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Pnrr, revisione Ue su 10-12 miliardi di investimenti. Impianti solari costano doppio della Spagna per burocrazia. Privatizzazioni affossano peso Stato in Borsa sotto 30%. Le nomine di Ferrovie

In arrivo la revisione della Commissione Ue su 10-12 miliardi di investimenti del Pnrr. Gli impianti solari costano il doppio della Spagna per la burocrazia. Le privatizzazioni affossano il peso dello Stato in Borsa, che scende sotto 30%. Le nomine di Ferrovie. La rassegna Energia

Costruire impianti fotovoltaici costa il doppio in Italia rispetto alla Spagna. Il colpevole principale è la burocrazia, che pesa per il 18% sulla spesa finale. È quanto emerge dall’ultimo studio di Elemens, che sottolinea come l’opposizione energetica rischia di far crescere il valore delle nuove autorizzazioni. Saranno settimane centrali per il Governo: in ballo ci sono 10-12 miliardi di euro di investimenti, che finiranno sotto la lente d’ingrandimento della Commissione Europea. La lista delle infrastrutture che passeranno al vaglio dell’Ue conta il Terzo valico dei Giovi, il primo lotto della Salerno-Reggio Calabria, la diga di Campolattaro e un invaso in Sicilia. Le privatizzazioni annunciate dal ministro Giorgetti nell’ultimo Psb (Piano strutturale di bilancio) fanno scendere il peso dello Stato a Piazza Affari sotto il 30%, per la prima volta nella storia. Gianpiero Strisciuglio sarà il nuovo ad di Trenitalia, Luigi Corradi passa a Fs International, Aldo Isi diventa invece amministratore delegato di Rfi, Claudio Geme si sposta in Anas. Sono i nuovi vertici delle principali società di Ferrovie dello Stato, anticipate da La Stampa. L’ufficialità potrebbe arrivare già oggi. La rassegna Energia.

SOLARE, COSTI DOPPI RISPETTO A SPAGNA PER BUROCRAZIA

“Fotovoltaico, in Italia nel secondo semestre 2024 l’autorizzazione pesa per il 18% sul costo dell’intero impianto. Si tratta di una quota importante anche se in calo: era il 20% nei primi sei mesi dell’anno, il 22% nel secondo semestre del 2023, il 29% nel primo. Oggi è di fatto quasi dimezzata rispetto ai picchi del 2022 legati anche alla crisi energetica e che hanno portato il pezzo di carta necessario a far partire la costruzione di parchi solari al 35% del costo complessivo (media del secondo semestre 2022) (…) Le stime sono di Elemens, società di consulenza nei mercati dell’energia che ha anche messo in relazione questi valori con la quantità di MW autorizzati in Italia nell’arco di tempo corrispondente. Dall’andamento negli ultimi due anni si vede una crescita costante: i 2.240 MW concessi nel primo semestre 2022 sono diventati 2.285 nel secondo, 2.885 nel primo semestre 2023, 5.570 nel secondo, 3.800 nella prima parte del 2024 fino ad arrivare a 3.970 nella seconda. «I dati degli ultimi due anni dimostrano una correlazione tra numero di progetti autorizzati e costo delle autorizzazioni: al salire dei primi, abbiamo visto scendere il valore delle seconde», osserva Tommaso Barbetti fondatore e partner di Elemens (…) «Paradossalmente chi si oppone al rilascio di nuove autorizzazioni in nome dell’opposizione alla speculazione energetica rischia di alimentare il loro valore, e dunque – qualsiasi cosa significhi – la speculazione stessa (…) Molti sono spaventati all’idea che un forte incremento delle autorizzazioni tappezzi il territorio di pannelli fotovoltaici: non è così. Per le attuali dinamiche e regole del mercato, qualora il numero dei progetti dovesse aumentare, il numero di quelli redditizi resterà lo stesso»”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Il contesto in cui sono in azione queste dinamiche è di fatto quello di un mercato delle autorizzazioni in cui c’è anche chi arriva alla fine del percorso e rivende il via libera ottenuto, influendo sul costo finale di costruzione dell’impianto. Tra gli operatori c’è chi in passato, quando le tariffe erano più alte, ha parlato di «prezzo dieci volte maggiore di quello che dovrebbe essere». Per il futuro prossimo Barbetti prevede un assestamento: «Nei prossimi mesi, nonostante l’aumento del numero dei progetti autorizzati, non pensiamo che il loro valore scenderà eccessivamente: i nuovi meccanismi di asta del Gse, noti come Fer X, stabilizzeranno i ricavi futuri e potrebbero dunque impedire che il loro valore crolli, come invece sarebbe accaduto in assenza delle aste». Infine, per fare un confronto tra Paesi, Barbetti racconta come in Spagna diverse esperienze indichino come al momento il valore del via libera sia pari a meno della metà di quello italiano (…) Diverso lo scenario in Francia, dove le autorizzazioni sono scarse e quindi valgono di più, e in Germania dove in alcuni casi i prezzi sono in linea con quelli italiani, sostenuti dalle difficoltà autorizzative del passato e dal basso costo del capitale»”, continua il giornale.

PNRR, REVISIONE PER 10-12 MILIARDI

“La nuova revisione del Pnrr che il Governo proporrà alla Commissione europea nelle prossime settimane metterà sotto esame investimenti per 10-12 miliardi di euro. Sul tavolo finiscono soprattutto interventi infrastrutturali, dal valico ferroviario dei Giovi a un lotto della Tav Salerno-Reggio Calabria fino agli interventi sulla maxi-diga di Campolattaro, in provincia di Benevento, e su un altro invaso in Sicilia. Ma la revisione potrebbe tornare a interessare anche interventi comunali, in particolare per quel che riguarda le opere legate al «Programma innovativo per la qualità dell’abitare» (Pinqua); e non si esclude a priori di tornare a guardare anche gli obiettivi su asili nido e scuole, mentre il restyling potrebbe investire i programmi per la banda larga nelle aree a fallimento di mercato, in un filone che intreccia le ipotesi circolate in questi giorni di un accordo con Starlink di Elon Musk anche per superare i tanti inciampi vissuti dai progetti di estensione della fibra. Il lavoro tecnico si sta scaldando in questi giorni, poi arriveranno le decisioni politiche. (…) Perché all’inizio di quello che dovrebbe essere il penultimo anno di vita del Pnrr è complicato immaginare di imbarcare interventi ex novo da finanziare con i fondi sottratti alle opere più in ritardo. Ma è ancora più urgente evitare che questo o quel target, gli obiettivi fisici ora sempre più collegati al completamento effettivo delle opere, vada incontro a una bocciatura che rischierebbe di far perdere soldi all’Italia imponendo di trovare coperture alternative per non creare una serie di «incompiute del Pnrr». (…) Evitare una caduta del Pnrr italiano è obiettivo comune a Roma e Bruxelles, dove la presidente von der Leyen ha legato al Next Generation Eu il cuore del proprio primo mandato. Ma sull’altro piatto della bilancia ci sono i regolamenti, rigidi, del Pnrr”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Il dossier più ricco, si diceva, è quello infrastrutturale. Il rischio di sforare le scadenze del Pnrr si fa concreto in particolare per il Terzo valico dei Giovi, collegamento cruciale da 53 chilometri, 37 dei quali in galleria, per sviluppare la linea ad Alta capacità tra il porto di Genova e Milano. Qui alla difficoltà ingegneristica si è affiancata quella geologica, che ora rischia di imporre un cambiamento di tracciato difficilissimo da comprimere nei tempi del Pnrr. L’obiettivo del Piano richiede la messa in opera della ferrovia, e il Governo vorrebbe trasformarlo in una serie di obiettivi parziali collegati alle parti già realizzate dell’infrastruttura. In gioco ci sono 4,3 miliardi. Circa due miliardi ballano invece sul primo lotto della Salerno-Reggio Calabria (…) l’emendamento leghista alla manovra che oltre ad aumentare di due miliardi la dote potenziale del Ponte sullo Stretto ha assegnato 1,1 miliardi alle opere ferroviarie collegate al Pnrr e 2,49 miliardi a Rfi (si veda Il Sole 24 Ore del 19 dicembre) si rivela come la mossa preparatoria per la rimodulazione del Pnrr. Nella stessa ottica va visto il rifinanziamento alla diga di Campolattaro”, continua il giornale.

ENERGIA, STATO PESA MENO DEL 30% IN BORSA CON PRIVATIZZAZIONI

“Quali effetti ha sulla Borsa la politica del governo Meloni di «profonda riconsiderazione del perimetro pubblico», come annunciato dal ministro Giorgetti nell’ultimo Psb (Piano strutturale di bilancio)? Il primo risultato tangibile è che il peso dello Stato a Piazza Affari è sceso per la prima volta sotto il 30%. Prendendo come riferimento le capitalizzazioni di mercato al primo gennaio 2025, secondo i dati rielaborati dall’Osservatorio Finanziario della Co-Mar, le 13 società partecipate (direttamente o indirettamente dal Mef) hanno infatti perso 8,2 miliardi di valore rispetto al primo gennaio 2024: da 229,4 miliardi a 221,2 miliardi in totale, portando il peso sul listino al 27,3%. Un dato in controtendenza rispetto all’andamento complessivo di Piazza Affari che nel corso del 2024 è salita del 6,4%, passando da 761,9 miliardi a 810,6 miliardi. Ma sarebbe sbagliato, sulla base di questi dati, trarre la conclusione che lo Stato si sta ritirando dall’economia italiana, per cercare di stare al passo con le economie occidentali più sviluppate. (…) in Borsa si vede l’effetto dell’andamento dei prezzi delle materie prime, come il petrolio, che hanno influenzato non poco i corsi di Borsa di alcune partecipate importanti come l’Eni. Il Cane a sei zampe, infatti, dopo due anni di andamento spumeggiante in Borsa dovuto al rincaro dei prezzi post Covid e post guerra russo-ucraina, ha ritracciato nell’anno appena trascorso andando a perdere il 17%. (…) A inizio 2025 Enel è passata in testa con 70 miliardi di capitalizzazione di Borsa (8,6% del listino), seguita da Eni con 42,9 miliardi (5,3%), Stmicrolectronics con 21,8 miliardi (2,7%), Poste Italiane con 17,7 miliardi (2,2%), Terna con 15,3miliardi (1,9%), Leonardo con 14,9 miliardi (1,8%), Snam con 14,3 miliardi (1,7%), Banca Mps con 8,5 miliardi (1,05%)”, continua il giornale.

“In sostanza il risultato di Borsa negativo di tre sole società, cioé Stm (-46,89%), Eni (-17,02%) e Snam (-8,12%) non è stato sufficientemente compensato dalla performance positiva delle altre 10 società partecipate dal Mef, a partire da Fincantieri che ha messo a segno un + 135% comprensivo di un aumento di capitale da quasi 400 milioni di euro. Dietro al gruppo guidato da Pierroberto Folgiero i guadagni più importanti hanno riguardato Mps (+123,4% nei dodici mesi), Leonardo (+73,6%), Saipem (+70,6%), Poste (+32,5%), Enav (+18,6%), seguite da Raiway, Italgas, Enel e Terna. E non è escluso che questi risultati borsistici possano avere un peso nella nuova tornata di nomine che avrà luogo in primavera, con le assemblee di aprile e maggio, quando dovranno essere rinnovati i consigli di amministrazione di Fincantieri, Italgas e Snam”, continua il giornale.

TRASPORTI, LE NOMINE DI FERROVIE

“Nomine in arrivo ai vertici delle principali società di Ferrovie dello Stato. Potrebbero essere annunciate già oggi, ma La Stampa è in grado di anticiparle. Si tratta di una girandola di poltrone interne, senza nessuna grande sorpresa: Gianpiero Strisciuglio, attuale amministratore delegato di Rfi, società che gestisce la rete ferroviaria, andrà a Trenitalia al posto di Luigi Corradi che si sposta a Fs International, in vista dei nuovi progetti di allargamento in Europa. A RfI andrà Aldo Isi, nuova destinazione dopo aver guidato Anas come amministratore delegato, società che appartiene al Gruppo Fs a cui andrà Claudio Gemme. Di fatto un ritorno, perché ne è già stato presidente. Stefano Donnarumma, l’amministratore delegato che da giugno guida la holding, ha scelto la soluzione al momento più semplice, evitando di creare scossoni agli equilibri interni con ingressi di peso da fuori”, si legge su La Stampa. (…) I profili scelti mettono d’accordo le diverse anime della maggioranza, e scongiurano una faida tra Fratelli d’Italia e Lega. Sullo sfondo, resta la grande partita della privatizzazione”, continua il giornale.

“Al momento non è in campo l’ipotesi di una vera e propria cessione di Rfi né una quotazione della holding di Ferrovie dello Stato, società partecipata al 100% dal ministero dell’Economia. L’amministratore delegato Stefano Donnarumma vuole comunque aprire il capitale ai privati. C’è un perimetro da identificare che riguarda la rete, ma si tratta di un intervento che non andrebbe a intaccare in alcun modo il controllo che rimarrà statale. Si valuta la possibilità di usare altre fonti di finanziamento, oltre a quelle pubbliche, per affrontare gli ingenti investimenti nel settore ferroviario”, continua il giornale.

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