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Nucleare, “Quando la nube arrivò” nel 1986

Il nucleare è una cosa seria, da affrontare in maniera seria, che richiede pianificazione di lungo periodo, investimenti ingenti e una coscienza collettiva pronta. Il commento di Dino Marcozzi*

Nucleare, se ne parla tanto, di questi tempi, e non sempre a proposito o con cognizione di causa. E’ un fenomeno ciclico, soprattutto in Italia, governato in genere da crisi energetiche. Oggi viene anche presentato come un contributo al contenimento del riscaldamento globale, quasi fosse una scoperta quella del fatto che una centrale nucleare non aggiunge CO2 durante l’esercizio.
Chi scrive è un ingegnere nucleare, arruolato d’ufficio nella schiera dei boomer, che ha vissuto in prima persona il referendum post Chernobyl del 1987 e quello del 2011 (quest’ultimo senza grandi sofferenze, ormai ero vaccinato).
Bene, il nucleare è una cosa seria, da affrontare in maniera seria, che richiede pianificazione di lungo periodo, investimenti ingenti e una coscienza collettiva pronta ad affrontare tutto ciò.

Tutte cose che mancano in un Paese che non riesce a tenere sotto controllo neanche le ristrutturazioni dei propri edifici o la raccolta di rifiuti urbani. Figuriamoci costruire una vera e propria filiera nucleare “from cradle to grave”.

Per cercare di dare una sensazione della delicatezza dell’argomento riapriamo un cassetto della memoria.
Caorso, 30 aprile 1986.
Entro alle 8 nella centrale dove cooperavo con il capo esercizio nella gestione operativa del più grande complesso di produzione nucleare italiano (840 MW). Come altri colleghi ingegneri ero stato assunto da Enel nel 1980 e, dopo quasi tre anni di addestramento e lavoro operativo, ero stato nominato capo esercizio per Montalto di Castro (2000 MW) al tempo in fase di completamento e addestramento del personale.

Quattro giorni prima era avvenuto l’incidente di Chernobyl, ma questo lo sapevamo solo da due giorni per il vizietto sovietico di tenere nascoste le peggiori magagne del loro sistema.
La nube radioattiva, sollevatasi oltre i 1500 m, era stata sospinta dapprima verso Nord-Est e aveva investito una centrale nucleare svedese che, non sapendo nulla dell’evento, aveva creduto all’inizio ad un incidente nel proprio sito.
Ma sapevamo che poi il vento che era girato verso l’Europa centrale e meridionale.

Gli strumenti delle centrali nucleari sono estremamente sensibili (per ovvie ragioni) a qualunque tipo di radioattività e pronte ad affrontare emergenze interne.
Arrivo dunque in sala controllo e mi informano che la centrale era stata appena riavviata dopo un arresto avvenuto nelle prime ore del mattino per cause strumentali (i sistemi di emergenza mettevano spesso l’impianto in sicurezza). In questi casi gli elementi di combustibile rilasciano piccolissime quantità di prodotti di fissione (soprattutto Xeno) ma solo per breve periodo.

Quella mattina però la quantità misurata dai sensibilissimi strumenti dell’off-gas di impianto continuava a salire superando il piccolo picco prodotto dall’arresto del mattino. “E’ arrivata la nube di Chernobyl” pensai, forse tra i primi in Italia grazie a quella strumentazione (in realtà un paio d’ore prima anche il Centro di Ispra aveva misurato l’arrivo della nube”).

Bene, Caorso entrò “tecnicamente” in incidente come la centrale ucraina a mezzogiorno di quel 30 aprile: la sala controllo si isolò dal resto dell’impianto con la pressurizzazione e l’ultra filtrazione della ventilazione per consentire la gestione di una “emergenza” agli operatori.
Ma quel giorno bisognava guardare fuori, non dentro l’impianto.
La contaminazione prodotta dalla nube faceva sì che i rilevatori utilizzati per controllare l’eventuale contaminazione degli operatori che uscivano dalla zona controllata, misuravano contaminazione non in uscita, ma in ingresso. Quindi tutto quello che era fuori la centrale, compresi i piazzali di parcheggio era più contaminato dell’interno della stessa.
Intendiamoci bene. La contaminazione, che ovviamente stava interessando tutto il Nord Italia era molto contenuta e noi l’avvertivamo solo grazie alla strumentazione sensibilissima in dotazione.
Tuttavia ricordo che ebbi comunque qualche apprensione e chiamai mia moglie, a casa a Piacenza con nostra figlia di due anni, chiedendole di tenere chiuse le finestre.
Quale fu l’effetto complessivo? In termini generali fu come se tutto il Nord Italia si fosse trasferito nel Lazio per un anno (è noto che il fondo di radiazioni prodotto dalle rocce vulcaniche da Roma in giù è circa doppio rispetto alla pianura padana).
Radiologicamente nessun effetto misurabile né statisticamente rilevante.

Qualche anno dopo, tornando a Caorso dopo la tempesta del referendum del 1987, che non avrebbe dovuto fermare le centrali in esercizio né quelle in costruzione o programmate ma solo quelle future, ma si conosce l’emotività degli Italiani, mi feci misurare la radioattività accumulata “total body”.
Io, come tutti gli altri, solo per fare un esempio, un rilevabile picco di Cesio-137: è naturale, avendo il Cs-137 un dimezzamento ogni 30 anni.
Oggi tutti noi portiamo ancora in noi anche un po’ quello generato dalle esplosioni nucleari “sperimentali” delle bombe negli anni ’60.
Poi si aggiunto un po’ di quello rilasciato da Fukushima..

*Dino Marcozzi è Ingegnere nucleare, laureato all’Università di Pisa, è entrato in Enel nel 1980 nell’area Generazione e Trasmissione di Roma. È stato Operation Manager nella centrale nucleare BWR di Caorso e Direttore di centrali termiche dal 1991 al 1998, fino a una taglia di 3 GW. Dopo un’esperienza nella Pianificazione e Controllo, nell’Ingegneria O&M e nella generazione distribuita, è stato responsabile degli approvvigionamenti di Enel Italia Generazione e Ingegneria e Costruzioni fino a settembre 2008. Dall’ottobre 2008 Dino ha ricoperto il ruolo di Chief Procurement Officer in Enel Green Power, azienda leader nel settore delle energie rinnovabili, seguendo lo sviluppo della struttura a matrice attraverso la centralizzazione e la gestione di un portafoglio di 3,5 miliardi di euro di Capex e Opex in 17 Paesi. In qualità di CPO Dino è stato membro del McKinsey European CPO Rountable, relatore in diversi congressi e convegni come ProcureCon e docente ai corsi del Master Internazionale di Procurement di Tor Vergata, membro del Consiglio di Amministrazione di EUFER e Slovenske Elektrarne. Dopo un’esperienza come Senior Advisor in McKinsey&Co, a maggio 2018 è stato Fondatore e Segretario Generale di Motus-E (prima piattaforma italiana di stakeholders nell’ecosistema della mobilità elettrica).

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