In una ricerca, Luca Lo Schiavo e Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni spiegano perché il confronto tra i prezzi sul libero mercato e quelli di maggior tutela può essere fuorviante. La differenza dipende, tra l’altro, da una componente tariffaria che compensa gli errori di stima sui costi futuri
Qual è il bilancio di un anno di piena liberalizzazione del mercato finale della vendita di energia elettrica e gas? Luca Lo Schiavo e Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni spiegano perché il confronto tra i prezzi sul libero mercato e quelli di maggior tutela può essere fuorviante. La differenza dipende, tra l’altro, da una componente tariffaria che compensa gli errori di stima sui costi futuri.
IL REGIME DI MAGGIOR TUTELA
Un anno fa, il 1° luglio 2024, è finita la maggior tutela per i clienti domestici non vulnerabili, ma la sua ombra continua a dominare le scelte dei consumatori di energia elettrica. È come se fosse finito il gioco, ma nessuno avesse cambiato le regole. Dopo l’illustrazione della Relazione annuale dell’Autorità di Regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), l’ultima del mandato del presidente Stefano Besseghini e degli altri componenti, molti hanno puntato il dito contro il fallimento della liberalizzazione.
Questo giudizio si basa principalmente sul dato – riportato da ARERA – secondo cui i prezzi dell’energia sul libero mercato sono mediamente superiori sia alla “maggior tutela”, cessata un anno fa, sia al servizio di vulnerabilità, che – con alcune modifiche – ne riproduce il funzionamento per i soli clienti vulnerabili1 che ne fanno richiesta.
Dopo tanti anni, e a un anno dalla sua rimozione dal mercato per la grandissima parte dei consumatori2 ancora quindi si fa riferimento a un prezzo residuale, costruito con un algoritmo che include perequazioni, recuperi e aggiustamenti temporali e che non può quindi riflettere i costi di mercato in modo sincrono, semplicemente perché è un prezzo amministrato che viene “corretto” ex-post.
Questo confronto è dunque fuorviante. Questo non significa che tutto vada bene: vi sono molti problemi nel funzionamento dei mercati finali della vendita di energia elettrica e gas, ed è in parte vero che le dinamiche competitive sono caratterizzate da “concorrenza attenuata, timida, per non usare altri aggettivi penalmente perseguibili”.3 È tuttavia fondamentale comprendere la natura di queste disfunzionalità, quali ne sono le cause, e quindi come risolverle. Prima di tutto, però, occorre comprendere in quale senso il paragone tra tutela e mercato libero è utile e in quale, invece, può essere ingannevole.
UNA TUTELA A DOPPIO TAGLIO
Un nome rassicurante, maggior tutela, e un effetto catastrofico sulla percezione dei consumatori. È questa che chiamiamo “l’ombra lunga della tutela”. Il meccanismo di maggior tutela, introdotto inizialmente per consentire un approccio morbido alla scelta del fornitore da parte delle famiglie e piccole imprese, non ha bloccato solo i comportamenti dei consumatori domestici e la strategia degli operatori, ma anche la narrazione pubblica. Ha creato un frame cognitivo dove: Mercato = caro e complicato; Tutela = giusto e semplice; Concorrenza = rischio.
I risultati si vedono nell’indagine demoscopica che proprio ARERA ha pubblicato all’inizio di quest’anno.
In sintesi:
– L’inerzia sta aumentando: il 78,7% dei domestici (+6,2% rispetto al 2023) non considera di cambiare fornitore nei prossimi mesi né per l’energia elettrica né per il gas;
– La propensione allo switching da parte di chi negli ultimi anni non ha cambiato fornitore sta diminuendo: se nel 2018 per convincere il 20% dei domestici “inerti” bastava uno sconto di circa il 30%, ora per raggiungere la stessa quota serve uno sconto (irrealizzabile nei fatti) di circa il 50% (2024: 48,3%, +4% sul 2023) (va detto però che la platea di coloro che non hanno cambiato fornitore si è ristretta nel corso del tempo);
– Sono evidenti le difficoltà informative: il 17,7% di clienti domestici che non ha effettuato cambi di fornitore negli ultimi anni ha “incertezza sui prezzi del mercato libero” e il 14,4% ritiene “difficile trovare informazioni chiare su altre offerte e operatori”; solo il 5% usa un comparatore di offerte;
– Il 51,1% di clienti domestici che non ha effettuato cambi di fornitore dice di essere “soddisfatto dell’attuale fornitore” come motivo per non cambiare (-6,5% rispetto al 2023).
IL PROBLEMA DELLA CONCORRENZA
Il problema è veramente la concorrenza, anche se le quote di mercato sono un po’ cambiate con il passaggio dei non vulnerabili dalla ex tutela in STG. Aspettando le prossime rilevazioni, possiamo leggere cosa dice il rapporto più recente, con riferimento al 2023: “L’indice HHI è superiore a 2.300 in entrambi i metodi di calcolo (energia e punti serviti, ndr), mantenendosi sopra la soglia di 2.000, considerata come rappresentativa di mercati caratterizzati da criticità a livello concorrenziale”.
Insomma, un mercato di fatto ancora oligopolistico, dove gli operatori non hanno mai dovuto competere davvero e si sono potuti quindi assicurare ampi margini senza la pressione vera della concorrenza. In un certo senso, quindi, il paradosso è che la maggior tutela ha impedito lo sviluppo della concorrenza invece di facilitarlo. Questa paralisi è stata rafforzata dalle pratiche di misselling, in particolare le telefonate aggressive e spesso truffaldine che tormentano gli italiani: sicché i consumatori finiscono spesso per rifugiarsi nel brand (pagando il relativo sovrapprezzo), come ha notato lo stesso Besseghini.
L’ombra lunga della maggiore tutela ha creato consumatori non adulti, che faticano a scegliere e non vogliono imparare a farlo perché “tanto c’è sempre stata la tutela”. Ora che la tutela è sparita (salvo che per i vulnerabili, o meglio per una parte minore di loro, visto che la maggioranza è sul mercato libero e non dà segni di tornare in tutela, pur potendolo fare), rimangono come orfani. Del resto, con toni istituzionali ovviamente più attenuati dei nostri, ritroviamo questo messaggio nella stessa relazione del presidente ARERA al Parlamento: «consolidato scetticismo dei clienti, spesso accompagnato da disinteresse e dal convincimento che pochi o nulli siano gli strumenti a disposizione per ottenere una fornitura a prezzi ritenuti corretti».
IL MERCATO ENERGETICO ITALIANO
È un mercato che vive in una strana terra di mezzo: non più protetto dalle certezze della vecchia tutela e tantomeno del monopolio dell’ente statale di un tempo, ma non ancora libero dai suoi condizionamenti. Un mercato che ha imparato a muoversi, ma non ancora a scegliere, e che troppo paternalismo potrebbe ingessare, invece che agevolare, i consumatori.
Questo percorso avrebbe dovuto essere seguito anni fa, evitando di mandare messaggi contrastanti e creare proprio quella confusione all’interno della quale si sono incistati molti truffatori. E non c’è dubbio che occorre vigilare maggiormente sulla solidità e sulla correttezza dei venditori, molti dei quali sono poco affidabili: proprio la proliferazione di centinaia di denominazioni societarie tutte simili e spesso “disinvolte” spinge i consumatori a rifugiarsi tra le braccia dei brand più consolidati, a loro stesso danno.
L’OMBRA DELLA MAGGIOR TUTELA
L’ombra della maggior tutela è ancora lunga. Non si cancella con un decreto, non si dissolve con una delibera. Vive nei comportamenti, nelle aspettative, nelle abitudini cognitive dei consumatori. È l’eredità di decenni in cui la scelta energetica non esisteva, sostituita dalla certezza di un prezzo amministrato.
Il mercato energetico italiano del 2025 è un esperimento sociale affascinante: cosa succede quando si dà la libertà di scegliere a chi non ha mai dovuto farlo? I dati suggeriscono che la libertà, da sola, non basta. Serve tempo, serve informazione, forse serve una generazione cresciuta già nel mercato libero.
Nel frattempo, il regolatore deve continuare il suo lavoro di precisione: migliorare gli strumenti, semplificare le regole, rendere più trasparenti le informazioni, mantenere alto lo sforzo di monitoraggio, rafforzare l’enforcement avviato proprio nel 2024, contrastare duramente gli abusi.
IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI
È un lavoro istituzionale complesso, che prova a colmare il gap tra il mercato teorico e quello reale. La vera domanda è se questo gap si colmerà da solo, con il tempo e l’esperienza, o se richiede interventi più radicali. Se l’ombra della tutela si dissolverà naturalmente o se continuerà a condizionare le scelte degli italiani ancora per molti anni. Dipenderà dalla continenza della politica, che in questi anni ha contribuito – con interventi e messaggi continui e confusi – a rendere le nebbie del mercato più fitte. Dipenderà, infine, dall’indipendenza e dalla competenza del prossimo Collegio di ARERA.
Il governo e il parlamento ora hanno una scelta da fare per sette anni: se scegliessero di comporre una Autorità debole che non rispondesse ai requisiti di alto valore tecnico e “indipendenza di giudizio” previsti dalla legge istitutiva dell’ARERA – recentemente richiamati in due editoriali sui principali quotidiani di settore14 – potrebbe risultare un errore fatale. Un’autorità indipendente forte conviene a tutti.