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Libia

Libia nel caos, ma produzione potrebbe raddoppiare entro il 2023

Gli analisti di IHS Markit ne sono convinti. La Libia è già in trattative con compagnie straniere per aumentare il flusso di denaro nel settore Oil&Gas per 60 miliardi di dollari.

La situazione in Libia rimane tesa. Solo la scorsa notte sono stati almeno cinque i raid aerei delle forze del generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico (Lna), lanciati verso postazioni usate dalle milizie alleate del premier del Governo di accordo nazionale libico (Gna), Fayez al Sarraj, nella zona sud di Tripoli.

NOC: FERMARE LA PRODUZIONE PETROLIFERA AUMENTEREBBE LA CRISI

Nel mezzo di questa situazione la compagnia petrolifera libica National Oil Corporation (Noc) si è detta preoccupata per le “recenti richieste di arresto della produzione nazionale di petrolio. Questa fonte di reddito cruciale per lo Stato, vitale per tutti i libici, deve rimanere depoliticizzata e ininterrotta per garantire che i servizi fondamentali di base continuino ad essere finanziati ed erogati in tutto il paese”, ha spiegato la Noc in una nota. Aggiungendo che “qualsiasi interruzione intenzionale delle operazioni nel settore petrolifero avrà gravi ripercussioni sui flussi di entrate, spingendo la Noc a una potenziale violazioni degli obblighi contrattuali e creando ulteriori divisioni nel paese”. “L’ammissione di tentativi di esportare petrolio illegalmente, in violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dovrebbe essere denunciata e condannata. Questi tentativi scoraggiano ulteriori investimenti nel settore petrolifero e mettono a repentaglio il nostro futuro. Noc continua a chiedere trasparenza economica – compresa l’equa distribuzione delle entrate petrolifere a livello nazionale – affinché venga abbracciata da tutte le parti come un elemento integrante della futura stabilità della Libia e per qualsiasi soluzione politica duratura”.

PRODUZIONE LIBICA POTREBBE RADDOPPIARE ENTRO IL 2023

Nonostante le frequenti interruzioni dei giacimenti petroliferi e il conflitto aperto tra il governo riconosciuto dall’Onu e l’Lna, la produzione petrolifera libica potrebbe raddoppiare a 2 milioni di barili di petrolio al giorno entro il 2023. Almeno secondo quanto ha scritto Fotios Katsoulas, analista dell’IHS Markit, in un recente rapporto.

PRODUZIONE ATTUALE A 1 MILIONE DI BARILI AL GIORNO MALGRADO L’INSTABILITA’

Al momento, la produzione del paese nordafricano si aggira intorno al milione di barili di petrolio al giorno, che è di per sé già un risultato importante considerata la difficile situazione di sicurezza e il rischio costante di interruzioni nei campi o negli oleodotti come si è già visto negli ultimi tre anni, da quando cioè l’esercito nazionale libico ha preso il controllo dell’infrastruttura di esportazione della Mezzaluna petrolifera, scacciando la Petroleum Facilities Guard. Da allora, le due fazioni si sono scontrate più volte sui porti petroliferi. E senza dimenticare che ci sono stati blocchi delle pipeline da parte di locali scontenti e di altre fazioni militari, che hanno portato anche a interruzioni produttive, la più lunga delle quali è durata tre mesi all’inizio di quest’anno e ha colpito il campo più grande della Libia, Sharara, provocando un taglio di almeno un terzo della produzione locale.

NEL SECONDO TRIMESTRE PRODUZIONE IN CRESCITA Libia energia

Nonostante la situazione per la sicurezza nel paese rimanga quindi sopra il livello di guardia, Katsoulas di IHS Markit ha osservato che le esportazioni dalla Libia sono effettivamente aumentate nel secondo trimestre dell’anno, raggiungendo una media di 960 mila barili giornalieri tra aprile e metà giugno. Si tratta del 40% in più rispetto al tasso medio di esportazione del primo trimestre dell’anno in cui Sharara era fuori gioco. Un dato a dir poco sorprendente, soprattutto alla luce dell’altra preoccupazione principale sui mercati petroliferi: la domanda si sta indebolendo e continuerà ad indebolirsi per tutto il resto dell’anno e probabilmente anche oltre. La Libia non sembra preoccupata. Ciò che la preoccupa, almeno secondo le dichiarazioni del capo della National Oil Corporation, è il pericolo di un’interruzione della produzione.

CHI IMPORTA PETROLIO DALLA LIBIA

“In termini di destinazioni, gli importatori europei hanno continuato ad assorbire la maggior parte della produzione libica. C’è stato un calo marginale dei volumi in Europa dal 2018. Per le destinazioni asiatiche sono state segnalate tuttavia perdite maggiori, con un calo del 12,2% per la regione. Questo calo è ancora maggiore se escludiamo la Cina, poiché il flusso totale di scambi per il resto dell’Asia è diminuito di circa il 25%. La Cina continua a importare oltre 100 mila barili al giorno, solo marginalmente inferiore ai livelli del 2018. Tuttavia, i flussi dalla Libia alla Cina sono stati caratterizzati da una volatilità piuttosto elevata finora quest’anno. Ciò suggerisce che la maggior parte degli importatori cinesi ha semplicemente cercato di colmare le lacune importando di più dal produttore nordafricano, adeguando i livelli in base allo sviluppo dei differenziali di prezzo”, scrive IHS Markit.

ALCUNI ANALISTI SONO PESSIMISTI

A maggio, l’analista di PVM Oil Associates Stephen Brennock aveva dichiarato: “La situazione della sicurezza si sta deteriorando e con la Libia che passa da una crisi all’altra, le condizioni sono sempre più mature per uno shock di approvvigionamento”. Un altro analista di Standard Chartered, aveva affermato invece che gli investitori stavano “ignorando chiaramente” gli avvertimenti del numero uno di Noc Mustafa Sanalla, che a fine maggio aveva detto che “le ostilità prolungate continuano a ostacolare le operazioni del NOC e la capacità di servire il popolo libico. Le infrastrutture chiave vengono danneggiate e la sicurezza erosa – permettendo agli elementi criminali di prosperare”.

GLI AVVERTIMENTI DI SANALLA

Più recentemente, Noc ha avvertito che si è registrata una maggiore presenza militare – da parte dell’LNA – in uno dei terminali della Mezzaluna petrolifera, Ras Lanuf, e questo potrebbe aumentare il rischio che la struttura diventi il bersaglio di un attacco. “La presenza di forze all’interno del terminal rappresenta un rischio inaccettabile per i dipendenti. Questo rende il terminal un potenziale obiettivo militare, rischiando così la distruzione delle infrastrutture petrolifere libiche – e la conseguente crisi economica che ne deriverebbe”, ha detto Sanalla.

IN ARRIVO INVESTIMENTI PER 60 MILIARDI DI DOLLARI CON LA SITUAZIONE SOTTO CONTROLLO

Ora, nonostante nulla di tutto questo favorisca un aumento degli investimenti in petrolio e gas, la Libia, secondo Katsoulas, è già in trattative con compagnie straniere per aumentare il flusso di denaro nel settore Oil&Gas per 60 miliardi di dollari. Certo, il flusso di cassa inizierà a fluire solo quando gli investitori saranno ragionevolmente certi che il modello attuale fatto di stop&go cambierà, “ma il fatto che ci siano negoziati in corso è rassicurante per il futuro dell’industria petrolifera libica, nonostante i rischi ancora considerevoli. Questo, a sua volta, significa che c’è ottimismo nel settore sulla domanda futura, nonostante il pessimismo a breve termine e lo scetticismo a lungo termine, mentre ambientalisti e politici iniziano a mirare alla principale fonte di reddito futuro di Big Oil: la plastica”, scrive Oil Price.

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