Calenda e Zollino fanno il punto sulla proposta di Azione sul carbone e sul nucleare, Stagnaro racconta il dietrofront spagnolo
Un duplice e clamoroso cambio di rotta scuote il panorama energetico europeo: in Italia, il governo accoglie la proposta di mantenere attive le centrali a carbone fino al 2038 come ponte verso il nucleare per garantire prezzi competitivi alle imprese, mentre in Spagna, a seguito del pesante blackout di aprile, il governo socialista di Pedro Sánchez ha avviato i negoziati per estendere la vita delle sue centrali atomiche, abbandonando il piano di phase-out.
Questo doppio scenario, che segna una decisa virata verso il pragmatismo rispetto alle precedenti politiche energetiche, emerge da una serie di articoli pubblicati sulle edizioni odierne de Il Sole 24 Ore e de Il Foglio.
LA PROPOSTA ITALIANA: CARBONE E IDROELETTRICO PER DARE ENERGIA A 60 EURO ALLE IMPRESE
È Il Sole 24 Ore a riportare oggi in dettaglio la proposta contenuta negli ordini del giorno firmati da Azione e accolti dal governo. Il piano punta a fornire alle imprese energia elettrica a un prezzo stabile, attorno ai 60-70 euro a megawattora, attraverso contratti diretti di lungo periodo (PPA). Per raggiungere questo obiettivo, la strategia prevede di rimettere in produzione e mantenere operative le centrali a carbone fino al 2038, quando il nucleare di nuova generazione dovrebbe subentrare. Un’altra quota di energia a prezzo calmierato arriverebbe dal comparto idroelettrico, aprendo alla possibilità di riassegnare le concessioni in scadenza agli attuali gestori in cambio di forniture a costi prestabiliti.
“‘Abbiamo avuto una lunga interlocuzione con il governo e con Fratelli d’Italia per trovare una soluzione al fine di dare alle imprese che in Italia consumano circa 100 terawattora di energia all’anno un prezzo che sia sganciato dal prezzo del gas’”, ha dichiarato al quotidiano economico il leader di Azione, Carlo Calenda.
Secondo Calenda, lo slittamento del phase-out del carbone dal 2025 al 2038, sulla scia di quanto fatto dalla Germania, permetterebbe di riattivare la produzione attraverso le centrali a minori emissioni di Brindisi e Civitavecchia. “Buona parte dei proventi delle aste Ets – i certificati che compensano i costi delle emissioni, ndr – verrebbero restituiti in gran parte alle imprese come avviene in Germania”, spiega Calenda. Questa mossa, secondo il leader di Azione, risolverebbe anche il problema del notevole quantitativo di carbone acquistato durante l’emergenza energetica, il cui costo, in caso di mancato utilizzo, verrebbe altrimenti ribaltato sulle bollette elettriche. Per attuare il piano, ha concluso Calenda, “l’esecutivo avvierebbe con Bruxelles il negoziato al fine di ottenere la modifica del Pnrr”.
SPAGNA: DOPO IL BLACKOUT, IL GOVERNO SÁNCHEZ NEGOZIA PER SALVARE IL NUCLEARE
Mentre l’Italia valuta un “ponte” assicurato dal carbone, la Spagna fa i conti con la propria strategia energetica. Come scrive Carlo Stagnaro sull’edizione odierna de Il Foglio, il governo ha cambiato rotta e non intende più abbandonare il nucleare. Dopo la decisione del 2019 di spegnere i sette reattori esistenti, che forniscono circa un quinto del fabbisogno nazionale, il premier socialista Pedro Sánchez è ora pronto a negoziare con gli operatori per allungarne la vita operativa.
La spinta decisiva, secondo il quotidiano, è arrivata dalle crescenti richieste di ripensamento, intensificatesi dopo l’impatto del blackout del 28 aprile, attribuito da molti all’incapacità della rete di integrare le fonti rinnovabili intermittenti. “In sintesi: il governo ha aperto un tavolo sulle condizioni per un allungamento delle licenze operative”, scrive Stagnaro. Citando il quotidiano El País, Il Foglio riporta di uno scambio di lettere tra i vertici di Endesa e Iberdrola (gli operatori) e la ministra della Transizione ecologica, Sara Aagesen. Il governo avrebbe posto tre condizioni: rispetto dei requisiti di sicurezza, garanzia delle forniture e assenza di costi per i consumatori. Le aziende, da parte loro, chiedono l’eliminazione di alcuni tributi, in particolare l’imposta statale sul combustibile esaurito e le ecotasse regionali, senza le quali, sostengono, il nucleare spagnolo non sarebbe economicamente sostenibile. Secondo uno studio di PwC citato nell’articolo, l’abbandono dell’atomo potrebbe far aumentare le bollette fino a 37 euro/MWh e le emissioni di CO2 fino a 21 milioni di tonnellate. “L’esito del negoziato segnerà profondamente la politica energetica spagnola, ma è di grande interesse anche per l’Italia”, conclude Stagnaro, sottolineando come la mossa di Madrid possa cambiare gli equilibri europei sul tema.
L’ANALISI DI ZOLLINO: “I NODI VENGONO AL PETTINE OVUNQUE SI SIA PUNTATO SOLO SULLE RINNOVABILI”
Sempre su Il Foglio di oggi, Giuseppe Zollino, responsabile Energia di Azione, definisce la svolta del governo Sánchez “tardiva ma benvenuta” e non una sorpresa, specie dopo il blackout del 28 aprile. Secondo Zollino, “la realtà non ha presentato il conto solo in Spagna: i nodi vengono al pettine ovunque si sia caduti nell’errore di puntare alla decarbonizzazione con fonti intermittenti, stagionali, e soprattutto sincrone”. L’esempio più eclatante, scrive, “è la Germania, che nonostante enormi investimenti in eolico e solare, a luglio ha ancora prodotto il 38% della sua elettricità da fonti fossili, con emissioni per kWh dodici volte superiori a quelle della Francia nucleare”.
Zollino plaude all’ingresso del nucleare nella tassonomia verde europea e all’estensione di strumenti finanziari, come i contratti a prezzo fisso, che ne rendono la produzione più competitiva. “Non abbiamo tempo da perdere e per questo non dobbiamo aver paura di collaborazioni internazionali”, conclude Zoll’ino, citando l’accordo con gli Stati Uniti che, oltre al gas liquefatto, include ora anche tecnologie e combustibile nucleare.