Il rapporto dell’Osservatorio F4E rivela un balzo del 30% dei finanziamenti tra giugno e settembre 2025. L’Europa gioca la partita sulla filiera industriale di ITER e sulle startup tedesche.
La corsa globale verso l’energia da fusione ha cambiato marcia. Tra giugno e settembre 2025, gli investimenti cumulativi nelle iniziative private sono balzati da 9,9 a 13 miliardi di euro, segnando un incremento del 30% in un solo trimestre. È quanto emerge dalla seconda edizione del report del Fusion Observatory di Fusion for Energy (F4E), l’organizzazione dell’Unione Europea che gestisce il contributo al progetto ITER. Questo dato rappresenta un aumento di oltre otto volte rispetto agli 1,5 miliardi registrati nel 2020, certificando la maturazione di un ecosistema che conta ormai 77 aziende attive a livello mondiale.
UN DUELLO GEOPOLITICO: WASHINGTON VS PECHINO
La geografia dei capitali disegna un panorama bipolare. Gli Stati Uniti mantengono la leadership indiscussa con 6,9 miliardi di euro investiti, pari al 53% del totale globale, distribuiti su 42 compagnie private sostenute da un solido modello di venture capital. La Cina segue a ruota con 4,4 miliardi di euro (34%), concentrati su sole 8 aziende ma spinte da una strategia statale top-down che sta rapidamente recuperando terreno. Entrambi i mercati vantano già “unicorni” della fusione valutati oltre il miliardo: dagli americani Commonwealth Fusion Systems (2,6 miliardi di euro) e TAE Technologies (1,3 miliardi) ai cinesi China Fusion Energy e NEO Fusion (1,9 miliardi ciascuno).
LA STRATEGIA EUROPEA: FILIERA INDUSTRIALE E STARTUP
L’Unione Europea si posiziona diversamente, con un ecosistema privato che ha raccolto 712 milioni di euro, circa il 5% dei finanziamenti globali. La Germania traina il comparto continentale con 605 milioni (l’85% del totale UE), grazie a realtà come Marvel Fusion e Proxima Fusion. Tuttavia, il vero peso specifico dell’Europa va letto considerando gli investimenti pubblici nella filiera industriale di ITER: tramite F4E, l’UE ha iniettato 6,8 miliardi di euro per costruire una base industriale solida e tecnologicamente avanzata, capace di fornire componentistica complessa per il reattore internazionale. Un approccio ibrido che mescola fondi pubblici (34%), privati (64%) e partenariati (2%).
DIVERGENZE TECNOLOGICHE
Interessante anche la differenziazione sulle tecnologie. Mentre a livello globale il 78% degli investimenti (10,1 miliardi) premia la fusione a confinamento magnetico (il modello Tokamak di ITER), in Europa il settore privato scommette maggiormente sul confinamento inerziale. Una scelta che potrebbe indicare percorsi alternativi o complementari rispetto alla mainstream internazionale, in un mercato dove la diversificazione tecnologica rimane una chiave per il successo futuro.


