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Ecco come le banche si preparano agli effetti degli shock climatici sui mercati del lavoro globali

Uno studio della London School of Economics ha rilevato che, anche in scenari relativamente ottimistici, il cambiamento climatico ridurrebbe la produttività del lavoro, in particolare in agricoltura, edilizia e in altri settori esposti al calore

Le banche centrali rischiano di essere colte di sorpresa dagli shock climatici sui mercati del lavoro globali, a meno che non rivedano il loro approccio alla politica monetaria. È quanto emerge da un rapporto pubblicato oggi dalla London School of Economics.

Lo studio ha rilevato che, anche in scenari relativamente ottimistici, in cui il riscaldamento globale è limitato a 1,5-2 gradi, il cambiamento climatico ridurrebbe la produttività del lavoro, in particolare in agricoltura, edilizia e in altri settori esposti al calore.

LE BANCHE DEVONO PRESTARE MAGGIORE ATTENZIONE AI RISCHI CLIMATICI E AMBIENTALI

Con fino a 1,2 miliardi di lavoratori in 182 Paesi vulnerabili ai cambiamenti climatici, il rapporto del Centre for Economic Transition Expertise (CETex) ha esortato le autorità monetarie a prestare maggiore attenzione ai rischi ambientali, dai disastri naturali alle conseguenze della transizione verde. “La nostra ricerca dimostra che le banche centrali dovrebbero cercare di integrare i rischi ambientali per l’occupazione nelle loro politiche e operazioni”, ha affermato Joe Feyertag, senior policy fellow del CETex e autore del rapporto.

La Banca Centrale Europea e la Banca d’Inghilterra hanno evidenziato i pericoli derivanti dal cambiamento climatico e il suo potenziale impatto su inflazione, crescita e salute delle banche. Tuttavia, la Federal Reserve statunitense – per molti versi la banca centrale più influente al mondo – all’inizio di quest’anno si è ritirata da una rete di autorità incentrata sul clima, sollevando dubbi sulla portata del suo impegno su queste questioni.

I RISCHI DELLE BANCHE NEI PAESI RICCHI E IN QUELLI IN VIA DI SVILUPPO

Il rapporto ha rilevato che i Paesi ricchi sono maggiormente a rischio a causa dell’abbandono delle industrie ad alta intensità di inquinamento. Al contrario, le regioni più povere di Africa, Asia e America Latina affrontano una minaccia maggiore a causa di rischi fisici come inondazioni e siccità.

Secondo lo studio, queste pressioni divergenti, unite ai cambiamenti demografici e alle politiche di immigrazione più restrittive, potrebbero ulteriormente mettere a dura prova i mercati del lavoro nei Paesi sviluppati, allentandoli invece in quelli emergenti. Feyertag ha avvertito anche che le perturbazioni del mercato del lavoro potrebbero amplificare le disuguaglianze sociali, soprattutto nei Paesi con mercati del lavoro rigidi.

IL RUOLO DELL’OCCUPAZIONE NELLE ATTIVITÀ DELLE BANCHE

L’inflazione tende ad essere più elevata in un mercato del lavoro più rigido, a parità di tutti gli altri fattori. Anche una bassa produttività può contribuire ad un’inflazione elevata. Feyertag ha esaminato 114 mandati di banche centrali e ha scoperto che solo 15 di esse, inclusa la Banca d’Inghilterra, fanno esplicito riferimento all’occupazione come obiettivo principale o secondario.

La Fed e la Reserve Bank of Australia includono l’occupazione come obiettivo politico fondamentale. Questo potrebbe offrire ad alcune di queste banche la copertura necessaria per intraprendere azioni più coraggiose, al fine di attutire l’impatto del cambiamento climatico sul mercato del lavoro.

“Se il loro mandato lo consente, le banche centrali potrebbero persino adottare misure più attive per stimolare la domanda di lavoratori in opportunità di lavoro a basse emissioni di carbonio o resilienti al clima, agevolando così questo percorso”, ha concluso Feyertag.

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