Secondo il CEO di Voith, Toralf Haag, sulla transizione energetica “ci sono degli obiettivi ambiziosi, ma gli incentivi e il supporto sono insufficienti per poterli raggiungere. Ciò di cui abbiamo bisogno è meno burocrazia, procedure di approvazione più rapide e un’attuazione più rapida”
L’economia tedesca sta perdendo il suo DNA come Paese in cui fare affari e, di conseguenza, gli investitori stranieri ne stanno alla larga e concentrano la loro attenzione sui mercati emergenti. È quanto ha affermato Toralf Haag, presidente e amministratore delegato della società tecnologica globale Voith Group. Haag ha spiegato che la sua azienda – che opera principalmente nei settori energetico, automobilistico e della carta – finora è riuscita a proteggersi dalla recessione tecnica in cui la Germania è entrata nell’ultimo trimestre, ma ha anche espresso la sua preoccupazione per la direzione del Paese in termini di competitività, politica energetica e attrattiva per gli investimenti esteri. Il dirigente ha descritto l’aggressiva transizione energetica della Germania – dalla produzione di energia tradizionale come il carbone e il nucleare alle energie rinnovabili – come “problematica”.
MISURE INSUFFICIENTI PER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI DELLA TRANSIZIONE
Sulla transizione energetica della Germania “ci sono degli obiettivi ambiziosi, ma gli incentivi e il supporto sono insufficienti per poterli raggiungere. Ciò di cui abbiamo bisogno è meno burocrazia, procedure di approvazione più rapide e un’attuazione più rapida. Per come sta andando attualmente, nel lungo periodo non funzionerà. In Germania – ha proseguito Haag – le decisioni di investimento stanno diventando sempre più difficili. Sinceramente in questo momento, quando si tratta di nuovi impianti produttivi, tendiamo a scegliere l’Europa dell’Est, l’Asia o gli USA, perché i costi per l’energia e il personale in Germania sono molto alti, e allo stesso tempo la burocrazia e la regolamentazione stanno aumentando”.
IL PROBLEMA DELLA BUROCRAZIA IN GERMANIA
Il numero uno di Voith ha spiegato che la sua azienda, negli ultimi due anni, ha dovuto assumere 30 nuovi dipendenti amministrativi solo per rispondere ai nuovi obblighi normativi introdotti a causa dell’aumento della burocrazia. “Vorrei invitare i dipendenti dei ministeri a verificare che effetto hanno le loro specifiche direttamente all’interno di un’azienda, se sono praticabili e sensate. Affinché Voith possa effettuare nuovamente investimenti significativi in Germania, le condizioni quadro devono cambiare radicalmente. Sfortunatamente, al momento non lo sto vedendo”.
Il CEO di Voith ha descritto il pericolo della deindustrializzazione tedesca e una riduzione dell’attività industriale nel Paese, mentre le aziende si trasferiscono altrove, come “molto grande. Ora, quasi ogni giorno vediamo che le aziende industriali non investono più in Germania, ma in altre regioni del mondo. L’amministrazione e l’ingegneria possono rimanere qui, ma la produzione – molto preziosa per un’economia – si svolge sempre più altrove. Di conseguenza, l’economia tedesca non solo sta perdendo il suo DNA, ma anche qualsiasi potenziale per il futuro. Con i suoi posti di lavoro ben pagati, l’industria è garante della prosperità. La prosperità raggiunta finora non può essere mantenuta solo con i lavori amministrativi e il settore dei servizi”, ha aggiunto Haag.
I DATI SULL’INDUSTRIA TEDESCA
Le preoccupazioni del dirigente tedesco sono supportate da dati e dai preoccupanti rapporti sullo stato dell’industria tedesca, generalmente venerata come la spina dorsale dell’economia del Paese. La scorsa settimana, un sondaggio della Federal Association of Medium-Sized Businesses (BVMW) ha rivelato che il 26% di tutti i direttori di aziende tedesche di medie dimensioni ha preso in considerazione la chiusura della propria attività, mentre il 22% ha espresso interesse a trasferire le sue attività all’estero. I direttori hanno citato l’aumento della burocrazia e gli elevati oneri fiscali come i due motivi principali della loro insoddisfazione.
Allo stesso modo, gli ordini di fabbrica e la produzione industriale sono diminuiti in modo significativo nel primo trimestre 2023, incluso un calo del 10,7% a marzo rispetto al mese precedente, il più grande calo su base mensile dal 2020. Anche i consumatori si stanno stancando, con l’inflazione che il mese scorso è tornata al 6,8%, in controtendenza con l’andamento al ribasso visto nei tre mesi precedenti.