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Auto e CO2 inguaiano Decaro, in sei per ex Ilva, Regina (Confindustria): “Energy Release fondamentale”. Che c’è sui giornali?

Le auto e la riduzione delle emissioni complicano il lavoro della presidenza Decaro nella Commissione Ambiente Ue, sei candidati in corsa per ex Ilva, Confindustria applaude all’Energy Release. La rassegna stampa Energia

La presidenza di Antonio Decaro si trova subito a dover affrontare questioni spinose che potrebbero inasprire i rapporti con l’Ue: stop a auto endotermiche dal 2035, prodotti da deforestazione e raccomandazioni per la riduzione netta delle emissioni di gas a effetto serra del 90% al 2040. L’acquisto dell’ex Ilva è ormai una corsa a sei: Marcegaglia, Vulcan Green Steel e Steel Mont (India), Metinvest (Ucraina), Stelco Holdings (Canada) e Sideralba. Confindustria accoglie con favore l’Energy Release e rinnova l’appello a coniugare decarbonizzazione e competitività. “È un provvedimento fondamentale per il sistema produttivo italiano ed è un tassello importante nel percorso di decarbonizzazione”, ha detto Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’Energia a Il Sole 24 Ore.

ENERGIA, RISCHIO FRIZIONI TRA DECARO (COMMISSIONE AMBIENTE) E UE

“Sul tavolo della commissione Ambiente potrebbero arrivare a breve diverse questioni spinose in cui non solo la Commissione faticherà a trovare una posizione comune, ma anche lo stesso Pd. Il presidente dei popolari, Manfred Weber, infatti, ha già riaperto la partita sull’eliminazione graduale dei veicoli a combustibili fossili, e una modifica allo stop totale per la produzione di motori a benzina nel 2035, deciso nella scorsa legislatura, potrebbe presto tornare sui tavoli del Parlamento europeo. Il Pd, intanto, ha blindato la commissione guidata da Decaro inserendo anche le eurodeputate Alessandra Moretti e Annalisa Corrado. L’eurodeputata veneta, a cui inizialmente sembrava dovesse andare la presidenza di commissione, è una delle più attive sul tema ambiente nella corrente della minoranza Pd, mentre Corrado è una delle fautrici della linea iper-ambientalista voluta da Elly Schlein. La delegazione dem è infatti attraversata da un solco che divide, da una parte, una componente più dialogante con l’industria e, dall’altra, una più intransigente sui temi ambientali. Spaccatura che già durante la scorsa legislatura non ha mancato di farsi sentire, come accadde sui pesticidi e sulla questione delle nuove tecniche genomiche (…) Altri temi che potrebbero presto atterrare sulla scrivania di Decaro sono la direttiva sui prodotti da deforestazione e le raccomandazioni per una riduzione netta delle emissioni di gas a effetto serra del 90 per cento entro il 2040, da concertare con le industrie e le loro potenti lobby a Bruxelles”, si legge su Il Foglio.

“Sulla permanenza di Decaro alla guida della commissione Ambiente pesa infine il dubbio che l’ex sindaco stia già pensando di tornare in Puglia alla prossima tornata elettorale, prevista tra circa due anni, per la guida della sua regione. Indiscrezione che il pugliese smentisce regolarmente nei corridoi dell’Eurocamera, sottolineando che al momento “è concentrato solo sul suo lavoro aBruxelles”. Mala suggestione di un ritorno prematuro di Decaro in Italia potrebbe anche essere tra le ragioni che hanno spinto Schlein a cedere alle sue pressioni per la presidenza di commissione, allungando così il più possibile il soggiorno brussellese di chi oggi è dato come uno dei principali contendenti alla segreteria del Pd.”, continua il giornale.

EX ILVA, SEI CANDIDATI IN CORSA

“Sono sei, per ora, i soggetti industriali interessati all’ex Ilva di Taranto. L’acciaieria più grande d’Europa attrae ancora, nonostante tutto. Vulcan Green Steel e Steel Mont (India), Metinvest (Ucraina), Stelco Holdings (Canada), Sideralba e Marcegaglia (Italia) sarebbero interessati all’acquisto del gruppo siderurgico ora in amministrazione controllata che il governo metterà in vendita con un bando in arrivo entro 10 giorni. Alcuni degli investitori — cui potrebbe aggiungersi anche l’italiana Arvedi — hanno visitato gli stabilimenti e avuto incontri con il ministro delle Imprese Adolfo Urso. Il tempo stringe e il governo vorrebbe chiudere entro la fine del 2024 la vendita che dovrebbe includere sia la proprietà degli impianti sia la gestione degli asset. La soluzione ideale sarebbe un unico acquirente piuttosto che lo «spezzatino» degli impianti. E l’ucraina Metinvest potrebbe essere avvantaggiata essendo già fornitrice di materie prime all’ex Ilva e compenserebbe così la perdita dello stabilimento Azovstal di Mariupol. Ma è già in trattativa per il rilancio del polo siderurgico di Piombino insieme con l’italiana Danieli. Nei giorni scorsi i canadesi di Stelco sono stati visti negli stabilimenti di Taranto, mentre le italiane Marcegaglia e Sideralba sarebbero interessate soprattutto ai siti del Nord,(…) Insoddisfatti Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm, che al governo chiedono garanzie sul mantenimento dei posti di lavoro alla fine della cassa e un confronto preventivo anche sul bando di gara. Oggi saranno al ministero del Lavoro per l’accordo finale sulla cig. Ma la firma è tutt’altro che scontata,” si legge su Il Corriere della Sera.

ENERGIA, REGINA (CONFINDUSTRIA): “ENERGY RELEASE FONDAMENTALE, DECARBONIZZAZIONE CON COMPETITIVITÀ”

“Un risultato, fortemente voluto da Confindustria, è stato ottenuto: il via libera del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica al decreto Energy Release. « È un provvedimento fondamentale per il sistema produttivo italiano ed è un tassello importante nel percorso di decarbonizzazione. Lo attendevano da tempo le imprese energivore ed è frutto di un lavoro sinergico con il ministero dell’Ambiente e con il Gse». Così Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’Energia, commenta l’approvazione del decreto legge. È un primo passo che va nella giusta direzione ma ora è necessario e urgente lavorare ad altri interventi per affrontare la complessa questione energetica, sia in Italia che in Europa. «Occorre un mercato unico europeo dell’energia, con un prezzo unico per le imprese per evitare che gli Stati membri siano in concorrenza tra loro. Perché la competizione, secondo Regina, non è, né deve essere, tra i confini dell’Europa, ma verso le altre potenze economiche, a partire da Usa e Cina». (…) bisogna aumentare le rinnovabili, consentire i grandi investimenti sull’idroelettrico, lavorare per la decarbonizzazione del gas e sul nucleare valutando le centrali di ultima generazione, piccoli reattori che sarebbero molto funzionali alla nostra realtà dei distretti. Peraltro, abbiamo una filiera di grande valore in questo campo, che oggi lavora all’estero, e spesso per i nostri diretti competitor». Tuttavia, questo progetto si fonda su una premessa fondamentale, che riguarda le politiche europee: «va garantita la neutralità tecnologica per raggiungere i traguardi fissati. Altrimenti – dice Regina – l’Italia e l’Europa non saranno più competitive, con il rischio concreto di perdere pezzi di industria, e quindi meno lavoro e benessere diffuso». (…) L’industria italiana è convinta che sia necessario perseguire obiettivi ambiziosi in campo ambientale. Ma è importante farlo nei tempi e nei modi corretti. Peraltro, per le imprese la decarbonizzazione rappresenta un’opportunità e, allo stesso tempo, un processo virtuoso per sviluppare nuove filiere produttive legate alla transizione energetica. E alcuni dati Istat lo mostrano con chiarezza: il 65% delle imprese punta ad aumentare la tutela ambientale, il 44,2% ad utilizzare le rinnovabili, il 30% a migliorare la propria efficienza energetica. La nostra industria quindi ha sul tema ambientale una sensibilità molto forte e siamo ben posizionati anche in termini di produttività energetica: la nostra è a 111 euro, contro i 106 della Germania, 103 della Francia, 93 della Spagna e 93 della media europea. Quindi, a parità di energia, produciamo più valore e questo significa che la utilizziamo nel modo più efficiente”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“È un obiettivo veramente molto sfidante, forse troppo, e bisogna capire come si concretizzerà senza perdere capacità competitiva e poi c’è il tema delle risorse. Sicuramente ne serviranno tante e sia le imprese che gli Stati membri non possono essere lasciati soli. Le politiche energetiche dovrebbero basarsi su tre pilastri: la competitività, e quindi la necessità di un mercato unico europeo e di un unico prezzo dell’energia; la sicurezza, che significa certezza degli approvvigionamenti; la decarbonizzazione, che va realizzata attraverso dotazioni tecnologiche che solo l’industria può garantire. Vanno tenuti insieme questi elementi, agendo in modo coerente e coordinato sia in Italia che in Europa altrimenti, come le accennavo prima, si creano squilibri di competitività tra i singoli Stati Un esempio: in Italia il prezzo dell’energia elettrica a giugno è stato del 42% in più rispetto alla Germania, 84% rispetto alla Francia e 174% rispetto alla Spagna. (…) Le aziende hanno la possibilità di richiedere per 3 anni una anticipazione del 50% dell’energia elettrica che verrà generata a seguito dei loro investimenti. Basti pensare che il comparto energivoro in Italia consuma circa 65 TWh l’anno e questa misura potrebbe fornirgli circa 20 TWh di energia a prezzi competitivi. (…) È una misura fondamentale, dal momento che molte imprese utilizzano il gas. A regime, dovrebbe rappresentare una percentuale di circa il 30% dei volumi complessivamente consumati dalle imprese gasivore. In questa fase di transizione sono importanti tutte le tecnologie, da quelle rinnovabili a quelle tradizionali. Il Piano nazionale per l’Energia e il Clima è sfidante, prevede addirittura di superare l’obiettivo del FitFor55 arrivando a -66% rispetto ai livelli del 2005 a fronte di un obiettivo Ue del -62 per cento. (…) È urgente una revisione del sistema ETS, che da incentivo si è trasformato in una tassa. Inoltre ci sono disparità tra paesi su come vengono redistribuite le risorse di compensazione: in Germania vengono restituiti alle imprese 3 miliardi, da noi 140 milioni, 300 nel prossimo anno. Occorre una gestione europea dei proventi delle aste dei certificati della CO2 per compensare le imprese. Inoltre va rivista la direttiva Cibam (Carbon Border Adjustment Mechanism): il meccanismo di valorizzazione della CO2 alle frontiere dell’Ue, che per come congegnato rende più conveniente importare prodotti extra-Ue che produrre in Europa. Sono solo alcuni esempi delle problematiche che hanno caratterizzato la precedente legislatura europea e che andrebbero superate favorendo gli investimenti delle imprese nel rispetto della neutralità tecnologica e garantendo un level playing field nel mercato unico. Ci aspettiamo che il nuovo corso istituzionale europeo agisca in questa direzione. (…) è necessario un fondo europeo? Certo, occorrono fondi comuni e un sistema di regole snello e di facile applicazione. In questo modo potremmo centrare un duplice obiettivo: quello climatico e quello industriale. Siamo convinti che sia possibile coniugare lo sviluppo produttivo con le politiche a tutela dell’ambiente, che non solo non sono in contrasto tra loro ma anzi, sono assolutamente complementari e funzionali a rafforzare la competitività dell’Europa”, si legge su Il Sole 24 Ore.

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