Perché le vendite di auto elettriche crollano? Il Data Room. Argentino (Eni): “Petrolio e gas volatili nel 2025”. Beccarello (Unibicocca): “Accelerare su rinnovabili ma Regioni frenano”. La rassegna Energia
Perché le vendite di auto elettriche sono crollate nel 2024? Nei primi nove mesi del 2024 sono stati messi in commercio appena 4,2 milioni di veicoli full electric con una quota di mercato del 24,7 %. Acea, l’associazione dei 15 maggiori produttori automobilistici europei, a settembre ha invitato le istituzioni Ue a rivedere l’intero processo di decarbonizzazione che fissa al 2025 un nuovo limite alle emissioni di CO2 (93,6 grammi per chilometro), secondo quanto riporta Gabbanelli sul Data Room. Il dirigente del Cnr Nicola Armaroli, studioso di transizione energetica nella sua complessità ha affermato che «l’auto elettrica europea non è competitiva perché i principali marchi hanno continuato a puntare principalmente sulle auto tradizionali, e ora rimandare l’innovazione tecnologica sarebbe il suicidio del nostro settore automobilistico»”, scrive il Corriere della Sera. Il 2025 sarà all’insegna della volatilità per gas e petrolio. «Il prossimo anno il fil rouge del mercato globale petrolio e gas rimarrà la volatilità. Il contesto internazionale sarà teso: geopolitica e sfide logistiche continueranno a influenzare la dinamica dei mercati, creando ulteriore incertezza e difficoltà nel pianificare nuovi investimenti per fare fronte alla crescente domanda di energia a cui andremo incontro», ha detto Cristiana Argentino, head of scenarios, strategics options and climate change di Eni, secondo quanto scrive La Repubblica Affari & Finanza. “Da tempo si parla di disaccoppiamento del prezzo dell’energia rinnovabile da quella prodotta con il gas. Per farlo la recente riforma europea del mercato elettrico ha introdotto una serie di strumenti tecnici e finanziari che permettono di costruire una nuova piattaforma in grado di “separarli”, lasciando in prospettiva al gas un ruolo residuale di bilanciamento del sistema. Ma serve accelerare sui processi autorizzativi delle rinnovabili»”, è quanto ha detto Massimo Beccarello, professore di economia industriale ed economia dell’ambiente dell’Università Bicocca, a La Repubblica Affari & Finanza. La rassegna Energia.
ENERGIA: PERCHE’ LE VENDITE DELL’ AUTO ELETTRICA CROLLANO
“«Abbiamo più oro liquido, petrolio e gas, di qualsiasi altro Paese al mondo. Più dell’Arabia Saudita. Più della Russia». Con queste parole Donald Trump ha ribadito che gli Stati Uniti torneranno a puntare sui combustibili fossili. Mentre gli eventi estremi diventano sempre più frequenti e devastanti (Valencia e Filippine sono solo gli ultimi di una lunga serie), crescono le pressioni per rallentare la transizione energetica. E crescono anche in Europa, il primo continente ad aver indicato le tappe per la riduzione delle emissioni di CO2. L’indicatore più evidente è il passaggio all’auto elettrica. Dall’analisi di PwC vediamo come sta andando il mercato. (…) Il processo di decarbonizzazione prevede la messa in campo di tutte le tecnologie efficaci per raggiungere l’obiettivo: neutralità al 2050. Sul mercato ci sono 3 tipologie di auto elettriche: le ibride tradizionali, (…) Plug-in e (…) 100% elettriche hanno un solo motore alimentato da batterie agli ioni di litio e si ricaricano collegando l’auto a una presa o una colonnina. L’autonomia dipende dal tipo di macchina, di batteria, da guida e temperatura. In via generale un’utilitaria può percorrere 250-300 km con una ricarica completa, mentre un’auto di fascia alta arriva fino a 500 km”, si legge sul Data Room de Il Corriere della Sera.
“(…)le cose non vanno bene. In Germania, il Paese della Ue dove si vende il maggior numero di auto 100% elettriche, tre anni fa la quota di mercato era all’11,7%. In due anni le immatricolazioni hanno raggiunto il 18,4%, ma nel 2024 il governo ha bloccato anticipatamente i sussidi e nei primi nove mesi si è scesi al 13,1%. Va un po’ meglio la Francia dove la quota di mercato è passata dall’8,5% del 2021 al 16,8%. Ma da quest’anno sono stati ridotti gli incentivi e bloccato l’esperimento del «leasing sociale», programma di sovvenzioni rivolto ai ceti meno abbienti a cui è offerta la possibilità di affittare un’auto elettrica a 100 euro al mese per poi riscattarla. Ora la quota di mercato è al 17,1%. (…) La Ue ha fatto le leggi, ma non ha sviluppato una politica industriale e di sovvenzioni coordinata per approcciare un cambio epocale, perché ogni Paese ha preferito andare per conto suo. E ogni Paese ha un problema diverso. Si è puntato sulla produzione di fascia alta perché la domanda arriva dai più abbienti, mentre le auto di piccola e media dimensione restano troppo costose, in media il 20% in più rispetto agli equivalenti modelli a benzina.”, continua il giornale.
“Nei primi nove mesi del 2024 sono stati messi in commercio 4,2 milioni di veicoli full electric con una quota di mercato del 24,7 %. I prezzi sono ormai più bassi rispetto alle auto a benzina e tecnologicamente (…) Con l’accusa di dumping commerciale Bruxelles a fine ottobre ha introdotto dazi sui veicoli prodotti in Cina in proporzione alle sovvenzioni che ogni singola casa automobilistica ha ricevuto dallo Stato: del 17% sulle auto prodotte da BYD, 18,8% su quelle di Geely e 35,3% sui veicoli esportati dalla società statale cinese SAIC. Ma come ha fatto la Cina a diventare leader dei veicoli elettrici? Lo descrive in modo preciso lo studio del Center for Strategic and International Studies: a partire dal 2009 il governo comunista ha finanziato l’intera filiera con 230,8 miliardi di dollari distribuiti su programmi di ricerca tecnologica, investimenti in infrastrutture, sconti sull’acquisto di auto ed esenzioni d’imposta. Oggi le multinazionali CATL e BYD controllano oltre il 50% del mercato delle batterie elettriche che esportano in tutto il pianeta, mentre l’Europa ha pochissime gigafactory. (…) Quest’anno sono state vendute 901 mila auto 100% elettriche, con una quota di mercato di solo il 7,7%. Però negli ultimi due anni l’amministrazione Biden ha investito 126,3 miliardi nello sviluppo dell’auto elettrica creando 108 mila posti di lavoro. Inoltre, gli Usa possono vantare Tesla, l’azienda più innovativa del mondo che anche quest’anno ha piazzato un suo veicolo, la Model Y, al primo posto delle vendite nei mercati americano, cinese ed europeo”, continua il giornale.
“Acea, l’associazione dei 15 maggiori produttori automobilistici europei, a settembre ha invitato le istituzioni Ue a rivedere l’intero processo di decarbonizzazione che fissa al 2025 un nuovo limite alle emissioni di CO2 (93,6 grammi per chilometro). Vuol dire che se le aziende non si adeguano, producendo più auto ibride ed elettriche per compensare le emissioni della produzione endotermica, dovranno pagare multe milionarie. In alternativa è concesso comprare crediti green da Tesla. Secondo un’indagine di Dataforce solo pochi costruttori sarebbero in grado di rispettare il parametro, per questo l’associazione chiede di posticipare il limite al 2027. (…) Il dirigente del Cnr Nicola Armaroli, studioso di transizione energetica nella sua complessità sostiene che «l’auto elettrica europea non è competitiva perché i principali marchi hanno continuato a puntare principalmente sulle auto tradizionali, e ora rimandare l’innovazione tecnologica sarebbe il suicidio del nostro settore automobilistico»”, continua il giornale.
PETROLIO E GAS, NEL 2025 SARANNO VOLATILI
“«Anche il 2024 si conferma, come gli anni recenti, un periodo complesso per il settore energetico globale, segnato dalla volatilità e dall’incertezza causata dall’acuirsi delle tensioni geopolitiche che mettono a rischio la sicurezza e la continuità delle forniture energetiche. In questo contesto, il petrolio, elemento centrale del mix energetico mondiale, è stato particolarmente vulnerabile agli effetti di conflitti e delle dispute internazionali». Cristiana Argentino, head of scenarios, strategics options and climate change di Eni, inquadra subito le principali dinamiche energetiche che hanno segnato il 2024. Dinamiche che sono simili a quelle vissute nel 2023, periodo analizzato nell’ultima edizione della Wer (World Energy Review) (…) Dinamiche che, secondo Argentino, rivivremo anche nel 2025: «Il prossimo anno – spiega la manager – il fil rouge del mercato globale petrolio e gas rimarrà la volatilità. Il contesto internazionale sarà teso: geopolitica e sfide logistiche continueranno a influenzare la dinamica dei mercati, creando ulteriore incertezza e difficoltà nel pianificare nuovi investimenti per fare fronte alla crescente domanda di energia a cui andremo incontro».(…) La recente discesa dei prezzi del petrolio è stata influenzata da due fattori principali. Da un lato, il rafforzamento del dollaro ha reso il greggio più costoso per i Paesi che usano altre valute, limitando il calo in alcune aree. Dall’altro, la domanda cinese si è indebolita, contribuendo alla flessione dei prezzi internazionali”, si legge su La Repubblica Affari & Finanza.
“«La domanda globale ha contribuito ad esacerbare l’instabilità – conferma Argentino -. Nel 2024, i timori di un rallentamento dell’economia cinese hanno generato ulteriori incertezze sul futuro della domanda oil, portando a oscillazioni di prezzo in risposta alle aspettative negative dei mercati. La situazione in Cina riflette come i mercati energetici siano strettamente legati all’economia globale e come anche indicatori macroeconomici sfavorevoli possano avere un effetto destabilizzante». (…) A medio termine, queste politiche potrebbero sostenere lo sviluppo dell’offerta domestica, con un impatto ribassista sui prezzi, sebbene ciò rimanga incerto, dato il tempo necessario per implementare tali politiche e la complessità delle dinamiche di mercato (l’industria rimane concentrata sulla disciplina finanziaria). (…) Anche il mercato globale del gas rimane sotto pressione, sebbene oggi i prezzi siano su livelli ben al di sotto dei record degli ultimi anni. Ma sono destinati a rimanere più alti che in passato, e comunque registrare ampie oscillazioni fino a quando l’offerta globale non si sarà adeguata. «Dopo lo shock dell’offerta per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, con prezzi record, forte volatilità e una radicale riconfigurazione dei flussi globali di Gnl e del ruolo dei paesi, i mercati globali del gas si sono orientati verso un graduale ribilanciamento nel 2023 e una tendenza al ribasso nella prima parte del 2024.(…) Nonostante ciò, il mercato nel 2024 rimane in equilibrio instabile, con i prezzi che continuano a reagire repentinamente a ogni segno di potenziale carenza di offerta/ crescita in attesa della domanda”, continua il giornale.
“«Mi sembra un esercizio di programmazione importante, che ha portato il dibattito sul merito delle questioni in termini quantitativi. Tiene conto del potenziale del Paese e cerca il modo più efficiente per raggiungere gli obiettivi. Direi il massimo che si poteva fare, e può essere aggiornato nel 2027». (…) «Se, come ha suggerito la Commissione, dobbiamo ridurre del 90% le emissioni entro il 2040, non potendo usare più il gas e data l’intermittenza delle rinnovabili, l’unica opzione è il nucleare. Dopodiché bisogna farlo». La nuova generazione è ancora una scommessa o già realtà? «I reattori di quarta generazione sono una opzione promettente ma non ancora concreta. La terza è sul mercato. Il punto però, quando si parla di “small modular reactors” (reattori più piccoli, ndr) è creare le condizioni economiche: quanto costeranno? Finora in Europa il nucleare ha dato energia a prezzi competitivi puntando sulle economie di scala con grandi impianti e allungandone la durata. Nei reattori piccoli bisogna spostare queste economie sulla scala con cui vengono prodotti». (…) «La strada per l’Italia è spingere sulle rinnovabili e avere un programma concreto per il nucleare. Ma c’è il rischio che il poco tempo a disposizione non permetta losviluppo delle tecnologie necessarie a garantire la competitività del sistema. E soprattutto c’è il tema dei costi: al nostro Paese sarebbero necessari 117 miliardi di euro l’anno di investimenti da qui al 2030, e poi oltre 180 l’anno nel decennio successivo.(…) Il prossimo dibattito in Europa richiederà di adeguare obiettivi e tempi della decarbonizzazione sulla base delle tecnologie disponibili e della sostenibilità economica. Bisognerà inoltre considerare anche le scelte delle altre aree geopolitiche, un quadro con molte incognite».
(…) «Se gli Stati Uniti faranno ulteriori passi indietro dagli accordi di Parigi rischia di partire un effetto domino disastroso per la sostenibilità ambientale ed irrazionale rispetto agli sforzi e alle risorse impegnate fin qui»”, continua il giornale.
ENERGIA: RINNOVABILI, BECCARELLO (UNIBICOCCA): “SERVE ACCELERARE MA REGIONI FRENANO”
“Da tempo si parla di disaccoppiamento del prezzo dell’energia rinnovabile da quella prodotta con il gas. Per farlo la recente riforma europea del mercato elettrico ha introdotto una serie di strumenti tecnici e finanziari che permettono di costruire una nuova piattaforma in grado di “separarli”, lasciando in prospettiva al gas un ruolo residuale di bilanciamento del sistema. Ma serve accelerare sui processi autorizzativi delle rinnovabili»”, è quanto ha detto Massimo Beccarello, professore di economia industriale ed economia dell’ambiente dell’Università Bicocca, a La Repubblica Affari & Finanza.
«”Prima sulla transizione verde c’è stato un dibattito ideologico, che ha portato l’Europa a fissare degli obiettivi senza tenere conto dei costi e delle tecnologie disponibili. Ora invece, anche con la vittoria di Trump, il pendolo rischia di oscillare nella direzione opposta, con gravi implicazioni per l’ambiente». Massimo Beccarello è professore all’Università Bicocca, dove insegna economia industriale ed economia dell’ambiente, i poli di un dilemma che al momento pare irrisolvibile. «Ma credo ci sia lo spazio per un dibattito diverso, che mantenga l’ambizione degli obiettivi ma aggiusti tempi e modi con realismo, guardando i numeri». (…)«Per esempio che in Italia le rinnovabili, che sono le fonti più convenienti, non dispiegano in pieno il loro potenziale. Il motivo per cui si paga un prezzo dell’energia così alto è che per il 60% delle ore a fare il prezzo è la generazione a gas, quella che serve a tenere in equilibrio il sistema ma è la più cara». (…) «Assolutamente sì. Da tempo si parla di disaccoppiamento del prezzo dell’energia rinnovabile da quella prodotta con il gas. Per farlo la recente riforma europea del mercato elettrico ha introdotto una serie di strumenti tecnici e finanziari che permettono di costruire una nuova piattaforma in grado di “separarli”, lasciando in prospettiva al gas un ruolo residuale di bilanciamento del sistema. Ma serve accelerare sui processi autorizzativi delle rinnovabili». (…) «È il grande problema della legislazione concorrente in tema di energia. Il decreto era un grande test per capire se gli impegni presi dal governo sarebbero stati condivisi in sinergia dalle Regioni: i tempi lunghi e le interdizioni emerse ci obbligano a riflettere su questa governance energetica. L’opposizione della Sardegna è nota, molte Regioni del Sud dicono di avere già fatto tanto, ma sole, vento e disponibilità idrica sono presenti in modo diverso e nell’interesse generale del Paese bisogna promuovere le diverse tecnologie sulla base del potenziale delle risorse in ogni regione»”, si legge su La Repubblica Affari & Finanza.
“«Mi sembra un esercizio di programmazione importante, che ha portato il dibattito sul merito delle questioni in terminiquantitativi. Tiene conto del potenziale del Paese e cerca il modo più efficiente per raggiungere gli obiettivi. Direi il massimo che si poteva fare, e può essere aggiornato nel 2027». (…) «Se, come ha suggerito la Commissione, dobbiamo ridurre del 90% le emissioni entro il 2040, non potendo usare più il gas e data l’intermittenza delle rinnovabili, l’unica opzione è il nucleare. Dopodiché bisogna farlo». La nuova generazione è ancora una scommessa o già realtà? «I reattori di quarta generazione sono una opzione promettente ma non ancora concreta. La terza è sul mercato. Il punto però, quando si parla di “small modular reactors” (reattori più piccoli, ndr) è creare le condizioni economiche: quanto costeranno? Finora in Europa il nucleare ha dato energia a prezzi competitivi puntando sulle economie di scala con grandi impianti e allungandone la durata. Nei reattori piccoli bisogna spostare queste economie sulla scala con cui vengono prodotti». (…) «La strada per l’Italia è spingere sulle rinnovabili e avere un programma concreto per il nucleare. Ma c’è il rischio che il poco tempo a disposizione non permetta lo sviluppo delle tecnologie necessarie a garantire la competitività del sistema. E soprattutto c’è il tema dei costi: al nostro Paese sarebbero necessari 117 miliardi di euro l’anno di investimenti da qui al 2030, e poi oltre 180 l’anno nel decennio successivo.(…) Il prossimo dibattito in Europa richiederà di adeguare obiettivi e tempi della decarbonizzazione sulla base delle tecnologie disponibili e della sostenibilità economica. Bisognerà inoltre considerare anche le scelte delle altre aree geopolitiche, un quadro con molte incognite». (…) «Se gli Stati Uniti faranno ulteriori passi indietro dagli accordi di Parigi rischia di partire un effetto domino disastroso per la sostenibilità ambientale ed irrazionale rispetto agli sforzi e alle risorse impegnate fin qui»”, continua il giornale.