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Accordo UE-USA, dazi al 15%. -22,6 mld per l’export italiano

L’accordo UE‑USA, ispirato al modello Giappone, fissa i dazi al 15% ed evita l’escalation commerciale; in cambio, Bruxelles si impegna ad acquistare 750 mld $ di armi ed energia americana. L’Italia perderà 22,6 miliardi di export. Accordo positivo per il governo, opposizioni all’attacco. Macchinari e farmaceutica tra i comparti più penalizzati, mentre l’automotive beneficia di un “sconto” tariffario. E resta il nodo dell’acciaio. La rassegna energia

Evitata l’escalation commerciale: un accordo al ribasso sul modello Giappone che fissa le nuove tariffe al 15%, invece che al 30%, come si temeva nel caso di una mancata intesa. Per ammorbidire Washington, Bruxelles ha promesso di spendere 750 mld di dollari in acquisti di armi ed energia dagli Usa. Ma l’Unione Europea non può essere contenta di un negoziato lampo, che lascia molti punti aperti. Per il governo italiano il giudizio è positivo, pronte «misure di sostegno a livello nazionale» e si chiede che «vengano attivate anche a livello europeo, per quei settori che dovessero risentire particolarmente delle misure tariffarie statunitensi». I comparti più colpiti sono i farmaci e i macchinari, “sconto” sull’automotive, mentre l’acciaio resta una partita aperta. Le opposizioni attaccano: “resa incondizionata”. La rassegna energia.

DAZI AL 15% PER L’UE: VINCITORI E VINTI

“Alla fine, tutti hanno convenuto che un brutto accordo – perché di questo si tratta – è meglio di un mancato accordo che avrebbe fatto scattare dazi al 30%(…). Per dirla con le parole del cancelliere tedesco Friedrich Merz, “abbiamo evitato un’inutile escalation”. Anche l’intesa lascia ancora alcuni punti aperti: non è per nulla chiaro il destino dell’export di acciaio e alluminio, che dipenderà da uno studio sulle sovracapacità, così come non è chiaro quali prodotti agroalimentari saranno esentati dal dazio del 15%. Von der Leyen ha spiegato che i dettagli verranno chiariti “nelle prossime settimane (…) Il risultato è frutto del catenaccio italo-tedesco, ma nessuno è in grado di dire come sarebbe andata a finire se l’Ue avesse messo in campo il contropiede franco-tedesco (…) A conti fatti, mettendo sulla bilancia il dare-avere dei singoli leader Ue, ce n’è uno solo che esce vincitore: Donald Trump. Ma l’Unione europea avrebbe potuto incassare una sconfitta molto più pesante e il risultato avrebbe trascinato nel baratro anche gli stessi Stati Uniti e l’economia globale, scatenando una crisi dagli esisti imprevedibili” si legge su La Stampa.

PER L’ITALIA CONTRACCOLPO DELLO -0,5% SUL PIL

“Rimetterci «solo» 10 miliardi di euro per evitare di perderne molti di più: questi i calcoli del governo dietro il negoziato tra Unione europea e Stati Uniti sui dazi del 15%. Per l’Italia il balzello si tradurrà in un contraccolpo stimato in circa mezzo punto di Prodotto interno lordo: a tanto corrispondono 10 miliardi di euro. Secondo il Centro studi Confindustria, l’export tricolore negli Usa si ridurrà di 22,6 miliardi, perdendo oltre un terzo del valore delle vendite nel mercato statunitense, con una compensazione di circa 10 miliardi attraverso maggiori vendite nel resto del mondo” continua il quotidiano torinese.

IL GOVERNO: “ACCORDO SOSTENIBILE”

“Giudizio positivo, ma con la riserva di valutare i dettagli dell’accordo, accompagnato dalla richiesta alla Ue di sostenere i settori che saranno più in difficoltà. «L’accordo garantisce stabilità, aspetto fondamentale per i rapporti tra due sistemi economici e imprenditoriali fortemente interconnessi tra loro (…)  — sottolineano Meloni, Tajani e Salvini nella nota congiunta — giudichiamo sostenibile la base dell’accordo sui dazi al 15 per cento, soprattutto se questa percentuale ricomprende e non si somma ai dazi precedenti (…).  Allo stesso tempo, continuiamo a lavorare a Bruxelles per rafforzare il Mercato Unico, semplificare le nostre regole, tagliare la burocrazia, diversificare le relazioni commerciali e ridurre le nostre dipendenze» (…) il governo italiano si dice «pronto ad attivare misure di sostegno a livello nazionale», ma chiede allo stesso tempo che «vengano attivate anche a livello europeo, per quei settori che dovessero risentire particolarmente delle misure tariffarie statunitensi»” si legge sul Corriere della Sera.

OPPOSIZIONI ALL’ATTACCO

“Scatenate, sul fronte opposto, le opposizioni, che accusano la Commissione Europea di aver ceduto troppo facilmente alle pressioni americane, e il governo di Giorgia Meloni di aver fallito nella sua missione di collegamento tra Ue e Usa. «Dazi al 15% senza alcuna reciprocità, impegni onerosissimi con gli Usa per gli acquisti di energia e armi e per gli investimenti, termini da definire su farmaceutica e semiconduttori. (…) . L’accordo con Trump sui dazi — dice il responsabile economico del Pd, Antonio Misiani — è un’intesa capestro, una resa senza condizioni dell’Europa, frutto delle divisioni tra gli Stati della UE, con il governo Meloni in prima fila a spingere per la linea morbida.(…) Per l’Italia questi dazi sono insostenibili, per citare il ministro Giorgetti. Ora il governo si svegli, i danni rischiano di essere enormi» aggiunge Misiani. «Meloni e von der Leyen hanno scontato sin dal principio un atteggiamento di ossequiosa sudditanza (…)» dice Giuseppe Conte del M5S. Per Nicola Fratoianni di Avs, l’accordo con gli Usa prefigura un disastro sociale ed ambientale, mentre Carlo Calenda di Azione va giù duro” prosegue il giornale.

IL PUNTO SETTORE PER SETTORE

Macchinari e farmaci sono i comparti più colpiti dalle restrizioni. L’acciaio resta una partita aperta. (…) Il settore di macchine e apparecchi meccanici (…) subirà sovra-costi per circa 2,7 miliardi (…). Moda, abbigliamento e pelletteria (…) risulterà colpito da dazi per circa 1,65 miliardi (…) il comparto chimico e farmaceutico vale 13 miliardi nelle esportazioni, pari al 20% del totale. Con un’aliquota al 15% sarà soggetto a rincari per circa 1,95 miliardi (…) agroalimentare e bevande, che valgono 8 miliardi e hanno una quota di esportazione verso gli Usa pari al 12% del totale. Saranno colpiti per 1,2 miliardi (…). Uno «sconto» per l’automotive con dazi al 15% comporta sovra-costi importanti, ma pari a 750 milioni anziché 1,2 miliardi. Nel complesso, il settore subirà danni per 1,05 miliardi di euro” si legge su La Stampa.

IL NODO SULL’ACCIAIO

“Un nodo tutto europeo resta quello dell’acciaio. Attualmente i dazi americani sul prodotto europeo sono del 50%, e l’Ue sta negoziando per ottenere delle quote di esportazione con dazi al 15%, e tariffe del 50% per le eccedenze. (…). Una soluzione che piacerebbe agli operatori del settore, a patto che però vengano confermate le quote concordate dall’Unione con l’amministrazione di Joe Biden (3,3 milioni di tonnellate per l’acciaio e 380mila tonnellate per l’alluminio). Altrimenti, confidano fonti dell’industria, la soluzione diverrebbe insostenibile per il settore” continua l’articolo.

FOTI: EVITATO IL PEGGIO

“Difficilissimo districarsi a caldo su quello che emerge da una trattativa lunghissima e poi conclusa in poco più di un’ora in un faccia a faccia fra Donald Trump e Ursula von der Leyen (…) nemmeno Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei ed esponente di Fratelli d’Italia, conosce ogni punto e ricasco dell’intesa che sembra non certo l’optimum per l’Europa, al massimo il male minore. Ma (…) un primo giudizio lo dà: «Il dato di fondo è l’aver raggiunto un accordo che scongiura l’avvio di una guerra che sia le categorie produttive che i consumatori hanno sempre giudicato in termini estremamente negativi per gli effetti disastrosi che avrebbe determinato (…) È un dato di fatto che l’aumento dei dazi doganali si riflette negativamente, in ogni caso, sia sui consumatori sia sui produttori, ma non dimentichiamoci che Trump aveva preannunciato dal primo agosto dazi al 30%. Siamo scesi al 10% se consideriamo che oltre il 4% già si pagava»” si legge sul Corriere della Sera.

ARMI E GAS PER AMMORBIDIRE WASHINGTON

“Per ammorbidire Washington, Bruxelles ha promesso di aumentare le importazioni di GNL dagli Stati Uniti e di comprare più armamenti dal Pentagono. (…)  Il budget europeo della difesa è destinato a triplicare in meno di dieci anni. Ma le aziende del continente non hanno la capacità industriale per stare al passo. “L’Ue acquisterà 750 miliardi di dollari in energia e armi statunitensi”, ha annunciato Trump. Sul fronte energetico, l’Ue ha tagliato il gas siberiano e si affida a forniture dal Golfo Persico e dai Paesi scandinavi. (…) Altri due punti imposti da Washington: la regolamentazione delle Big Tech e l’uso obbligatorio di chip americani. Gli Stati Uniti chiedono a Bruxelles di ammorbidire controlli e sanzioni sui grandi gruppi tecnologici e, allo stesso tempo, vogliono imporre all’Europa l’acquisto esclusivo di semiconduttori statunitensi. L’obiettivo è duplice: danneggiare i rivali (Cina e Taiwan) e subordinare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale alle forniture Usa” si legge su Il Fatto Quotidiano.

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