Secondo S&P Global Commodity Insights le cancellazioni delle fabbriche di batterie in Europa, insieme alla prevista crescita della domanda di batterie, indicano una carenza di offerta prevista del 72% per la sola domanda di auto elettriche
L’industria europea delle batterie sta affrontando delle sfide significative che ne ostacolano la competitività e i progressi verso l’autosufficienza. Tra il 2018 e la prima metà del 2024 in Europa sono state cancellate dieci fabbriche di batterie pianificate. Secondo S&P Global Commodity Insights queste cancellazioni, insieme alla prevista crescita della domanda di batterie, indicano una carenza di offerta prevista del 72% per la sola domanda di auto elettriche.
Con la produzione nazionale incapace di soddisfare quasi tre quarti della domanda, l’Europa sarà costretta a continuare a fare molto affidamento sulle importazioni. Se i player affermati non hanno avuto difficoltà a espandersi, i nuovi stanno lottando e affrontando cancellazioni.
Ecco cinque sfide che stanno plasmando il settore dei metalli per batterie in Europa:
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IL RALLENTAMENTO DELLA CRESCITA DELLA DOMANDA DI AUTO ELETTRICHE
Lo scorso agosto, S&P Global Mobility ha detto di aspettarsi che la domanda di batterie europea nel 2028 raggiungerà i 1.852 GWh. Si tratta del 22% in meno rispetto alla previsione di 2.382 GWh pubblicata nell’agosto 2023.
La mancanza di incentivi completi sia per i produttori di auto elettriche che per gli acquirenti, insieme all’aumento dei prezzi delle auto, stanno ostacolando la crescita del mercato europeo degli EV, influenzando di conseguenza la domanda di batterie e gli investimenti nella produzione di batterie locali.
Le case automobilistiche europee hanno dovuto cambiare strategia, riducendo le capacità produttive e trasferendosi negli Stati Uniti o nel sud-est asiatico.
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IL CAMBIAMENTO NELLA CHIMICA DELLE BATTERIE
Fino al 91% degli impianti operativi in Europa produce batterie al nichel-manganese-cobalto (NMC). Le cancellazioni in Europa si sono concentrate principalmente sugli impianti progettati per produrre queste tipologie, riflettendo una crescente preferenza del mercato per le batterie al litio-ferro-fosfato (LFP).
Sebbene le batterie LFP abbiano una densità energetica inferiore, sono significativamente più economiche e hanno una struttura chimica più stabile, che le rende più sicure e adatte ai veicoli a corto raggio.
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IL SUPPORTO DEI GOVERNI E LE NORMATIVE INCOERENTI
La mancanza di sussidi governativi ha ostacolato il potenziale di produzione nazionale di batterie. Numerosi fallimenti tra i nuovi produttori di batterie prima del completamento delle fabbriche evidenziano la necessità di forti investimenti e normative chiare per supportare la filiera di fornitura.
Il processo di ottenimento dell’approvazione di pianificazione per gli impianti di produzione di batterie in Europa può essere lungo e complesso, con ogni Paese che ha il proprio insieme di normative e procedure, complicando ulteriormente il processo di approvazione. In Germania, ad esempio, un’approvazione ambientale finale di 2 anni è considerata rapida, ma le tempistiche effettive spesso si estendono dai 3 ai 5 anni, a seconda della complessità del progetto.
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UNO SVILUPPO LIMITATO NELL’APPROVVIGIONAMENTO REGIONALE DI MATERIE PRIME CRITICHE
Secondo gli analisti di S&P Global Commodity Insights, gli sforzi dell’Europa per diventare autosufficiente sulle materie prime critiche sono ostacolati anche da sfide, tra cui lunghe procedure di autorizzazione, l’opposizione da parte dei residenti locali nello sviluppo della produzione di litio, i vincoli di riserva in cobalto e nichel e la gestione degli scarti di processo e degli impatti ambientali nel caso della grafite.
Il Critical Raw Materials Act dell’Unione europea impone alla produzione regionale di rappresentare il 40% del consumo Ue per la lavorazione e il 10% per l’estrazione entro il 2030 per questi metalli chiave. Tuttavia, non ci sono nuovi finanziamenti dedicati ai minerali critici a supporto di questi ambiziosi obiettivi.
La limitata disponibilità di questi materiali in Europa crea vulnerabilità nella catena di fornitura e mancanza di chiarezza per chi desidera investire.
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I SUSSIDI DEGLI STATI UNITI, CHE ATTRAGGONO I PRODUTTORI
I produttori di batterie si stanno sempre più trasferendo negli Stati Uniti a causa di normative chiare e solidi meccanismi di supporto stabiliti dall’Inflation Reduction Act, che include iniziative come il credito d’imposta sugli investimenti e tariffe per migliorare la produzione locale.
Tuttavia, il panorama negli USA è diventato incerto, con i cambiamenti politici che probabilmente seguiranno la rielezione dell’ex presidente Donald Trump. C’è una forte possibilità che le tariffe di importazione verranno aumentate, facendo salire i costi delle batterie importate dalla Cina e rendendo la produzione nazionale USA più competitiva.
Delle nuove misure impongono tariffe anche su materiali chiave per la filiera di fornitura delle auto elettriche, nei quali la Cina è una fonte importante – se non l’unica -, tra cui le batterie agli ioni di litio e i minerali critici.
L’IMPORTANZA DELLE GIGAFACTORY
Per soddisfare la crescente domanda di auto batterie sono nate le gigafactory, degli enormi stabilimenti che producono questi prodotti su larga scala. Tra le aziende leader di settore vi è ovviamente Tesla, che ha già diverse gigafactory sparse in tutto il mondo, ma anche Volkswagen, che nei mesi scorsi ha iniziato i lavori per la sua seconda gigafactory europea vicino Valencia, che dimostra la spinta del produttore tedesco verso l’elettrificazione dei suoi veicoli.
Per quanto riguarda l’Italia, ad oggi abbiamo la gigagreen del Politecnico di Torino, l’impianto di Italvolt a Scarmagno e quello a Sant’Angelo di Piove di Energy Sacco. Stellantis sta pianificando una nuova gigafactory a Termoli, in provincia di Campobasso, che sarà gestito da Acc, una joint-venture tra Stellantis, Mercedes e TotalEnergies.
“Abbiamo bisogno di 3 o 4 gigafactory Bev se l’Europa diventa al 100% elettrica. Queste capacità, però, sono utili solo se c’è domanda, altrimenti non facciamo investimenti. Dobbiamo modulare tutto in base alla domanda del mercato”, ha spiegato lo scorso 11 ottobre l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, in audizione alla Camera sulla produzione automobilistica del gruppo automobilistico in Italia. “Se volete elettrificare il mercato – ha aggiunto Tavares – serve una gigafabbrica. Il piano prevede un numero significativo di impianti elettrici, I sindacati mi hanno chiesto di aggiungere altre power Unit ibride per soddisfare l’incertezza sul futuro. Stiamo creando delle nuove celle per le batterie a Torino”.
DE NORA STA COSTRUENDO LA FABBRICA DI BATTERIE PIÙ GRANDE D’ITALIA
Prosegue poi a ritmo sostenuto il cantiere di realizzazione della gigafactory di De Nora, che punta a costruire il più grande polo produttivo di elettrolizzatori in Italia, con una capacità che entro il 2030 raggiungerà i 2 GW equivalenti. Con la “groundbreaking ceremony” del giugno scorso, la realizzazione dello stabilimento è avanzata grazie all’individuazione del general contractor (Techbau) e all’ottenimento delle autorizzazioni burocratiche. De Nora ipotizza di raggiungere un’ulteriore milestone nel primo trimestre 2025.
“A pochi mesi dalla groundbreaking ceremony, procede a ritmo sostenuto l’avanzamento del cantiere a Cernusco sul Naviglio: ora lavoriamo con determinazione per poter annunciare un ulteriore avanzamento nel primo trimestre 2025”, ha commentato a fine ottobre il CEO di De Nora, Paolo Dellachà. La gigafactory coprirà un’area di circa 40.000 mq e sarà un edificio innovativo e sostenibile: alimentata da pannelli fotovoltaici, che produrranno energia elettrica green, la struttura è progettata per ridurre al massimo le emissioni di CO2.