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Aramco

Siamo davvero in presenza di un rally del petrolio?

Le ricadute del rally del petrolio dopo gli attacchi alle strutture di Saudi Aramco e le ricorrenti notizie di quotazione. L’analisi di Giacomo di Mola

Dalla stabilità del mercato energetico globale alle nostre tasche il passo è breve. Gli attacchi alle raffinerie saudite di Aramco hanno fatto tornare il petrolio al centro del dibattito politico e geopolitico internazionale. Anche il prezzo della benzina è tornato al centro del dibattito e della preoccupazione della opinione pubblica. L’Arabia Saudita si conferma al centro della stabilità energetica mondiale. Basti pensare che la quotazione in Borsa di solo l’1% di Aramco (la società pubblica Saudita che vanta i più alti profitti al mondo che lo scorso anno hanno superato quota 110 miliardi di dollari) sarebbe la più grande IPO della storia. E le autorità Saudite hanno confermato dopo gli attacchi che la quotazione non solo è confermata, ma prevista “nei prossimi 12 mesi”. E che la produzione di petrolio tornerà più alta di prima degli attacchi già “entro settembre”.

Le reazioni dell’amministrazione Trump

Gli Stati Uniti hanno sofferto nell’ultimo anno una quotazione del barile piuttosto bassa, non ottimale per la produzione massiccia di “shale oil”. Nonostante fosse chiaro che gli attacchi avrebbero fatto schizzare il prezzi del greggio, l’Amministrazione Trump ha però da subito collaborato con Riad mettendo a disposizione le proprie riserve di scorta per mantenere la produzione mondiale a un livello tale da non far volare troppo le quotazioni anche durante la riparazione degli impianti Aramco. Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo è già in Arabia per concordare con le autorità saudite la risposta agli attacchi che sia Riad sia Washington attribuiscono all’Iran (anche se le indagini sono state appena avviate). E qui entra in gioco la geopolitica. Di certo c’è solo il fatto che gli attacchi siano stati sferrati in territorio Saudita, e questo conferma che anche nella gestione della crisi in Yemen Riad sta difendendo anzitutto il proprio territorio.

Si tratta davvero di un rally?

Il prezzo del petrolio è davvero soggetto ad un “rally” come sostenuto da molti autorevoli analisti? Di fatto ha raggiunto una quotazione attorno ai 60 dollari, che al momento non preoccupa gli analisti, basti pensare che nel 2008 il petrolio (anche a causa della crisi economico-finanziaria nata con lo scandalo dei mutui subprime) aveva sfondato il muro dei 100 dollari al barile. Ovviamente le compagnie ritoccheranno i prezzi della benzina anche in Italia nei prossimi giorni. Ma se la quotazione del petrolio si stabilizzerà attorno ai 60 dollari per le nostre tasche sarà una nuvola passeggera.

Il discorso cambierebbe se si avviasse un conflitto vero e proprio (e non una guerra per procura) tra gli Stati Uniti e l’Iran. In questo caso non è azzardato prevedere che il livello dei prezzi del petrolio potrebbe fare un repentino balzo in avanti. Ma al momento la sensazione è che l’effettivo avvio di un conflitto e l’invio di truppe USA sia prematuro. Potrebbe plausibilmente prevalere la cautela. Lo lasciano pensare la condanna unanime degli attacchi da parte della comunità internazionale e la telefonata di Macron al Principe ereditario Saudita Mohamed bin Salman dando disponibilità all’invio di esperti sui luoghi colpiti per collaborare alle indagini in corso sui responsabili degli attacchi.

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