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nave rigassificatore Ravenna

Ecco come procedono i lavori sul rigassificatore di Ravenna e Piombino

La nave rigassificatrice di Ravenna sarà posizionata al largo di Punta Marina e dovrebbe essere operativa a partire dal 2025. Il rigassificatore di Piombino finora ha lavorato “senza intralci”, ma la nave lascerà il porto entro il luglio 2026, come previsto dal decreto firmato dal commissario straordinario, Eugenio Giani

A Ravenna proseguono i lavori per la realizzazione del rigassificatore, sia nei cantieri a terra che in mare. Ad oggi è stato completato circa il 70% delle opere a terra e il 30% di quelle a mare. Si sta inoltre procedendo allo smantellamento della piattaforma Petra, in vista dei lavori necessari a predisporre la nuova piattaforma. I lavori per la diga inizieranno invece a giugno, e nelle stesse settimane verrà posata la condotta sottomarina. Intanto, la società di ingegneria del sottosuolo ICOP ha completato i lavori infrastrutturali per la realizzazione, per conto di Snam e Saipem, dei 1.300 metri di microtunnel che collegheranno il metanodotto offshore e quello onshore alla rete nazionale.

RIGASSIFICATORE RAVENNA: LA NAVE BW SINGAPORE

Il fulcro del rigassificatore sarà la nave FRSU BW Singapore: acquistata da Snam per circa 367 milioni di euro, può operare sia come nave metaniera per il trasporto del GNL sia come FSRU. Arriverà nel porto di Ravenna l’autunno prossimo. La BW Singapore ha una capacità di stoccaggio di 170.000 metri cubi di GNL e una capacità di rigassificazione di circa 5 miliardi di metri cubi all’anno.

Verrà posizionata al largo, a circa 8 km di distanza da Punta Marina, e dovrebbe essere operativa a partire dal 2025. L’investimento economico è di circa 1 miliardo di euro, a cui vanno aggiunti i 25 milioni di euro che Snam fornirà alla città di Ravenna attraverso compensazioni e mitigazioni. Nel frattempo, attraverso la joint-venture “Ravenna CCS” tra Eni e Snam, proseguono i lavori per la cattura e stoccaggio della CO2 nei giacimenti di metano dismessi.

RAVENNA HUB DEL MEDITERRANEO PER LO STOCCAGGIO DELLA CO2

Ravenna è destinata così a diventare un hub del Mediterraneo per lo stoccaggio della CO2, con una capacità totale che oggi viene stimata in oltre 500 milioni di tonnellate. L’avvio della Fase 1 del progetto Ravenna CCS è previsto entro quest’anno: nel giacimento esausto di Porto Corsini mare ovest, a largo di Ravenna, verranno iniettate e immagazzinate fino a 25.000 tonnellate all’anno di CO2.

L’anidride carbonica sarà catturata dalla centrale a gas Eni di Casal Borsetti. La successiva fase industriale sarà avviata nel 2027 e permetterà di catturare e stoccare la CO2 anche alle industrie energivore interessate. Si stima che il progetto Ravenna CCS entro il 2030 raggiungerà una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate e, grazie ad ulteriori espansioni e alle richieste che proverranno dal mercato, i volumi potranno arrivare ad oltre 16 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.

IL RIGASSIFICATORE DI PIOMBINO

C’è poi il secondo rigassificatore in costruzione, quello nel porto di Piombino. Secondo Snam – che lo scorso anno ha acquistato e portato in Italia la nave rigassificatrice Golar Tundra – la FSRU, durante la sua permanenza a Piombino (cioè a 9 mesi dall’attivazione del terminal gas, ndr) non ha creato problemi. Ciononostante, la nave lascerà il porto entro il luglio 2026, come previsto dal decreto firmato dal commissario straordinario, Eugenio Giani. “Su questo fronte – ha spiegato Giani – non ci sono novità: ci atteniamo al piano. Stiamo portando avanti l’iter autorizzativo per la nuova destinazione di Vado Ligure e stiamo lavorando alla progettazione”.

ELIO RUGGERI: “PRIMI MESI DI RIGASSIFICAZIONE SENZA INTRALCI”

L’amministratore delegato di Snam FSRU, Italia Elio Ruggeri, ha dichiarato che la presenza della nave a Piombino non ha avuto ripercussioni e che i primi mesi di rigassificazione “si sono svolti senza intralci”. Ruggeri ha aggiunto che la società non ha ricevuto segnalazioni sul fonte della sicurezza e dell’ambiente, su cui “spendiamo circa 5-6 milioni per le sole attività di monitoraggio delle colonne d’acqua, ai sedimenti e alle emissioni in atmosfera”.

Per quanto riguarda invece il ritorno economico per il territorio, Ruggeri lo ha quantificato in “20 milioni di euro in un anno, ed è legato ai costi per rimorchiatori, piloti, ormeggiati e per altri tipi di servizi”.

IL COMUNE DI PIOMBINO INTERROMPE IL RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO

Nel frattempo, due giorni fa (il 24 aprile) il Comune di Piombino ha comunicato di non aver presentato ricorso al Consiglio di Stato sulla vicenda del rigassificatore. Il sindaco, Francesco Ferrari, ha deciso di interrompere la battaglia legale avviata contro l’iter autorizzativo che ha portato la nave Golar Tundra nel porto della città toscana.

Il 23 gennaio scorso il Tar del Lazio avevo bocciato il ricorso presentato dal Comune di Piombino contro la decisione di installare il rigassificatore, e il 23 aprile sono scaduti i termini per l’eventuale ricorso al Consiglio di Stato. “Abbiamo ritenuto che le possibilità di successo di fronte al Consiglio di Stato fossero particolarmente basse, e anche le tempistiche hanno giocato un ruolo: la decisione del Consiglio di Stato probabilmente sarebbe arrivata al termine dei 3 anni di permanenza del rigassificatore nel nostro porto”, ha spiegato il sindaco Ferrari.

LE IMPORTAZIONI DI GAS DELL’ITALIA

Infine, per quanto concerne le importazioni di gas dell’Italia, tre giorni fa Francesco Sassi, Research Fellow – Energy Geopolitics & Markets del RIE di Bologna, scriveva su X che “l’Italia importa ancora molto gas russo. Nonostante gli annunci politici e le richieste dell’Unione europea di azzerare i flussi di gas dalla Russia, a marzo l’Italia ha importato quasi tre volte il gas che importava un anno fa. Questo transito di gas transita attraverso l’Ucraina”. Secondo l’Head of DataLab dell’ISPI Matteo Villa, però “non è tanto gas, anzi. Siamo sui 3-5 miliardi di metri cubi l’anno, l’85% in meno rispetto al quinquennio 2015-2019. L’obiettivo è minimizzare le entrate russe senza farsi più male del Cremlino. Lo si fa anche comprando gas russo in quantità sufficienti da ridurne il prezzo”.

Sassi ha poi ricordato che, “dopo il 2022 e la riduzione delle esportazioni di gas russo verso l’Europa, l’Italia è diventata sempre più dipendente dalle importazioni di gasdotti dall’Algeria e dall’Azerbaigian. Allo stesso tempo, le importazioni di GNL rappresentano un nuovo fattore di bilanciamento dell’offerta di gas del nostro Paese. Con le tensioni in corso nel Mar Rosso e nel Medio Oriente, le importazioni di GNL dall’area sono più lente e meno sicure. E l’Italia ha vissuto il terzo inverno caldo consecutivo”.

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