIONI IDROELETTRICHE

In Italia, su circa 21 GW di generazione idroelettrica, circa un quinto riguarda impianti con concessioni scadute. Alcune di queste concessioni sono terminate dal 2010, altre nel 2022, nel 2023… Una quota rilevante – che include le concessioni degli impianti della Valle d’Aosta e le concessioni di Enel – scadranno nel 2029. Gli asset delle concessioni scadute, come dighe, gallerie, canali (le cosiddette “opere bagnate”) sono passati alle regioni. La normativa prevede che le concessioni scadute restino provvisoriamente all’operatore precedente, che dovrà garantirne manutenzione e finanziamento. Inevitabile, quindi, che questa situazione abbia bloccato da tempo tutti gli investimenti che non riguardano solo la manutenzione o la sicurezza.

LA NORMATIVA E LE INIZIATIVE DELLE REGIONI

La legge del 2018 ha introdotto la restituzione degli asset alle regioni e individuato 3 modalità per indire le gare – modello di partnership pubblico-privata con project financing, gara tout court o società mista -, e gli enti locali hanno iniziato a muoversi, ma ognuno con iter e regole proprie.

La Lombardia ha varato una legge e approvato un regolamento e, lo scorso dicembre, ha deliberato l’avvio di due procedure di gara per riassegnare 3 ex concessioni, due di Edison (Sondrio e Como) e una di A2A in Valcamonica. Ora si attendono i bandi di gara. In Lombardia si produce il 25% dell’energia idroelettrica italiana, attraverso 73 concessioni, di cui circa 20 scadute.

IL VINCOLO DEL PNRR SULLE CONCESSIONI IDROELETTRICHE

La Regione Lombardia aveva sostenuto la strategia che portò il governo Draghi ad approvare la legge sulla concorrenza e a prevedere la riassegnazione delle concessioni tra le pietre miliari del PNRR. Quest’ultimo vincolo, però, oggi impedisce la possibilità di introdurre una quarta opzione rispetto a quelle individuate dalla legge del 2018, ossia la possibilità delle Regioni di negoziare con i concessionari uscenti i termini per riassegnare la concessione, a fronte di nuovi impegni per investimenti volti anche a potenziare i bacini per la raccolta dell’acqua e a fronteggiare l’emergenza idrica. Questa nuova possibilità, proprio in quanto andrebbe a modificare il PNRR, dev’essere prima negoziata con l’Unione europea. Il governo però per ora non sembra intenzionato ad andare avanti su questa strada.

IL RISCHIO DI CONTENZIOSI

In Piemonte IREN ha avanzato una proposta di project financing su un pacchetto di concessioni da circa 300 MW di potenza. Il progetto è stato esaminato e poi pubblicato, affinché altri potessero visionarlo e avanzare proposte migliorative. Al soggetto proponente verrà offerta una sorta di prelazione, cioè la possibilità di rilanciare e migliorare la controproposta. Un operatore del Trentino-Alto Adige, però, ha presentato un ricorso, bloccando tutta la procedura. Se il Friuli-Venezia Giulia ha scelto la via delle società mista, l’Alto Adige quella delle riassegnazioni a fronte di investimenti.

Il timore di nuovi contenziosi rischia però di portare lungaggini giudiziarie alle riassegnazioni, fermando gli investimenti. Guardando a cos’è successo negli ultimi 20 anni, la Lombardia ha circa 100 milioni di euro di contenziosi con i concessionari idroelettrici, a causa di revisioni dei canoni al rialzo non accettate dagli operatori e quote di elettricità gratuita che, secondo quanto prevede la legge del 2018, avrebbe dovuto essere ceduta alle Regioni.

LA QUESTIONE DELLA VALUTAZIONE

Le attuali norme non chiariscono poi come valutare gli asset diversi dalle opere bagnate per cui il concessionario chiede un riscatto, con il rischio di un danno economico rilevante. Le gare richiederanno tempo, per non parlare dei ricorsi che sicuramente arriveranno… insomma, per riassegnare le concessioni passeranno sicuramente alcuni anni.

“La considerazione di queste complessità – ha spiegato l’assessore agli enti locali della Lombardia, Massimo Sertori, intervistato dal Sole 24 Ore -, insieme alla necessità di accelerare lo sviluppo di fonti rinnovabili e di fronteggiare l’emergenza idrica, ci hanno portato a riflettere sulla necessità di introdurre, oltre alle 3 casistiche previste dalla legge del 2018, anche una quarta possibilità: chiedere al concessionario uscente la disponibilità ad aderire a richieste dell’amministrazione nel fare nuovi investimenti a proporre idonee compensazioni. L’obiettivo è riassegnare le concessioni all’uscente con nuove clausole contrattuali e ottenendo per i territori ritorni economici e compensazioni territoriali ed ambientali comparabili a quelli che si sarebbero ottenuti in condizioni di mercato. Se nel confronto con il concessionario la regione non trova una sintesi accettabile, allora si procede con l’assegnazione attraverso le altre tre tipologie già ora previste. Se la trattativa va a buon fine, questo percorso eviterà i contenziosi tra amministrazione ed ex concessionari e determinerà delle valutazioni economiche convenienti per l’amministrazione, oltre a permettere importanti investimenti in tempi molto più rapidi”.

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