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La crisi climatica preoccupa gli italiani. Il report Deloitte

Quasi 7 italiani su 10 temono di essere testimoni della “più grande crisi climatica ed ecologica della storia”. Ecco cosa dicono i dati del report Deloitte

Per più di un italiano su tre (36%) il cambiamento climatico rappresenta una delle più importanti minacce da affrontare nell’immediato. Questa, è solo una delle numerose evidenze che emergono dalla ricerca  “Il Cittadino consapevole: Comportamenti sostenibili per guidare strategie innovative a sostegno di una rapida transizione ecologica”, il primo report del nuovo Osservatorio Deloitte sui trend di sostenibilità e d’innovazione.

IL REPORT DELOITTE: I DATI

Il primo report del nuovo Osservatorio Deloitte, “Il Cittadino consapevole: Comportamenti sostenibili per guidare strategie innovative a sostegno di una rapida transizione ecologica” evidenzia che Tra i principali timori per il futuro, il cambiamento climatico è percepito come imminente dal 36% degli intervistati, con punte del 45% tra la GenZ e del 40% tra i Baby Boomers, preoccupati di lasciare un pianeta in declino alle future generazioni. Reduci dal caldo record dell’estate 2022, quasi 7 italiani su 10 temono di essere testimoni della “più grande crisi climatica ed ecologica della storia”. Inoltre, i cittadini concordano sulle cause alla base del riscaldamento globale, imputabili in ultima analisi alla società contemporanea e ai suoi modelli di sviluppo non sostenibili, come indicato dall’83% del campione indagato.

LE AZIONI EFFICACI CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Dal report Deloitte emerge che oltre 2 rispondenti su 3 dichiarano di aver cambiato abitudini in un’ottica sostenibile già prima della pandemia. A questi si affianca un ulteriore 23%, principalmente giovani (38% GenZ e 28% Millennials), che sta riflettendo su come rendere più ecosostenibile il proprio stile di vita. Ma, nel concreto, cosa significa davvero “stile di vita più sostenibile”? Riciclare, rigenerare e ridurre al minimo i rifiuti e gli sprechi sono elementi imprescindibili secondo oltre 7 cittadini su 10. Importanti anche “prodotti biologici e filiere certificate, economia circolare e brand ecosostenibili”, che sono principi chiave che ispirano i nuovi modelli di consumo “green” per il 40%.

La transizione verso nuove abitudini più sostenibili presenta anche alcune criticità. Il prezzo (51%) è il primo elemento critico, che ne riduce il mercato potenziale. Un altro ostacolo rilevato dai consumatori è la difficoltà di reperire prodotti o servizi “green” (38%), seguito dalla difficoltà di trovare informazioni certificate e affidabili sulla sostenibilità (36%), per cui è richiesto un maggiore supporto da parte delle istituzioni e delle aziende. “Ecco perché l’innovazione è la chiave: può accelerare la transizione ecologica e anche trovare soluzioni produttive maggiormente efficienti, che possono anche contribuire all’abbassamento dei prezzi di prodotti e servizi green”, commenta in merito, in una nota, Andrea Poggi, Innovation Leader di Deloitte North and South Europe.

LA SOSTENIBILITA’ DEI MARCHI E I CONSUMI SOSTENIBILI

Secondo gli italiani, quando si considera la sostenibilità ambientale di un brand, i consumatori, coerentemente con i nuovi stil idi vita, guardano soprattutto ad aspetti sostanziali quali la produzione o erogazione del bene o servizio, soprattutto in ottica di economia circolare. Parlando dei prodotti, ci si concentra soprattutto sul tipo di materiali impiegati, che deve essere quanto più rinnovabile (36%), naturale (34%) e riciclabile (31%) possibile, ma anche alla minimizzazione dell’impatto ambientale lungo tutto la catena del valore (31%). Il tema della durabilità del bene, invece, sebbene centrale per la sostenibilità, non è considerato dai consumatori come un aspetto prioritario, specialmente tra i Baby Boomer, che si dimostrano ancora influenzati dalla “cultura del consumo”: solo il 23% di loro, infatti, dichiara che la durabilità è tra le tre caratteristiche più rilevanti.

Un’altra evidenza che emerge dall’Osservatorio è legata alle emozioni che l’acquisto di un prodotto o un servizio sostenibile genera. Chi pratica la sostenibilità, infatti, non solo desidera ristabilire un rapporto positivo con la natura (58%), ma vuole anche percepire maggiori benefici in termini di salute e benessere (49%) e di autostima (48%). E così la sostenibilità è ormai una discriminante di prim’ordine per i consumi legati alla mobilità (55%: altri mezzi di trasporto; 51%: veicoli personali), all’immobiliare (57%) e ai generi alimentari (51%). Invece, nel consumo di software (24%), di servizi d’intrattenimento (23%) e di prodotti finanziari (19%) le scelte d’acquisto sono ancora guidate da considerazioni più tradizionali.

CANALI DI INFORMAZIONE E GREENWASHING

Il report Deloitte evidenzia che oltre 4 intervistati su 10 indicano le etichette quali fonti privilegiate di informazione. Oltre le etichette, i canali di comunicazione tradizionali (stampa e TV) sono il riferimento per oltre un cittadino su tre (36%) seguito dai canali ufficiali dell’azienda (26%). La Gen Z, invece, dimostra un maggiore interesse e utilizzo di canali informativi più moderni, affidandosi spesso a social media e influencer (21%). Infine, un vecchio metodo ancora diffuso è il classico passaparola tra conoscenti (20%), potenziato dalla crescente pervasività delle tecnologie digitali e dal livello di connessione sempre più stretto delle persone.

I consumatori, inoltre, sono molto attenti al tema del greenwashing: il 65% ritiene che tali pratiche siano spesso utilizzate dalle aziende e solo il 44% dichiara di fidarsi di quanto comunicato dalle aziende. In particolare, il 75% ha già sperimentato nella propria quotidianità almeno un caso di ambientalismo di facciata. Stando al percepito dei cittadini, il settore in cui è più frequente riscontrare casi di greenwashing è quello alimentare, sono altresì impattati il comparto del “tessile, moda e accessori”, quello della cura della persona, quello energetico e quello agricolo. Infine, il 18% dei cittadini ritiene che l’ambientalismo di facciata impatti negativamente sulla propensione ad acquistare prodotti green in generale, limitando e rallentando la transizione verso stili di vita più vicini sostenibili.

TRANSIZIONE ECOLOGICA: IL RUOLO DELLO STATO

Dallo studio condotto dall’Osservatorio Deloitte, per 2 cittadini su 3 lo Stato rappresenta “il naturale attore”, avente le competenze e gli strumenti per orchestrare la transizione ecologica italiana. Questo, secondo i cittadini, è chiamato ad agire secondo due traiettorie fondamentali: farsi carico dei costi della transizione ecologica (73%) e rimuovere i principali ostacoli amministrativi e normativi (42%) in modo da incentivare cittadini e aziende nell’adozione di comportamenti e modelli economici sempre più sostenibili. Lo Stato è quindi il principale soggetto che deve guidare la transizione verde, seguito dalle aziende (31%) a cui il 75% degli intervistati chiede di sacrificare parte della propria performance per mantenere prezzi in linea con il mercato.

COSA DICONO GLI ESPERTI

«La transizione ecologica è ormai un imperativo sentito dai cittadini, tanto che ben 7 italiani su 10 ritengono temono di essere testimoni della “più grande crisi climatica ed ecologica della storia”. La nostra convinzione è che l’innovazione possa plasmare il nostro rapporto con la sostenibilità, consentendo uno stile di vita più sano e più verde per tutti. Imprese e istituzioni sono chiamate a sostenere questo cambiamento, collaborando per riconfigurare l’attuale paradigma industriale, con la finalità di creare nuove opportunità per costruire un futuro più rispettoso di tutto e di tutti – e anche più sano – in cui le esigenze dell’umanità e dell’ambiente potranno finalmente prosperare insieme. È con questo obiettivo che abbiamo lanciato un nuovo Osservatorio volto a monitorare il sentiment e le opinioni dei cittadini sul tema della sostenibilità e dell’innovazione, per offrire concreti stimoli e indicazioni», afferma Andrea Poggi, Innovation Leader di Deloitte North and South Europe.

«L’innovazione è dunque il vero abilitatore della sostenibilità. Questa profonda presa di coscienza da parte di cittadini e imprese rappresenta l’elemento fondamentale emerso dalla nostra analisi. In questo quadro, il Next Generation EU può essere un acceleratore fondamentale grazie al coordinamento esercitato a più livelli sia sul fronte europeo che su quello nazionale. È però importante che le aziende lavorino su un processo di R&S più agile e avanzato, che faccia anche leva sul paradigma dell’Open Innovation, della collaborazione e del trasferimento tecnologico per soddisfare velocemente le nuove esigenze di sostenibilità espresse dalla domanda», spiega Andrea Poggi commentando i dati della ricerca.

«Alla luce dell’attuale contesto economico e ambientale, i consumatori sono sempre più portati ad adeguare i propri stili di vita e modelli di consumo ai nuovi principi dell’ecosostenibilità, avvalendosi anche di soluzioni innovative. Le aziende, per tenere il passo con la nuova domanda da un lato e i nuovi i standard legislativi nazionali ed internazionali dall’altro, devono trasformare, quanto più velocemente ed efficacemente possibile, i propri modelli operativi e di business, ponendo al centro innovazione e sostenibilità. Non da meno deve essere il ruolo giocato dalle istituzioni, che tramite i giusti incentivi, bandi e provvedimenti, devono favorire la creazione di un contesto che sia quanto più ricettivo della sostenibilità e dell’innovazione sostenibile, a beneficio non solo del tessuto imprenditoriale nazionale, ma dell’intera collettività, oggi e domani. In particolare, l’intervento dovrà essere rivolto allo sviluppo e all’implementazione di politiche innovative, coerenti con gli impegni presi con le istituzioni sovranazionali ma che considerino le specificità e le contingenze dell’Italia», aggiunge – in una nota – Franco Amelio, Sustainability Leader di Deloitte Italia.

 

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