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deposito nucleare

Sul nucleare divide pure la mappa per il deposito delle scorie. Chi è pro e chi no

Dopo la comunicazione del Mase di 51 aree idonee, continua il dibattito sul nucleare in Italia

Il tema del nucleare in Italia continua a tenere banco anche a livello politico, oltre che tecnico e di ricerca.

Facciamo il punto.

NUCLEARE, ECCO LA MAPPA PER I DEPOSITI DELLE SCORIE

Mercoledì, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha pubblicato sul proprio sito istituzionale l’elenco delle aree presenti nella proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (Cnai), al fine di individuare le zone dove realizzare in Italia il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico. Obiettivo: permettere lo stoccaggio in via definitiva dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività.

Entro 30 giorni dalla pubblicazione della Carta (elaborata dalla Sogin), ha fatto sapere il Mase, possono essere presentate le candidature a ospitare il deposito da parte di enti territoriali e strutture militari. Possono presentare candidature anche enti locali non indicati nella Cnai, chiedendo alla Sogin di rivalutare il loro territorio.

LE PAROLE DEL MINISTRO PICHETTO

Intervenendo in Question Time alla Camera, il ministro Pichetto ha spiegato che “le tecnologie nucleari di nuova generazione, oltre a garantire maggiore sicurezza e autonomia energetica, hanno un ruolo importante da svolgere nella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e nel futuro mix energetico del Paese. La loro strategicità nella transizione energetica verso la neutralità climatica è evidenziata nella proposta di aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Perciò sono state inserite tra gli ambiti tecnologici prioritari per il sistema di ricerca italiano da sviluppare al 2030”.

QUI I 51 SITI COMUNICATI DAL MASE

E ancora: “Si pensi agli Small Modular Reactors (SMR) e gli Advanced Modular Reactor (AMR), che hanno in comune due caratteristiche principali: la piccola taglia, specie rispetto alle centrali convenzionali, e la modularità, con evidenti vantaggi sia in termini di riduzione dei tempi di costruzione, sia di costo dell’investimento – ha aggiunto il ministro -. Nel lungo termine, cioè oltre il 2050, anche la fusione nucleare sarà in grado di garantire un apporto alla sostenibilità del fabbisogno energetico. Il nostro Paese è impegnato nel suo sviluppo con ruolo da protagonista, nell’ambito dell’impresa del Progetto internazionale ITER e del Programma comunitario Eurofusion”.

“In linea con quanto accolto nelle mozioni di maggioranza dello scorso 9 maggio, è stata istituita presso il Ministero la Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile (PNNS), con l’obiettivo di definire in tempi certi un percorso orientato alla possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia, nonché alla crescita della filiera industriale nazionale già operante nel settore – ha precisato Pichetto -. Lo sviluppo della filiera del nucleare e i progressi tecnologici attesi per questi anni porteranno auspicabilmente all’incremento degli investimenti privati, da parte dei distretti industriali o delle aziende energivore, per la costruzione di piccoli reattori di quarta generazione e lo Stato deve essere pronto ad essere un soggetto regolatore. Ma questo ragionamento non vuole rappresentare una chiusura aprioristica nei confronti dei reattori di grande taglia di ultima generazione e soprattutto non preclude l’inserimento della fonte nucleare nel mix energetico del Paese, come già ribadito in molteplici occasioni”.

IL GOVERNO PUNTA DAVVERO SUL NUCLEARE, A PAROLE

“L’Italia guarda con interesse allo sviluppo delle nuove tecnologie nucleari. Questo malgrado non sia stata sottoscritta la lettera relativa alla creazione di un’alleanza industriale sugli Small Modular Reactor (SMR), firmata da 12 Paesi UE in occasione del 16° Forum europeo sull’energia nucleare tenutosi lo scorso 7 novembre a Bratislava”, ha detto sempre il ministro del’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin nel corso del Question Time alla Camera. “L’Italia non ha preso finora impegni o concluso accordi sui tavoli internazionali, in attesa di definire la propria Strategia nazionale per il nucleare sostenibile che avverrà tra pochi mesi alla luce del lavoro che sta conducendo la Piattaforma Nazionale per un Nucleare sostenibile (PNNS), il cui compito principale sarà quello di definire delle linee guida e una roadmap, con un orizzonte al 2030 e al 2050, per seguire e coordinare gli sviluppi delle nuove tecnologie nucleari e comprenderne le possibili ricadute in termini di sicurezza e costi-benefici del sistema – ha aggiunto il ministro -.

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Tale approccio è stato confermato anche in occasione degli incontri dell’“Alleanza per il nucleare” ai quali l’Italia ha partecipato in qualità di osservatore, a dimostrazione del rinnovato interesse e attenzione del Paese verso le tematiche trattate. Ma in linea con le mozioni approvate sul nucleare a maggio scorso, si conferma la volontà del Governo di partecipare attivamente, in sede europea e internazionale, a ogni opportuna iniziativa volta ad incentivare lo sviluppo delle nuove tecnologie nucleari destinate alla produzione di energia per scopi civili e ad inserire la fonte nucleare nel mix energetico del nostro Paese”, ha concluso Pichetto.

CHI E’ PRO-NUCLEARE: LE VOCI DELLA MAGGIORANZA

A livello politico, la Lega ha attaccato da Bruxelles l’ostracismo di Pd e sinistra sul nucleare di nuova generazione. “Pd e M5s si confermano partiti del no. Al Parlamento europeo, con la sola eccezione di due deputati – uno favorevole, De Castro, uno astenuto Gualmini – hanno votato contro la relazione d’iniziativa sui ‘Piccoli reattori modulari’, testo appoggiato dall’Ue che si basa sulla constatazione dell’aumento della domanda di elettricità e sul dato che l’energia nucleare sia una tecnologia a emissioni zero che non provoca inquinamento atmosferico. Un provvedimento per fortuna approvato a larga maggioranza, sostenuto convintamente dalla Lega, che promuove una tecnologia chiave per l’Europa e per l’Italia. Maggioranza Ue spaccata: per dire no al nucleare, il cui ruolo è stato citato anche nelle conclusioni della Cop28 sull’ambiente, Pd e M5s vanno persino contro l’Europa. E ancora una volta, si dimostrano contro lo sviluppo, la crescita e il futuro”. Così in una nota gli europarlamentari Lega componenti la commissione Energia, Paolo Borchia (coordinatore Id), Matteo Adinolfi, Isabella Tovaglieri.

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Sempre Borchia, in una nota di martedì, ha ribadito l’importanza della partita nucleare: “L’Italia non si sottragga al futuro e al progresso. Per troppo tempo il nostro Paese è stato ostaggio dei partiti del no, e ancora oggi paga anni di ottusa ideologia che hanno bloccato importanti prospettive di sviluppo. Ora bisogna tornare protagonisti, per questo diciamo sì al nucleare pulito e di nuova generazione, sì a nuovi reattori. Proprio in questi giorni il Parlamento europeo vota un provvedimento sui piccoli reattori modulari, anche l’Ue ha capito che quella del nucleare è la strada giusta da percorrere. Così dobbiamo fare anche noi: dopo decenni persi per colpa della sinistra e dei no, l’Italia non può più permettersi di restare fuori dalla crescita”.

Da Forza Italia si è invece levata la voce di Erica Mazzetti, parlamentare azzurra. “Una potenza industriale come l’Italia, dotata di un manifatturiero di qualità e vocato all’export, ha bisogno di un mix energetico che tenga conto anche del nucleare: far lavorare le imprese vuol dire salvaguardare tutto il Paese”, ha detto. “Oltre agli enormi benefici sul fronte della riduzione delle emissioni, che lo rendono – con buona pace di chiacchieroni green ed ecovandali – la prima fonte verde, come riconosciuto anche durante la Cop28, il nucleare è una fonte indispensabile per garantire la stabilità e la sicurezza energetica di cui abbiamo bisogno in questo momento storico”. “Tutto il mondo, sia i paesi già sviluppati sia quelli che vogliono crescere, guardano anche al nucleare, tanto che sempre a Cop28 – ricorda – molti paesi hanno raggiunto un accordo per triplicare l’energia nucleare: l’Italia deve recuperare il tempo perduto”. “L’ambientalismo ideologico ci ha portato in un vicolo cieco, tra deindustrializzazione, decrescita infelice, auto-colpevolizzazione, con un approccio pragmatico, ispirato alla neutralità tecnologica, si può tenere insieme l’obiettivo della riduzione delle emissioni con quello della tutela del benessere”.

CHI E’ CONTRO: BASILICATA, SICILIA E SARDEGNA

Tra le posizioni fortemente contrarie a ospitare i depositi per le scorie c’è la Basilicata, che con le parole dell’assessore all’ambiente ed energia della Regione Cosimo Latronico ha detto no. “La Regione Basilicata ribadisce il proprio no all’individuazione in territorio lucano dei siti per i rifiuti radioattivi. La nostra posizione non cambia e non cambierà. La Regione Basilicata offre già un contributo straordinario all’approvvigionamento energetico del paese. Sono sicuro che, come ha già detto il Ministro Pichetto Fratin, saranno individuati i comuni che hanno già manifestato la propria disponibilità a ospitare tali depositi di rifiuti radioattivi”.

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Tanti, come racconta oggi su Policy Maker Maria Scopece, sono poi i Comuni che hanno già detto no a ospitare depositi di scorie nucleari. “Tra le fila delle voci contrarie – racconta Scopece – si inserisce anche [oltre a quella della Basilicata, ndr] quella di Francesco Rocca, il Presidente della Regione Lazio. “Mi auguro – ha detto il governatore  di centrodestra – che nessun sindaco del Lazio candidi il proprio Comune a ospitare il deposito”. Accanto al presidente del Lazio ci sono anche i sindaci della Tuscia, l’area identificata dalla Cnai per ospitare il deposito. Nei prossimi giorni è prevista anche la convocazione del consiglio provinciale e l’assemblea dei sindaci della Provincia per valutare eventuali iniziative da intraprendere. E anche le isole, Sicilia e Sardegna sono per lo più contrarie.

Scrive Repubblica Palermo, citata da PM, che “politici e cittadini minacciano le barricate. Si tratta della frazione di Fulgatore, nel Comune di Trapani, e di Calatafimi-Segesta. I primi a protestare sono i sindaci “Siamo stupiti del fatto di essere rimasti nell’elenco – afferm a il primo cittadino di Trapani Giacomo Tranchida – dopo aver dimostrato come il deposito non possa sorgere qui”. E, aggiunge Scopece, “il fronte del no monta anche in Sardegna, dove il consiglio regionale ha convocato per il 21 dicembre gli Stati generali per ribadire la contrarietà dell’Isola a diventare deposito delle scorie nucleari”.

I COMUNI CHE DICONO SI’

“Ma non c’è solo chi dice no”, si legge sempre da Policy Maker. “A dire di sì al deposito, anzi ad autocandidarsi, è Trino Vercellese, dove già esisteva una centrale nucleare. “Da decreto è prevista una fase di concertazione con i territori. Se a conclusione nessuno si darà disponibile valuteremo nelle sedi opportune la presentazione dell’autocandidatura”. A parlare così è il sindaco di Trino Vercellese, Daniele Pane, che avanza la candidatura del proprio territorio. “Alla luce delle reazioni delle scorse settimane, sono certo che ci impegneremo tutti a fare cultura sul tema e che ci si adopererà affinché la scelta del sito ricada tra le aree individuate nella Cnai – ha aggiunto Daniele Pane -. Se così non fosse, come abbiamo sempre detto, ci siederemo al tavolo per capire come garantire la sicurezza del nostro territorio”.

LA POSIZIONE DI LEGAMBIENTE

Stamani, invece, è arrivata la nota di Legambiente. “Ancora una volta si è fatto il solito pasticcio all’italiana”, si legge tra l’altro. “È assurdo prevedere la possibilità di autocandidature anche da parte dei Comuni non compresi nella Cnai”. L’associazione ambientalista – prosegue il comunicato – giudica totalmente sbagliata e controproducente la possibilità di questo tipo di autocandidatura, perché lascia prevedere un percorso poco rigoroso e poco attento alla sicurezza dei cittadini, e che finirà per allungare inevitabilmente i tempi per l’individuazione del Deposito, che invece rappresenta una vera urgenza per la sicurezza di tutto il Paese. “Ma perché mai – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – i territori di questi Comuni, se prima non soddisfacevano gli stringenti requisiti richiesti in fase di valutazione, ora invece potrebbero essere ritenuti “idonei” ad ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari? Si è imboccato un incomprensibile “percorso parallelo” a quello seguito finora, solo per dare modo ai Comuni scartati di ritornare in pista con proprie autocandidature. Il deposito serve, è urgente – continua Ciafani – si è perso fin già troppo tempo, e va fatto per ospitare i rifiuti a bassa e media attività. Per quelli ad alta attività, visto la trascurabile quantità prodotta fortunatamente in Italia nella sua breve storia nucleare, si deve lavorare a livello comunitario, come previsto dalla direttiva UE, per individuare un deposito geologico idoneo e il più possibile sicuro, che ospiti quei rifiuti più radioattivi, prodotti prevalentemente da quei Paesi che negli ultimi settant’anni hanno prodotto ingenti quantità di questa tipologia di rifiuti, senza mai trovare una soluzione con cui poter chiudere il circolo, ormai vizioso, intrapreso”.

“È fondamentale – aggiunge Andrea Minutolo, responsabile scientifico nazionale di Legambiente – attenersi rigorosamente al percorso messo in campo con la Carta nazionale, evitando fughe in avanti che non hanno senso e che comprometterebbero la credibilità di quanto fatto finora, esponendo ulteriormente il Paese a lungaggine dei tempi e a rischi inutili. Il Deposito Unico per i materiali radioattivi nasce dal fatto che l’Italia, pur non utilizzando più le centrali atomiche, ha accumulato ingenti quantità di questi materiali, prodotti nel secolo scorso e ancora oggi con lo smantellamento e la bonifica dei siti nucleari, e altre, in minor quantità, che vengono prodotte tuttora per scopi medici o industriali. Ci sono ancora rifiuti radioattivi attualmente stoccati e dislocati su tutto il territorio nazionale in decine di siti assolutamente inidonei, con gravi e ingiustificati rischi per tutti”. Per individuare un sito in Italia dove questo deposito possa comportare i minori rischi possibili, il decreto legislativo 31 del 2010 prevedeva una procedura di selezione sulla base di criteri di esclusione fissati dalle Autorità di controllo nazionali ed internazionali, e sulla base di questa normativa Sogin ha definito, attraverso la stesura della CNAPI, 67 aree ritenute “potenzialmente idonee” sulle quali erano state presentate le osservazioni di Legambiente, dei cittadini e dei vari enti locali nel corso di un lungo, seppur tortuoso, percorso partecipativo. Al termine di questa fase di ascolto e di osservazioni, è stata definita quindi la CNAI, in cui sono rimaste 51 aree ritenute idonee per ospitare il deposito unico nazionale. Dalla data di pubblicazione della CNAI, sono partiti infine 30 giorni per permettere ai Comuni con aree dichiarate “idonee” di autocandidarsi per la realizzazione del deposito. Ed qui che arriva il solito pasticcio all’Italia: gli enti territoriali le cui aree ritenute non idonee fino ad oggi (che non rientrano nella proposta di CNAI quindi), possano presentare la propria autocandidatura a ospitare il Deposito nazionale e il Parco tecnologico entro trenta giorni dalla pubblicazione della Carta e chiedere al MASE e alla Sogin di avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità.

IL NUCLEARE A COP28 E LA LINEA ITALIANA

Intanto, alla Cop28 che si è chiusa pochi giorni fa a Dubai, oltre all’accordo definito storico sul transitioning away dai combustibili fossili al 2050, è stata approvata una promessa di triplicare la capacità nucleare al 2050. Un patto di poco più di 20 Paesi che apre nuovi scenari.

Quanto all’Italia, “sul nucleare il governo ha le idee parecchio confuse, non si capisce se è favorevole o è contrario. Continua a dire una cosa e il suo opposto”, ha dichiarato mercoledì Daniela Ruffino, deputata di Azione, che sul tema ha presentato un’interrogazione al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. “Recentemente – ha aggiunto – il ministro Pichetto Fratin ha ribadito l’obiettivo di triplicare la potenza rinnovabile installata in Italia, quindi ha detto di escludere la costruzione di nuove centrali nucleari e di ritenere che solo i distretti industriali o le singole aziende energivore potranno dotarsi di piccoli reattori modulari di quarta generazione. Affermazioni che lasciano senza parole: non si comprende come ci si possa dire favorevoli al nucleare da un lato e dall’altro dichiararsi contrari alla costruzione di centrali multireattore. Né si comprende, evidentemente, come il governo intenda raggiungere nei tempi previsti l’obiettivo di azzeramento di emissioni nette. Così si prendono solo in giro gli italiani. Noi sul nucleare abbiamo una posizione chiara, siamo convinti che sia la migliore tecnologia possibile: sicura, pulita, sostenibile. Il governo ci gira attorno senza chiarire. Il nostro timore è che certe scelte, o non scelte, finiscano solo con l’ostacolare la decarbonizzazione. Rischio – ha concluso Ruffino – che noi vogliamo assolutamente scongiurare”.

Azione è notoriamente favorevole al nuovo nucleare ma questo tipo di rimbrotti alla linea poco chiara del governo testimonia che i problemi in questa vicenda, al netto delle volontà, non mancano. Lo ha fatto notare bene Marco Dell’Aguzzo su Start Magazine. Qui, si è chiesto infatti qule sia effettivamente la strategia italiana sul nucleare. A settembre è partita la Piattaforma nazionale che dovrà stimolare un dibattito per la ricerca, con la partecipazione di enti pubblici di ricerca, di esponenti del mondo delle università, di associazioni scientifiche, di soggetti pubblici operanti nel settore della sicurezza nucleare e del decommissioning, nonché di imprese che hanno già in essere programmi di investimento nel settore nucleare, nella produzione di componenti e impianti e nelle applicazioni mediche nel settore nucleare.

Bocciato recentemente da Paolo Scaroni, presidente di Enel, il nucleare deve trovare una via chiara nel nostro Paese. “L’Italia – ha ricordato Dell’Aguzzo (che qui invece ricorda i pericoli derivanti dal ruolo di Cina e Russia su questa risorsa energetica e i pericoli per l’Occidente) su Startmag – non rientra tra i paesi firmatari della Declaration to Triple Nuclear Energyprobabilmente perché l’energia nucleare è un tema molto controverso nel dibattito pubblico e politico, che risente ancora dei risultati dei referendum del 1987 e del 2011″. L’obiettivo italiano, secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, “deve essere accelerare sulla fusione nucleare per centrare l’obiettivo nel 2050. La terza generazione avanzata, con i piccoli reattori modulari, dovrebbe essere pronta nel 2030, mentre la quarta forse nel 2040. È indispensabile una programmazione ultradecennale che vada oltre anche i cambi di governo”. Ma, appunto, come raccontato recentemente anche qui su Energia Oltre, della Piattaforma nazionale (che aveva previsto proposte per un percorso finalizzato alla possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia entro 6 mesi. Ed, entro 7 mesi, un documento completo della roadmap per poi arrivare all’elaborazione delle linee guida con azioni, risorse, investimenti e tempi entro 9 mesi) ci sono pochi sviluppi e soprattutto zero nuove riunioni.

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