Sei offerte approdano sul tavolo del Mimit per l’ex Ilva. I colossi stranieri puntano all’intero pacchetto, mentre gli italiani guardano ai singoli asset. Ma il futuro dell’acciaio tricolore resta sospeso. Ecco perché
Sarebbero sei le offerte per l’ex Ilva arrivate fino ad oggi sul tavolo del Mimit. La metà arriverebbero da cordate italiane. Nella lista, secondo Il Messaggero, figurerebbero Baku Steel, Jindal e Bedrock hanno confermato l’interesse ad acquistare l’intero pacchetto: le acciaierie di Taranto, Genova e Novi Ligure. Marcegaglia, Eusider e Sideralba, invece, acquisterebbero i singoli asset. Ma non è tutto oro quel che luccica.
COSA CI DICONO LE 6 OFFERTE PER L’ILVA
Baku Steel, Jindal, Bedrock, Marcegaglia, Eusider e Sideralba. Sono questi i gruppi industriali che hanno inviato offerte per l’acquisto dell’Ilva, secondo Il Messaggero. Un numero che fa riflettere. Sembra suggerire che il nuovo contratto siglato il 12 agosto tra il Mimit, Acciaierie d’Italia e gli enti locali piace ai grandi gruppi esteri, meno alle aziende italiane. La recente promessa del Governo di mettere in campo aiuti per 750 milioni di euro potrebbe aver contributo.
Infatti, i tre colossi stranieri hanno confermato l’interesse, già manifestato a gennaio, ad acquistare tutto il pacchetto delle acciaierie di Taranto, Genova e Novi Ligure. Tuttavia, nella precedente asta erano state 7 le offerte per comprare singoli asset di Acciaierie d’Italia, più del doppio rispetto ad oggi.
TUTTO SOSPESO FINO AL 15 SETTEMBRE
Il momento della verità per l’Ilva sarà il prossimo tavolo previsto per il 15 settembre. Saranno tanti i nodi da sciogliere nel corso dell’incontro per realizzare il proposito del Governo di trovare un nuovo proprietario per le acciaierie entro marzo 2026. Nel contratto firmato a metà agosto, infatti, mancano date vincolanti per lo spegnimento dei forni a carbone e la sostituzione con dispositivi elettrici. Per non parlare poi del nodo di dove sorgerà il DRI, tecnologia che dovrebbe alimentare i forni elettrici, ma che richiede idrogeno rinnovabile a prezzi e quantità oggi non disponibili su scala siderurgica in Italia.
Per arginare il problema, il DRI può essere alimentato “a gas”, ma nasce così un altro problema: dove localizzare impianti come rigassificatori e dissalatori, opere che spesso incontrano il rifiuto della comunità locali. Sull’energia che farà ripartire i forni dell’Ilva incombe ancora un grande punto interrogativo. Senza conferme, difficilmente i colossi stranieri impegneranno grandi capitali. Nel frattempo, il ministro del Mimit Adolfo Urso ha promesso che verranno gradualmente riattivati i tre forni ora fermi.