Mentre la coalizione di governo si spacca sul divieto, prende forma un’ipotesi di mediazione. L’idea è mantenere la data del 2035, ma salvando dalla scure i motori ibridi plug-in.
Berlino si prepara a un confronto decisivo con i protagonisti della filiera automotive nazionale. L’esecutivo tedesco convoca per giovedì 9 ottobre un tavolo cruciale dove il cancelliere Friedrich Merz, il responsabile dell’economia Lars Klingbeil, delegazioni industriali, organizzazioni sindacali e rappresentanti regionali dovranno sciogliere il nodo più controverso: il destino della cessazione programmata delle motorizzazioni tradizionali prevista per il 2035. La questione divide profondamente la coalizione di governo e rischia di condizionare l’intero pacchetto di misure destinato a un comparto in affanno, mentre si profilano soluzioni di compromesso che potrebbero preservare la scadenza temporale rendendo però più flessibili le modalità attuative.
LO SCONTRO SUL DESTINO DELLE MOTORIZZAZIONI TRADIZIONALI NEL 2035
Al centro del confronto si colloca dunque la questione relativa al mantenimento dell’eliminazione dei propulsori convenzionali. La stampa tedesca, Handelsblatt in testa che dedica al dibattito sull’auto un ampio articolo, non cita la lettera comune italo-tedesca firmata dai ministro Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy) e Katherina Reiche (Economia), con cui i due esponenti di governo chiedono alla Commissione europea un cambio di rotta nel segno del pragmatismo sull’automotive, e di allentare le regole sull’industria dell’auto per salvaguardare la competitività europea.
Il quotidiano economico tedesco si concentra sugli aspetti solo interni e ricorda che le normative vigenti prevedono l’azzeramento delle emissioni per le nuove immatricolazioni entro il 2035, con penalizzazioni economiche rilevanti per i costruttori inadempienti. Le forze conservatrici contestano apertamente questa scadenza e il cancelliere intende negoziarne la revisione presso le istituzioni europee, mentre i socialdemocratici mostrano posizioni differenziate al proprio interno: il governatore della Bassa Sassonia Olaf Lies sostiene il mantenimento della data limite, mentre il ministro dell’Ambiente Carsten Schneider e parte del gruppo parlamentare socialdemocratico vi si oppongono.
Il leader dell’Spd Klingbeil non ha ancora esplicitato la propria posizione. Fonti della coalizione confermano l’assenza di un’intesa preventiva sulla data limite, elemento che complica la possibilità per il cancelliere di presentarsi a Bruxelles con una posizione unitaria. La normativa richiederebbe comunque modifiche a livello sovranazionale.
IL COMPROMESSO POSSIBILE: FLESSIBILITÀ NELL’ATTUAZIONE
Osservatori qualificati provenienti da istituzioni federali, regionali e industriali anticipano una mediazione che sta prendendo forma nelle ore precedenti all’incontro: la scadenza temporale del 2035 potrebbe rimanere invariata, ma con modalità attuative significativamente più flessibili. Si discute in particolare della possibilità di continuare a commercializzare veicoli ibridi ricaricabili, dotati sia di propulsore elettrico che termico, anche oltre la data stabilita. La presidente della Saar, Anke Rehlinger, ha articolato questa posizione sostenendo l’opportunità di preservare i traguardi ambientali garantendo però all’industria percorsi realizzabili: “L’opzione tecnologica ibrida oltre il 2035 costituirebbe un segnale positivo che la Germania dovrebbe sostenere presso le istituzioni europee, ma richiede contropartite tangibili dalle imprese riguardo alla salvaguardia occupazionale sul territorio nazionale”.
Per il periodo antecedente al 2035, fonti governative riferiscono che potrebbero essere alleggeriti i parametri emissivi delle flotte, attualmente fonte di potenziali sanzioni miliardarie per i costruttori. Il governatore della Bassa Sassonia Lies (presidente del Land che ospita il colosso Volkswagen) ha recentemente proposto un “percorso flessibile” che consideri variabili quali l’infrastruttura di ricarica e i costi energetici.
ACCIAIO VERDE E INCENTIVI: IL LEGAME TRA AUTOMOTIVE E SIDERURGIA
All’interno dell’amministrazione federale circola un’ipotesi innovativa che salderebbe due priorità strategiche: il rilancio dell’industria automobilistica e la tutela della produzione siderurgica nazionale. Secondo indiscrezioni raccolte sempre dall’Handelsblatt, forze di maggioranza starebbero valutando la possibilità di riconoscere crediti compensativi ai costruttori che incorporano nelle proprie vetture acciaio ecologico fabbricato prevalentemente sul territorio comunitario. Quattro esponenti governativi hanno confermato al quotidiano di Düsseldorf che tale orientamento è attualmente al vaglio degli uffici competenti. Fonti vicine alla Cancelleria e al dicastero finanziario riferiscono di un atteggiamento favorevole verso questa soluzione, che consentirebbe ai produttori di rispettare più agevolmente i parametri emissivi delle flotte, sostenendo contestualmente la metallurgia domestica. Tuttavia, viene precisato che il progetto si trova ancora in una fase embrionale di elaborazione e la sua attuazione sarebbe possibile esclusivamente a livello europeo, con la complessità aggiuntiva di verificare le catene di approvvigionamento.
MISURE FISCALI E RESISTENZE POLITICHE
Parallelamente, l’apparato amministrativo sta esaminando ulteriori strumenti d’intervento. Il ministro Klingbeil ha già manifestato pubblicamente l’intenzione di prolungare fino al 2035 l’esenzione dal tributo automobilistico per i mezzi a propulsione esclusivamente elettrica. Attualmente, tale beneficio riguarda le vetture immatricolate entro la fine del 2025 e risulta efficace fino al 2030. L’estensione quinquennale di questo vantaggio fiscale dovrebbe rientrare nel pacchetto di provvedimenti che scaturirà dall’incontro di giovedì. Secondo quanto emerso da diverse testimonianze governative, il dipartimento ambientale avrebbe avanzato la proposta di incrementare il prelievo fiscale annuale sui veicoli alimentati a carburanti fossili, con un meccanismo penalizzante che potrebbe finanziare parzialmente le agevolazioni destinate alla mobilità elettrica.
Tale misura incontra tuttavia resistenze significative: le formazioni conservatrici e numerosi governatori regionali si oppongono a qualsiasi aggravio fiscale in un momento di fragilità intrinseca delle vendite. Analoga contrarietà riguarda modifiche alla tassazione delle vetture aziendali, mercato cruciale per molti costruttori, dove i veicoli elettrici godono già di trattamenti preferenziali.
C’è scontro anche sulle clausole di preferenza per i prodotti europei. Di fronte alla progressiva chiusura dei mercati statunitensi e alla pressione competitiva asiatica, Bruxelles intende vincolare le commesse pubbliche all’impiego di componenti locali. In questo caso è il settore industriale a puntare i piedi: le clausole protezionistiche comporterebbero svantaggi economici dopo anni di diversificazione geografica delle forniture – sostengono gli industriali – con il rischio aggiuntivo di ritorsioni commerciali da parte di partner economici cruciali per l’export automobilistico tedesco. L’incertezza dunque persiste e, nonostante l’urgenza di non procrastinare ulteriormente decisioni necessarie per un comparto in difficoltà, permangono dubbi sulla possibilità di giungere giovedì a decisioni concrete.