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Oil&Gas

Ue in balia degli Usa, Africa bersaglio di Trump, Asia feudo russo. La mappa dell’Oil&Gas

Gli equilibri globali dell’Oil&Gas potrebbero cambiare ancora. Trump guarda all’Africa, hub energetico centrale per l’Ue. Putin sceglie l’Asia per sfidare l’Europa. La nuova mappa

Il prossimo forum energetico tra Libia e Stati Uniti potrebbe ridisegnare nuovamente gli equilibri globali dell’Oil&Gas, già stravolti dallo scoppio della guerra in Ucraina. La National Oil Corporation libica sta infatti lavorando con la società americana Freedom First per aprire a nuove partnership e investimenti nel settore fossile. Un’iniziativa che conferma l’attivismo di Washington sul fronte energetico, in un contesto in cui gli Stati Uniti hanno già conquistato il primato mondiale nella produzione di greggio, superando Arabia Saudita e Russia messe insieme e diventando il primo fornitore dell’Ue. La Libia giocherà un ruolo centrale nella partita.

GLI USA VOGLIONO IL PRIMATO, L’UE RISCHIA DI PERDERE L’AFRICA

La mappa globale dell’Oil&Gas è pronta a cambiare di nuovo. Washington guarda all’Africa, hub sempre più centrale per la sicurezza energetica dell’Ue, per consolidarsi come esportatore netto. Dal 2019 al 2025 l’output statunitense è balzato da 17,2 a 20,7 milioni di barili al giorno. Gli Usa hanno già siglato con Bruxelles accordi da 750 miliardi di dollari in tre anni per la vendita di petrolio, gas e prodotti nucleari. Nel 2024 Washington è diventata il primo fornitore di greggio della Ue con il 16,1% delle importazioni. Ma c’è un problema industriale non da poco. Infatti, il petrolio americano (Wti), più leggero, è ideale per produrre benzina e nafta, ma meno adatto alle raffinerie europee, ottimizzate per lavorare greggi medi e pesanti — come quelli russo, africano o mediorientale — capaci di generare maggiori quantità di gasolio.

L’Europa rischia ora di vedersi sfilare davanti le risorse energetiche dell’Africa, per poi ricomprarle a caro prezzo dagli Usa. Infatti, per l’Ue importare Brent dagli Stati Uniti significa aggiungere 4-5 dollari al barile solo di costi logistici, senza contare l’effetto inflattivo che deriverebbe da acquisti imposti per ragioni politiche. L’Ue, inoltre, deve fare i conti con le sfide delle proprie raffinerie, i costi crescenti e la necessità di bilanciare sicurezza degli approvvigionamenti e la bassa competitività industriale.

LA PARTITA DELL’OIL & GAS AFRICANO

Nigeria e Algeria restano partner chiave del nostro Paese, ma è la Libia ad attirare i maggiori riflettori. Infatti, oggi fornisce il 24,4% del greggio importato dall’Italia ed è nel mirino di colossi come Shell, BP ed ExxonMobil. Se riuscissero a mettere le mani sul petrolio libico, metterebbero a segno un colpo importante, in linea con la strategia americana per erodere lo spazio lasciato da Mosca dopo le sanzioni europee.

PUTIN GUARDA ALL’ASIA PER VENDERE OIL&GAS

Parallelamente, la Russia cerca di ricollocarsi in Asia, dopo essere stata isolata dall’Occidente dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Putin ha trovato nuovi clienti in Asia: l’India è passata dal 3% al 38% delle sue importazioni di greggio russo, mentre Cina e India insieme assorbono ormai il 90% dell’export energetico di Mosca, potendo contare su sconti fino a 20-30 dollari al barile rispetto ai prezzi internazionali. Anche la Turchia, membro della Nato, continua ad acquistare crude russo.

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