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Manovra taglia 3,7 miliardi del fondo Automotive. 50.000 firme per nucleare. Federchimica: Ridurre costo energia. Che c’è sui giornali

La Manovra taglia 3,7 miliardi di fondi per l’automotive. 50.000 firme in 4 giorni per l’iniziativa popolare su nucleare. Federchimica “Ridurre costo dell’energia per rimanere competitivi”. La rassegna Energia

La Legge di Bilancio porta pessime notizie per l’industria automotive italiana. Leggendo la Sezione (II) che riguarda la revisione dei finanziamenti delle vecchie leggi di spesa emerge che il fondo Automotive verrà pesantemente definanziato, come scrive Il Corriere della Sera. Infatti, passerà da un miliardo all’anno fino al 2030 a 450 milioni nel 2025, che diventeranno 200 negli anni successivi. Così facendo lo Stato nei prossimi 5 anni risparmierà 3,7 miliardi di euro. La raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che propone “un rapido riassetto normativo che consenta in Italia la costruzione e l’esercizio di centrali nucleari” ha fatto registrare la cifra record di 52.000 firme in 4 giorni. L’obiettivo dei promotori dell’iniziativa (Azione, Radicali Italiani e Orizzonti Liberi) è costruire un movimento d’opinione sul tema. Un dato interessante è che il 66% dei firmatari ha meno di 33 anni (9.500 nella fascia 18-22 anni; 15.158 nella fascia 2327; 9.825 nella fascia 28-32). “Non c’è alternativa alla riduzione del costo dell’energia se non vogliamo diventare ininfluenti”. È l’allarme lanciato dal presidente di Federchimica, Francesco Buzzella, per aiutare l’industria della chimica a rimanere competitiva a livello mondiale. La rassegna Energia.

AUTO, RISORSE PER L’INDUSTRIA SCENDONO A 4,6 MILIARDI

“Le sorprese di solito sono proprio lì, nella parte «nascosta» della Legge di Bilancio, la Sezione II con la revisione dei finanziamenti delle vecchie leggi di spesa, che insieme all’articolato con le nuove misure, rivela la vera dimensione e natura della manovra. Si scopre così che l’impatto reale sul deficit della Legge di Bilancio, l’effetto espansivo, nel 2025 è di 10,4 miliardi di euro, ben lontano dai 30 con cui la misura il governo. E che anche quest’anno le tabelle fanno una vittima eccellente, stavolta l’industria dell’automobile. Tra i 9,4 miliardi di vecchi programmi di spesa che vengono definanziati c’è infatti il Fondo Automotive, destinato ad agevolare anche con gli incentivi la transizione verso le auto elettriche. C’era un miliardo l’anno fino al 2030, che viene pesantemente decurtato: nel ‘25 restano 450 milioni, poi 200 l’anno. Lo Stato risparmia 3,7 miliardi nei prossimi cinque anni, 4,5 fino al 2030, e l’industria protesta. «Gli imprenditori e le imprese del settore sono sconcertati. L’automotive è il principale settore manufatturiero italiano, conta oltre 270.000 addetti diretti, ha un fatturato di oltre 100 miliardi di euro ed è l’unico a cui è richiesta una trasformazione obbligatoria epocale in pochi anni», sottolinea una nota dell’Anfia”, si legge su Il Corriere della Sera.

“A fronte degli 8,2 miliardi di definanziamenti, le tabelle prevedono rifinanziamenti di vecchie spese per 4,4 miliardi. Per gli investimenti della difesa ci saranno 2,5 miliardi in più all’anno dal 2025, 15 in più fino al 2030. Vengono rifinanziate le missioni di pace con 1,2 miliardi l’anno e arrivano anche 800 milioni in più per non autosufficienti e disabili. Dalla revisione dei fondi scaturiscono dunque 3,9 miliardi di risparmi per quadrare i conti della manovra. (…) i 3,9 miliardi dei risparmi sugli investimenti, che cifrano l’impatto effettivo della manovra sul deficit pubblico del 2025 di 10,4 miliardi, di 15,4 nel ‘26 e di 26 miliardi nel 2027”, continua il giornale.

ENERGIA NUCLEARE, 50.000 FIRME IN 4 GIORNI PER LEGGE INIZIATIVA POPOLARE

La raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che propone “un rapido riassetto normativo che consenta in Italia la costruzione e l’esercizio di centrali nucleari” ha fatto registrare la cifra record di 52.000 firme in 4 giorni. L’obiettivo dei promotori dell’iniziativa (Azione, Radicali Italiani e Orizzonti Liberi) è costruire un movimento d’opinione sul tema. Un dato interessante è che il 66% dei firmatari ha meno di 33 anni (9.500 nella fascia 18-22 anni; 15.158 nella fascia 2327; 9.825 nella fascia 28-32).

“Il dato è sorprendente per un tema che, storicamente, è stato visto come nemico del consenso: 52.500 firme a favore del nucleare in quattro giorni. “Non ci fermeremo, continueremo a raccogliere firme – dice Carlo Calenda, che è tra i promotori dell’iniziativa –. Dobbiamo costruire un movimento d’opinione sul nucleare per dimostrare che c’è una parte d’Italia che si vuole fare strada e che vuole sentir parlare di cose che hanno un senso”. La raccolta firme è per una legge di iniziativa popolare che propone “un rapido riassetto normativo che consenta in Italia la costruzione e l’esercizio di centrali nucleari”. Olte ad Azione, che con Giuseppe Zollino, professore esperto di impianti nucleari ha fatto il lavoro tecnico, hanno promosso e sostenuto l’iniziativa esponenti della società civile, la Fondazione Luigi Einaudi e altri partiti di opposizione come i Radicali italiani e Orizzonti liberali (il movimento di Luigi Marattin)”, si legge su Il Foglio.

“(…) La proposta “Energia nucleare? Sì, grazie!” ribalta l’approccio: si parte subito con le centrali nucleari della più avanzata tecnologia disponibile (la terza generazione a fissione), che già garantisce le più basse emissioni di CO2 e i più elevati standard di sicurezza, per poi aggiungere tutte le innovazioni se e quando saranno disponibili. (…) Su questa stessa lunghezza d’onda si è posizionata la Confindustria, anche se è difficile immaginare mini reattori nucleari “all’interno delle nostre industrie” come sostiene il presidente Emanuele Orsini. L’altro tema che ha rilanciato l’atomo in Europa, dove ormai sembrava al tramonto, è la sicurezza: dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’autonomia energetica è diventato un perno della politica di sicurezza nazionale ed europea”, continua il giornale.

“Ma questa proposta di legge popolare mostra due elementi nuovi rispetto alle storiche iniziative pro-nuke: un movimento che parte dal basso, una caratteristica che appartiene storicamente all’attivismo anti-nucleare; e una motivazione ambientale. I dati mostrano che il 66 per cento dei firmatari ha meno di 33 anni (9.500 nella fascia 18-22 anni; 15.158 nella fascia 2327; 9.825 nella fascia 28-32). A motivare questi giovani, oltre ai temi di competitività economica e sicurezza energetica (intesa come difesa della democrazia europea), è la sensibilità ambientalista, che è molto diversa da quella della generazione Chernobyl. Il nucleare è ritenuto una fonte indispensabile per abbattere l’emissione di CO2 e affrontare la transizione energetica. (…) Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin sta facendo dei passi in avanti su questo fronte. Ad esempio, ha inserito nel Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) uno scenario che prevede anche l’energia atomica. E poi ha dato l’incarico al costituzionalista Giovanni Guzzetta di definire il nuovo quadro giuridico-regolamentare per il nucleare. Ma al di là dei passaggi tecnici, il nucleare ha una speranza solo se si decide di fare una battaglia culturale, che però il centrodestra non sembra voler affrontare fino in fondo”, continua il giornale.

ENERGIA, BUZZELLA (FEDERCHIMICA): “RIDURRE COSTO PER COMPETITIVITA'”

“Non c’è alternativa alla riduzione del costo dell’energia se non vogliamo diventare ininfluenti”. È l’allarme lanciato dal presidente di Federchimica, Francesco Buzzella, per aiutare l’industria della chimica a rimanere competitiva a livello mondiale.

“Il presidente di Federchimica Francesco Buzzella ha sottolineato l’incertezza a livello globale («Guerre, ambientalismo ideologico, populismo tolgono spazio alle democrazie e alla voglia di innovare»). L’unica risposta è restare competitivi. C’è però un nodo da sciogliere: il costo dell’energia. «Non c’è alternativa alla riduzione del suo costo se non vogliamo diventare ininfluenti», dice Buzzella. E il nucleare non basta: «Arriverà tra molti anni e nel frattempo dobbiamo sopravvivere». Si tratta di un allarme legato all’esistenza del settore nei termini in cui lo conosciamo oggi: 2.800 imprese, 112 mila addetti, per una valore generato di 67 miliardi di euro, con una prospettiva nel 2025 di stabilizzazione della produzione (+0,5%) dopo due anni in negativo”, si legge su Il Corriere della Sera.

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