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San Francisco Gas

Caro bollette e gas, cosa potrebbe cambiare con il nuovo decreto del governo

Si prevedono forniture a prezzi calmierati per l’industria, riduzioni sugli oneri di sistema e proposte per incentivare le rinnovabili nella PA

Un piano che prevede delle forniture a prezzi calmierati per l’industria in difficoltà, soprattutto quella energivora. È di questa tipologia l’intervento che il governo si appresta a compiere per contrastare il caro energia. Come anticipato venerdì scorso in conferenza stampa dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, e dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, il piano emergenziale verrà presentato nel prossimo Consiglio dei ministri. Draghi nel suo discorso ha spiegato che “la priorità è assicurare una crescita equa e sostenibile, ed è fondamentale che non sia strozzata dal caro energia”.

IL PIANO DEL GOVERNO CONTRO IL CARO BOLLETTE

Il governo potrebbe rinnovare gli interventi di contenimento previsti per il periodo gennaio-marzo, primo fra tutti l’azzeramento degli oneri di sistema nella bolletta elettrica e una notevole riduzione in quella del gas. La misura è già stata adottata più volte a partire da luglio 2021, quando iniziò il forte aumento dei prezzi dell’energia. Il nuovo decreto bollette, atteso in settimana, potrebbe includere anche delle proposte per incentivare le energie rinnovabili nella pubblica amministrazione, ad esempio aiutando gli uffici pubblici e le scuole ad installare pannelli solari.

A prescindere dalla direzione intrapresa (rafforzamento dello sconto in bolletta o allargamento della platea, le ipotesi allo studio), per poter decidere l’entità dell’intervento si dovranno conoscere gli aumenti reali di luce e gas. Questi ultimi però saranno resi noti solo verso fine marzo, quando Arera comunicherà l’aggiornamento sulle condizioni di tutela.

Insieme ai sostegni, il governo sarebbe al lavoro anche su delle misure di alleggerimento dei costi sostenuti dalle imprese su due fronti. Da un lato il trasferimento alle imprese energivore a rischio delocalizzazione dei 25 terawattora di energia rinnovabile attualmente ritirata dal Gse per rivenderla sul mercato spot a prezzi calmierati per il 2022-2023, a 50 euro per mWh; dall’altro lato, potrebbe arrivare il via libera dell’esecutivo all’incremento della produzione nazionale di gas fino a 3 miliardi di metri cubi l’anno (dai 1,5 miliardi previsti per il 2022), che verrebbero ceduti all’industria di settore con contratti a lungo termine e tariffe basse (16 centesimi per metro cubo standard). Questo secondo intervento andrebbe inserito all’interno della normativa nazionale e dei piani del governo sul gas, primo su tutti il Pitesai.

IL PITESAI, I PROGETTI IN CORSO E LE CRITICHE

Venerdì scorso infatti è stato pubblicato il Pitesai (Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee), un documento atteso che individua i luoghi dove si potranno ancora svolgere attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi, escludendone altri e a mandare avanti i progetti già avviati ma non ancora in fase di produzione. Tra quelli più importanti c’è il progetto Argo e Cassiopea di Eni e Energean, che può produrre oltre 1,6 miliardi di metri cubi all’anno. Il problema è che, secondo il Pitesai, nella zona in cui si trova – al largo dell’offshore siciliano – ci sono alcune aree non idonee. Un’altra zona interessante è quella dell’Alto Adriatico, che bagna le coste venete, ma dal 2008 ne è stata vietata l’esplorazione.

Il Pitesai, però, è già stato oggetto di critica da parte di alcuni, come il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, secondo cui “con queste regole ci vorranno anni, se non decenni, per produrre più gas in Italia, e ce lo dimostra l’esperienza degli ultimi 20-30 anni”. Allo stesso tempo, Tabarelli ha ammesso che “tecnicamente, un raddoppio della produzione da 3 a 6 miliardi di metri cubi sarebbe possibile in un anno”. Nomisma ha ricordato anche che nel 2021 la produzione nazionale di gas ha raggiunto i 3 miliardi di metri cubi, il valore minimo dal 1954.

IL CONSUMO DI GAS IN ITALIA E IN EUROPA

Dal rapporto annuale dell’Eni è emerso che i giacimenti italiani contengono 40 miliardi di metri cubi di gas, oltre ad altri “probabili” 30 miliardi, per un totale quindi di 70-80 miliardi di metri cubi. Come riporta Il Fatto Quotidiano, “le riserve naturali russe, le più grandi del pianeta, racchiudono 50.000 miliardi di metri cubi, quelle dell’Algeria (altro nostro storico fornitore) 4,5 mila miliardi. Di gas, in linea teorica, ce n’è dappertutto molto di più, ma estrarlo non si può o non conviene. Ogni anno l’Italia consuma oltre 70 miliardi di metri cubi di gas, e i giacimenti basterebbero ad assicurare il fabbisogno di un anno o più”.

Nell’Unione Europea si utilizzano 380 miliardi di metri cubi di gas l’anno, perciò ridurre i prezzi alla fonte – e sulle nostre bollette – aggiungendo altri 3 miliardi di metri cubi non porterebbe alcun vantaggio, se non per chi il gas lo estrae e/o lo vende.

Per quanto riguarda infine le reazioni sul fronte politico, oggi il segretario della Lega, Matteo Salvini, a RTL 102.5 ha dichiarato che “domani porteremo in Consiglio dei Ministri una manovra da 7 miliardi per bloccare l’aumento delle bollette di luce e gas, che sono un’emergenza nazionale. Due mesi fa, quando parlavo di bollette, mi prendevano in giro, oggi tutti stanno toccando con mano quanto siano pesanti gli aumenti”.

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