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CCS

La cattura e stoccaggio del carbonio è davvero una soluzione al cambiamento climatico?

Secondo l’agenzia McKinsey il mondo, costruendo 160 hub CCUS a costi inferiori a 85 dollari per tonnellata di CO2, entro il 2050 potrebbe raggiungere il suo obiettivo net zero di 4,2 GTPA

Il cambiamento climatico non è più l’ipotesi remota che fino a qualche anno fa si paventava per il futuro: l’innalzamento del livello del mare, gli incendi, le ondate di caldo e gli eventi meteorologici estremi stanno già provocando il caos in ogni angolo del globo e potrebbero costare all’economia globale centinaia di miliardi di dollari in infrastrutture fatiscenti, raccolti ridotti, problemi di salute e perdita di manodopera.

Se gli alberi e le altre piante rimuovono naturalmente l’anidride carbonica dall’atmosfera, la maggior parte degli esperti di cambiamento climatico concorda sul fatto che non siamo in grado di piantare abbastanza piante – e abbastanza velocemente – per limitare i danni.

LA CATTURA E STOCCAGGIO DEL CARBONIO

La cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS) è una tecnologia che è stata proposta per limitare il riscaldamento globale e il cambiamento climatico. Sia l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che l’Agenzia Internazionale per l’Energia considerano il CCUS una soluzione ideale per molti settori difficili da abbattere dai combustibili fossili, come l’aviazione, la produzione di idrogeno e il cemento.

Negli ultimi anni, le grandi compagnie petrolifere hanno iniziato ad investire fortemente nel CCUS: Exxon Mobil di recente ha firmato un contratto a lungo termine con la società di gas industriale Linde che prevede il prelievo di CO2 associata al progetto di idrogeno pulito pianificato da Linde a Beaumont, in Texas. Exxon trasporterà ogni anno e immagazzinerà permanentemente fino a 2,2 milioni di tonnellate l’anno di anidride carbonica dallo stabilimento dell’azienda tedesca.

Nel febbraio scorso Linde ha svelato i piani per costruire un complesso da 1,8 miliardi di dollari che includerà il reforming autotermico con cattura del carbonio e un grande impianto di separazione dell’aria per fornire idrogeno e azoto puliti. La scorsa settimana il CEO di Exxon, Darren Woods, ha dichiarato agli investitori che l’attività a basse emissioni di carbonio dell’azienda ha il potenziale per sovraperformare la sua attività legacy di petrolio e gas entro un decennio e generare centinaia di miliardi di entrate.

AIE: NEL MONDO SOLO 35 ORGANIZZAZIONI APPLICANO IL CCUS

Sfortunatamente, il mondo sembra non essere molto deciso nell’investire sul CCUS: secondo l’AIE, a livello globale ci sono solo 35 strutture commerciali che stanno applicando il CCUS a processi industriali, trasformazione di combustibili e generazione di energia, con un totale annuo di capacità di cattura di circa 45 milioni di tonnellate di CO2. Tuttavia, McKinsey stima che l’assorbimento globale del CCUS dovrà essere 120 volte superiore, arrivando ad almeno 4,2 gigatonnellate all’anno (GTPA) di CO2 catturate, affinché il mondo raggiunga i suoi impegni sul net zero entro il 2050. I costi elevati delle strutture CCUS e la mancanza di incentivi economici sono i principali responsabile della situazione attuale.

GLI HUB PER LA CATTURA DEL CARBONIO

Per raggiungere questo obiettivo, McKinsey ha proposto la creazione di hub CCUS, essenzialmente un cluster di strutture che condividono la stessa infrastruttura di trasporto e stoccaggio o utilizzo di CO2. Attualmente ci sono solo 15 hub CCUS in tutto il mondo, ma MckInsey stima che ci sia il potenziale per costruire fino a 700 hub CCUS a livello globale, situati su (o vicino a) potenziali siti di stoccaggio e siti di recupero avanzato di petrolio e gas (EOR/EGR).

McKinsey ha calcolato un costo totale di abbattimento del carbonio, che include il costo di cattura, compressione, trasporto e stoccaggio per ogni potenziale hub costituito da cinque emettitori vicini o più.

I COSTI DI CATTURA DEL CARBONIO

La società di consulenza globale osserva che i costi di cattura sono in genere il valore maggiore nella catena del valore CCUS, con flussi ad alta concentrazione – come quelli dei processi di etanolo e ammoniaca – dove la CO2 è dal 50% al 90% delle emissioni, essendo la più economica da catturare, mentre le fonti a bassa concentrazione – come la generazione di energia, il cemento e la produzione petrolchimica, con concentrazioni di CO2 nei flussi di emissioni comprese tra il 5% e il 15%, sono le più costose da catturare.

Sfortunatamente, i flussi ad alta concentrazione rappresentano meno del 5% dei volumi di emissioni globali, il che significa che il costo della cattura del carbonio per la stragrande maggioranza delle strutture CCUS ricadrà nella fascia più alta dello spettro dei costi.

LE PREVISIONI DELL’AGENZIA MCKINSEY

Fortunatamente, i risultati della modellazione di McKinsey sono incoraggianti: se verranno sviluppati 440 hub, da 9 GTPA a 10 GTPA delle emissioni esistenti potrebbero essere ridotte ad un costo inferiore a 100 dollari per tonnellata di CO2. Inoltre, dai calcoli è emerso che il mondo, costruendo 160 hub CCUS a costi inferiori a 85 dollari per tonnellata di CO2, entro il 2050 potrebbe raggiungere il suo obiettivo net zero di 4,2 GTPA.

Negli Stati Uniti, il settore CCUS ha ricevuto un grande impulso dall’Inflation Reduction Act, che offre un credito d’imposta aumentato per la CO2 catturata da una fonte puntuale da 50 a 85 dollari per tonnellata. Molti casi di utilizzo industriale – tra cui impianti di etanolo, produzione di ammoniaca e impianti di trattamento del gas naturale – oggi sono economicamente fattibili con l’aumento del credito d’imposta 45Q. Questo sussidio fornisce 85 dollari per tonnellata per le emissioni industriali o elettriche sequestrate e 180 dollari per tonnellata per le emissioni catturate direttamente dall’atmosfera e sequestrate.

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