Tutta colpa di India e Cina, il phase out dal carbone in Italia è previsto per il 2025. In Ue l’addio avverrà entro il 2030
Il carbone è ancora tra noi. Secondo il Global Energy Monitor, “la capacità operativa globale del carbone è cresciuta del 2% nel 2023, con la Cina che ha guidato due terzi delle nuove aggiunte, e un piccolo aumento è stato visto per la prima volta dal 2019 nel resto del mondo”. Facciamo un punto della situazione sul ricorso a uno dei combustibili fossili più inquinanti.
INDIA E CINA, PHASE OUT DAL CARBONE LONTANO
La maggior responsabilità del continuo ricorso a questa vecchia risorsa energetica sono Cina e India. Due grandi Paesi che, tra le mille contraddizioni, annoverano anche quella nel settore di nostro interesse, registrando passi da giganti nelle rinnovabili senza però disdegnare le fonti più sporche.
“Le organizzazioni per il clima e altre potenze mondiali speravano che la Cina si sarebbe allontanata dal carbone quando il governo si è impegnato a smettere di costruire centrali elettriche a carbone all’estero e a “controllare rigorosamente i progetti di generazione di energia a carbone” in Cina nel 2021″, ricorda Oilprice in una recente analisi.
Tre anni fa, Xi Jinping aveva dichiarato che il cambiamento nella politica energetica del Dragone era effettivo e puntava alla decarbonizzazione totale entro il 2060. Ma nel frattempo sono stati approvati ben 127 impianti a carbone, poi saliti a 182, con una capacità collettiva di produrre 131 GW di energia. Oggi, la Cina rappresenta circa il 60 per cento dell’uso globale del carbone, seguita dall’India – che ricava l’80 per cento della sua elettricità proprio dal coal – e dagli Stati Uniti. Ecco, venendo ai Paesi occidentali, troviamo ai vertici dei colpevoli nel ricorso al carbone proprio Usa, Regno Unito e Germania. Ma la loro dipendenza sta fortemente diminuendo, a differenza di quanto avviene in Asia.
LA SITUAZIONE IN EUROPA E USA
Nella Repubblica federale tedesca, ad esempio, “la produzione di elettricità da fonti rinnovabili in Germania si è attestata a oltre il 50 per cento del totale nel 2023, mentre il contributo del carbone è sceso al 26 per cento dal 34 per cento. Ciò ha comportato una diminuzione di 46 milioni di tonnellate di emissioni di CO2”. Oltremanica, invece, come ricorda ancora Oilprice “nel 2023, l’elettricità generata dalle centrali a gas e carbone nel Regno Unito è diminuita del 20 per cento, con il consumo di combustibili fossili che è sceso al minimo dal 1957. Il Regno Unito ha solo una centrale a carbone rimasta, che ha generato elettricità per l’uno per cento della domanda di energia del paese, equivalente a circa 4 TWh. Il carbone è diminuito del 97% e il gas del 43 per cento negli ultimi 15 anni, secondo Carbon Brief. L’energia a carbone dovrebbe diminuire ancora di più quest’anno con l’ultima centrale a carbone del Regno Unito – la centrale a carbone di Ratcliffe on Soar – che dovrebbe chiudere a settembre, dopo 55 anni di attività”. A livello Ue, più in generale, come aveva ricordato Chiara Martinelli, Direttore, Climate Action Network (CAN) Europa dopo il Consiglio Ambiente di ottobre 2023, l’obiettivo è disfarsi del carbone entro fine decennio.
Chiudendo con gli States, “tra le sei e le otto centrali elettriche a carbone dovrebbero ritirarsi quest’anno, secondo l’Energy Information Administration. Questo è inferiore al numero di unità che hanno chiuso nel 2023 – 22 unità – ma suggerisce una continuazione della tendenza al ribasso nella produzione e nell’uso del carbone. Ciò è stato sostenuto da prezzi più competitivi del gas naturale e da un aumento della capacità di energia rinnovabile del paese”.
IL PHASE OUT DAL CARBONE IN ITALIA
Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese punta a gestire la transizione energetica grazie alla risorsa gas. Il carbone, ha ricordato recentemente il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Pichetto Fratin, verrà abbandonato nel 2025 tranne che in Sardegna (dove le centrali opereranno ancora fino al 2026-2028).
Gli impianti si trovano a: Portovesme, Sardegna (480 MW); Porto Torres (600 MW); Torrevaldaliga Nord, Lazio (1.980 MW); La Spezia, Liguria (682 MW); Fusina, Veneto (976 MW); Monfalcone, Friuli Venezia Giulia (336 MW); Brindisi Nord, Puglia (2.640 MW). Ma gli unici pienamente operativi sono quelli di Portovesme e Torrevaldaliga.