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L’instabilità algerina deve preoccupare l’Italia?

Il presidente della Repubblica dell’Algeria Abdelmadjid Tebboune ha licenziato il primo ministro Aimene Benabderahmne, sostituendolo con Nadir Labaoui. Quali scenari anche per l’Italia, visto il legame energetico esistente?

Nuovo scossone interno all’Algeria. Lo scorso weekend, infatti, il presidente della Repubblica Abdelmadjid Tebboune ha licenziato il primo ministro Aimene Benabderahmne, sostituendolo con l’ex capo di gabinetto Nadir Labaoui. E’ l’ultimo sconvolgimento politico del Nord Africa, ha ricordato il sito Quartz. Visto dall’Italia è un campanello d’allarme inaspettato o la conferma che anche i nuovi partner energetici subentrati alla Russia non sono poi così affidabili?

TEBBOUNE LICENZIA BENABDERAHMNE, ECCO LABAOUI

Sabato sera, scriveva l’agenzia di stampa nazionale algerina citando la dichiarazione presidenziale, “il presidente della Repubblica, Abdelmadjid Tebboune, ha nominato sabato Nadir Larbaoui primo ministro, sostituendo Aymen Benabderrahmane i cui compiti sono stati terminati. La dichiarazione affermava che il Presidente della Repubblica ha anche nominato Boualem Boualem, il consigliere del Presidente della Repubblica, per gli affari legali e giudiziari e le relazioni con le istituzioni, le indagini e le autorizzazioni, come capo di stato maggiore ad interim della Presidenza della Repubblica”. Una decisione arrivata nel terzo anno di mandato di Tebboune, dopo che giovedì erano stati sostituiti quindici segretari generali provinciali.

“Ad agosto, il presidente tunisino ha licenziato il suo primo ministro, mentre il capo della potente compagnia petrolifera statale algeria e otto dei suoi vicepresidenti sono stati licenziati diverse settimane fa”, fa notare Quartz ricostruendo la vicenda. E contestualizzandola a un momento di crisi economica del Paese, dove si voterà per il nuovo presidente della Repubblica a dicembre 2024.

CHE PAESE E’ L’ALGERIA

44 milioni di abitanti, una superficie di 2,4 milioni di chilometri quadrati, riserve di gas e petrolio, il deserto, un Pil pari a 192 miliardi di euro. Con questi numeri, l’Algeria si presenta oggi come Paese chiave delle relazioni energetiche nel mediterraneo, acquisendo maggior centralità in questo senso dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. Dopo la cacciata di Bouteflika nel 2019, il 78enne Tebboune è salito alla presidenza della Repubblica come candidato popolare ma mantiene ancora oggi tante ombre nella gestione del potere.

Secondo i dati di Freedome House del 2023, Algeri si posiziona come Paese “non libero”, con dieci punti su quaranta relativi ai diritti politici e 22/60 delle libertà civili. “Gli affari politici in Algeria sono stati a lungo dominati da un’élite chiusa basata nell’esercito e nel partito al potere, il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN)”, spiega la panoramica di FH. “Mentre ci sono più partiti di opposizione in Parlamento, le elezioni sono distorte dalle frodi e i processi elettorali non sono trasparenti. Altre preoccupazioni includono la soppressione delle proteste di strada, le restrizioni legali alla libertà dei media e la corruzione dilagante. Il movimento di protesta Hirak nel 2019 ha fatto pressione sul regime per riformarsi, ma un giro di vite sul dissenso negli anni successivi ha impedito la continuazione delle manifestazioni su larga scala”, proprio negli anni di Tebboune come citato poc’anzi.

Secondo le previsioni di Fitch, “la crescita dell’Algeria decelererà dal 3,3% nel 2022 al 2,1% nel 2023 con i contratti di produzione di idrocarburi. Dopo essersi contratta dello 0,6% su base y-y nel 2022, ci aspettiamo che il settore degli idrocarburi (un terzo gas; due terzi petrolio) si ridurrà di un altro 2,0% nel 2023 a causa dei tagli alla produzione OPEC+. Mentre prevediamo una crescita robusta del 4,1% nel 2023 nel settore non idrocarburi poiché una politica fiscale espansiva compenserà quasi l’impatto dei prezzi del petrolio più bassi, questo non sarà sufficiente per evitare un rallentamento economico quest’anno. Nel complesso, la crescita economica dell’Algeria nel 2023 scenderà al di sotto della media a 10 anni pre-Covid-19 del 2,7%.

IL RUOLO ENERGETICO DELL’ALGERIA CON L’ITALIA

Il 2023 è già un anno importante per la centralità energetica di Algeri. Solo da gennaio a giugno sono state dieci le scoperte di nuovi giacimenti di gas e petrolio. Rabie Badij, direttore delle esplorazioni aveva detto a settembre che “Sonatrach – la compagnia energetica statale – sta attualmente conducendo un audit e una valutazione della redditività di queste scoperte e annuncerà i risultati prima della fine dell’anno in corso” e che “ha intenzione di perforare 45 pozzi nelle aree di produzione a livello nazionale attraverso operazioni di esplorazione 3D, utilizzando tecnologie all’avanguardia”.

Partecipando all’OMC Med Energy di Ravenna di ottobre, il ministro dell’energia algerino Mohamed Arkab aveva detto che “come fornitore storico, l’Algeria mantiene l’impegno per lo sviluppo della catena degli idrocarburi e della fornitura elettrica. La cooperazione mediterranea è fondamentale per uno sviluppo cooperativo “. Ad aprile scorso l’ambasciatore italiano ad Algeri Giovanni Pugliese, ha dichiarato che “l’Algeria è diventata il primo partner commerciale dell’Italia in tutta l’Africa e anche nella regione del Medio Oriente, con scambi per quasi 20 miliardi di dollari creati soprattutto dal gas”. Questo ruolo di primo piano si traduce in un apporto che vale oggi il 40% del fabbisogno energetico italiano, rispetto al precedente valore del 22%.

Carta di Laura Canali - 2022

(Da Limes 8/2022)

“E’ su Algeri che ci concentriamo, sulla scorta di rapporti energetici cordiali e di lunga data. Il loro simbolo è il gasdotto Transmed che attraversa lo Stretto di Sicilia, frutto di un accordo del 1973 tra Eni e il governo algerino e in funzione dal 1983. Ma la loro genesi è precedente, risale alla guerra d’indipendenza contro la Francia condotta dal Front de Libération Nationale (Fln)”, ricorda Michele Soldavini su Limes. 

Dal governo Draghi al governo Meloni sono state tante le occasioni di incontro, insieme all’ad di Eni  Claudio Descalzi, con il presidente algerino Tebboune. Il cane a sei zampe lavora a braccetto proprio con Sonatrach, tanto sul gas quanto sulle rinnovabili. Da ultimo, il mese scorso c’è stato un nuovo aggiornamento tra i vertici delle due compagnie per definire nuove export verso l’Europa. L’Algeria è il perno del piano Mattei sul quale sta puntando da inizio 2023 Giorgia Meloni per lanciare l’Italia come hub del Mediterraneo. Un rapporto più continuo con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo non è solo interesse dell’Italia, aggiunge, ma dell’intera Europa, «anche per arginare la presenza della Russia e della Cina, aveva detto a gennaio. Un mese dopo che il presidente Tebboune aveva promesso che nel 2023 via Transmed e via nave i flussi Algeria-Italia sarebbero passati da 20 a 35 miliardi di mc annui.

LE ULTIME MOSSE DI SONATRACH

L’ultima mossa di Sonatrach è stata registrata ieri. Come riportato dalle agenzie, la compagnia nazionale algerina ha comunicato di prevedere una riduzione del consumo nazionale di gas per aumentare le esportazioni. In questo senso, sta lavorando sempre più con un’altra compagnia locale: Sonelgaz. A dichiararlo è stato l’ad Rachid Hachichi al Salone e congresso nordafricano sull’Energia e sull’idrogeno di Orano. La mossa rientra nei piani di Sonatrach di utilizzare l’energia solare per alimentare le grandi centrali elettriche del Paese, riducendo il consumo locale di gas. Sonatrach punta a fare “zero combustione entro il 2030”. In termini di sviluppo delle rinnovabili, l’obiettivo è arrivare a una produzione di 15.000 megawatt entro il 2035.

LA PARTNERSHIP ITALIA-ALGERIA: FIDARSI O NO?

Intervistato dal nostro giornale una settimana dopo gli attacchi di Hamas a Israele e le nuove tensioni sulla striscia di Gaza, il professor Giovan Battista Zorzoli del Coordinamento FREE ci aveva detto che “nella diversificazione rispetto alle forniture dalla Russia, abbiamo aumentato di molto le importazioni di gas dall’Algeria. L’Algeria si è schierata a favore di Hamas e ha rapporti militari di armamenti con la Russia, quindi è l’unico vero punto interrogativo. Spero che non siano così folli da voler rovinare la loro già non brillante economia con un embargo”.

Per Zorzoli, “l’unico vero rischio di una decisione traumatica – come un embargo o una riduzione forzata, adducendo ragioni di malfunzionamenti ai gasdotti o cose del genere – riguarda il gas che arriva dall’Algeria. Se per qualunque motivo l’Algeria decidesse di imporre un embargo totale o parziale, saremmo davvero nei guai”. Queste ennesime turbolenze in politica interna confermano i suoi timori. Ci dobbiamo continuare a fidare dell’Algeria?

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