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Come il meccanismo CBAM dell’Unione europea sta rimodellando il commercio globale dell’acciaio

Sia l’Ue che gli USA da tempo cercano di limitare la penetrazione nel mercato di acciaio, alluminio e altri prodotti a basso costo provenienti dai rispettivi mercati nazionali
Lo scorso 1° ottobre l’Unione europea ha lanciato il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), una politica commerciale progettata per dare un prezzo equo al carbonio emesso durante la produzione di beni ad alta intensità di CO2 che entrano nell’Unione europea. I funzionari Ue sperano anche che incoraggerà una produzione industriale più pulita nei Paesi extra-UE.

La politica si applicherà ad una gamma di prodotti ad alta intensità di carbonio, tra cui cemento, ferro e acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno. L’intenzione è quella di proteggere i produttori nazionali – che devono rispettare le normative Ue sulle emissioni ambientali – dalla concorrenza sleale di produttori esteri non soggetti allo stesso regime. Il CBAM ha poi lo scopo di dissuadere i produttori Ue dall’investire all’estero in luoghi meno regolamentati, al fine di evitare quegli stessi costi, spesso definiti “rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”.

Il CBAM è appena entrato in vigore e attualmente si trova nella sua fase transitoria. Il primo periodo di riferimento per gli importatori termina il 31 gennaio 2024. Nel frattempo, l’American Action Forum riferisce che il piano è quello di iniziare a tassare le esportazioni statunitensi nei settori ad alta intensità di carbonio a partire dal 2026.

GLI EFFETTI DELLA CBAM SULLE POLITICHE COMMERCIALI DEGLI STATI UNITI

Gli Stati Uniti dovrebbero essere infastiditi da quello che sta facendo l’Unione europea? Stando a quanto scrive Stuart Burns su Oilprice, sì. Su diversi livelli, il CBAM ha rilevanza sia per i consumatori statunitensi che per quelli nazionali. Sebbene i piani possano cambiare a seconda dell’amministrazione che guida il Paese, gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di implementare un proprio CBAM. E, per una volta, c’è un sostegno bipartisan alla misura. Detto questo, la forma che potrebbe assumere uno CBAM statunitense dev’essere definita. Tuttavia, allo stesso modo della politica europea, qualsiasi CBAM consentirebbe agli Stati Uniti di imporre un prezzo – sotto forma di tasse di importazione o altre tariffe – sul carbonio emesso durante la produzione di beni nel Paese di origine.

Entrambi i blocchi commerciali da tempo cercano di limitare la penetrazione nel mercato di acciaio, alluminio e altri prodotti a basso costo provenienti dai rispettivi mercati nazionali. Ad esempio, il presidente USA Donald Trump ha introdotto dei dazi del 10% sull’alluminio e del 25% sui prodotti in acciaio proveniente da quasi tutti i Paesi. Poi ha gradualmente ceduto, in cambio dell’imposizione di quote da parte di diverse fonti. L’amministrazione Biden ha esteso ulteriormente questo processo, consentendo il commercio bilaterale con gruppi più grandi – come l’Unione europea – per evitare la cosiddetta “Section 232” (“Investigation on the Effect of Imports of Steel on U.S. National Security” del Dipartimento del Commercio USA, ndr), pur mantenendo i volumi commerciali limitati da alcune quote.

LO SPAURACCHIO DELLA CINA

L’obiettivo principale delle restrizioni sulle importazioni di acciaio e alluminio, sia dell’Ue che degli Stati Uniti, è sempre stata la Cina e, in misura minore, altri attori asiatici e dell’Europa orientale. Tuttavia, la giustificazione delle recenti iniziative degli USA volte ad imporre dei dazi aggiuntivi sulle importazioni nel tempo si è evoluta: sotto Trump l’impulso era la sicurezza nazionale. Nell’ambito dell’iniziativa Green Steel, l’obiettivo dichiarato era proteggere l’ambiente; secondo l’attuale iterazione, invece, gli USA affermano semplicemente di voler eliminare la capacità globale in eccesso. Tuttavia, in ogni caso l’obiettivo è stato principalmente la Cina.

Tutte queste iniziative probabilmente violano le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e finirebbero in un contenzioso, ma un CBAM nasce principalmente per essere responsabile nei confronti dell’ambiente. E chi, al giorno d’oggi, può criticare una giustificazione ambientale? I giuristi europei hanno trascorso anni a formulare il loro CBAM proprio per evitare delle controversie con l’OMC, quindi un meccanismo statunitense molto probabilmente sarebbe molto simile.

È importante notare che uno CBAM non è una politica “a basso impatto”. Infatti, il World Economic Forum stima che “un quinto delle emissioni di carbonio del mondo provengono dai settori manifatturiero e produttivo”. I politici dell’Ue e degli Stati Uniti vedono la riduzione delle emissioni di carbonio nei settori manifatturieri come un aspetto essenziale e relativamente semplice dei loro obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio. Ciononostante, questi Paesi molto probabilmente non stanno rispettando i loro precedenti obiettivi. Ad ogni modo, nelle economie mature continua a crescere la pressione per concludere degli accordi CBAM.

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