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acqua diga

Consolidare il settore, investire in tecnologia e potenziare le infrastrutture. La ricetta di Arthur D. Little per l’acqua

La riduzione delle piogge e l’aumento delle temperature stanno portando ad una progressiva diminuzione della disponibilità di acqua e, di contro, ad un aumento delle crisi che ne conseguono

Gli scenari di cambiamento climatico e le evoluzioni socioeconomiche, unite a una gestione delle infrastrutture che presenta un evidente divario tra Nord e Sud, impongono una riflessione sul futuro della risorsa idrica in Italia.

LA RISORSA ACQUA IN ITALIA

Nonostante il nostro Paese vanti un patrimonio idrico fra i più ricchi in Europa, la riduzione delle precipitazioni e l’aumento delle temperature stanno determinando una progressiva diminuzione della disponibilità di acqua e un’intensificazione delle crisi, evidenziando la vulnerabilità dell’infrastruttura idrica: poco interconnessa e poco digitalizzata e quindi non capace di ottimizzare il bilanciamento tra fonti ed impieghi, caratterizzata da perdite idriche elevate e da un importante fabbisogno di investimenti per rinnovare gli asset esistenti e svilupparne nuovi asset indispensabili per garantire la tutela futura della risorsa idrica (quali depuratori, invasi e impianti di gestione fanghi di depurazione).

ACQUA: LE CRITICITÀ DELL’ATTUALE MODELLO

Nel suo più recente studio, la società di consulenza Arthur D. Little Italia ha analizzato lo scenario attuale, ponendosi l’obiettivo di proporre soluzioni concrete e sostenibili, a partire dalla necessità di una programmazione strategica a livello centrale, che consentirebbe di tracciare le strategie di intervento e i criteri di selezione delle priorità per tutto il territorio nazionale, tenuto conto delle risorse finanziarie disponibili dei gestori e di quelle derivanti da fondi nazionali ed europei, svolgendo un’azione di indirizzo e di coordinamento alle attività degli Enti Locali per garantire una maggiore coerenza e omogeneità negli interventi pianificati e promuovere il percorso verso un’unica e interconnessa infrastruttura idrica.

LA FRAMMENTAZIONE DEI GESTORI

La frammentazione dei gestori, infatti, rappresenta un evidente limite. L’acqua a uso potabile è gestita attraverso 58EGA (Ente di Governo dell’Ambito) e 92 bacini di affidamento. Diversa ancora la governance dell’acqua a uso irriguo: sono circa 500 gli enti irrigui, eterogenei in dimensioni, funzioni e ordinamento giuridico che per lo più corrispondono ai cosiddetti Consorzi di bonifica e irrigazione. Si aggiungono infine le aziende e i consorzi industriali che si occupano dei servizi di captazione, acquedotto, fognatura e depurazione per le imprese non collegate alla rete acquedottistica.

IRENE MACCHIARELLI: FRAMMENTAZIONE GESTIONALE COMPORTA STALLO DEL SETTORE

Secondo Irene Macchiarelli, partner di Arthur D. Little Italia e leader dello studio, “è fin troppo evidente che una tale frammentazione gestionale comporti uno stallo all’evoluzione del settore, alimentando un circolo vizioso. Le società di piccole e medie dimensioni a controllo pubblico hanno tipicamente una minore capacità finanziaria e incontrano maggiori difficoltà nell’accesso a fondi europei; senza poter attuare gli investimenti adeguati, si pongono importanti ostacoli ai processi di innovazione e di miglioramento dell’efficienza operativa. Il contesto si complica ulteriormente al Sud Italia, dove è particolarmente presente il fenomeno della morosità”. Per Macchiarelli, anche i lunghi tempi burocratici e le contestazioni da parte di comunità locali rispetto alla realizzazione di opere sul territorio (la cosiddetta “sindrome di Nimby”) hanno contribuito ad accrescere il gap tra l’Italia e la media europea. Basti pensare che gli investimenti medi annui a livello europeo si sono attestati a 82 €/Ab contro una media italiana di 38 €/Ab (con un range che va da 8 €/Ab per gestioni in economia a 56 €/Ab per i gestori industriali).

UN NUOVO MODELLO DI GOVERNANCE PER L’ACQUA

“Per superare lo stato di vulnerabilità dell’attuale infrastruttura idrica italiana, è necessario agire su due piani paralleli: da un lato, la realizzazione di un importante programma di interventi coordinato a livello nazionale e basato su una logica costi-benefici (si investe nelle opere che producono maggiori benefici al sistema idrico rispetto ai costi) con l’obiettivo di creare un’infrastruttura interconnessa e digitalizzata, e dall’altro il consolidamento del settore, passando da circa 190 operatori e 1.400 gestori in economia a non più di 65 gestori.”

Secondo Macchiarelli, “i fondi del PNRR rappresentano una preziosa opportunità per accelerare il percorso di rinnovamento e sviluppo dell’infrastruttura idrica e per favorire la sicurezza dell’approvvigionamento, ma è necessario che le procedure di affidamento degli appalti e l’esecuzione dei lavori rispettino le scadenze previste”.

LA PROPOSTA DI ARTHUR D. LITTLE 

Secondo lo studio condotto da Adl, attraverso la creazione di un’infrastruttura interconnessa e gestita da non più di 65 operatori si potrebbe garantire un decisivo cambio di passo grazie a capacità di investimento, territorialità,competenze industriali e circolarità, ottimizzando il bilanciamento tra la disponibilità idrica e i consumi finali, e dunque riducendo il rischio di nuove crisi. Le multi-utilities italiane sono i soggetti che possono garantire un cambio di passo decisivo in tal senso.

IL MODELLO TARIFFARIO IDRICO

Anche il modello tariffario idrico potrebbe ispirarsi a quanto previsto dagli altri servizi energetici regolati e dovrebbe dunque introdurre gradualmente meccanismi di perequazione e un allentamento del cap tariffario, restituendo ai gestori una maggiore capacità di investimento.

I gestori di grandi dimensioni presentano performance migliori di quelli di medio-piccole dimensioni: investono di più, sono più efficienti, hanno bilancio più sostenibili. E’ quindi necessario accelerare il percorso di consolidamento del settore favorendo l’ingresso di capitali privati nelle gestioni in-house e l’accorpamento delle gestioni territorialmente contigue.

LE 7 PRIORITÀ DI INTERVENTO

Secondo Arthur D. Little sono 7 le iniziative concrete che possono garantire un cambio di passo nella gestione del servizio idrico in Italia e che possono essere realizzate senza stravolgere l’attuale modello di gestione e governance:

1 Rafforzare il meccanismo di tutela della morosità, prevedendo uno schema di profit sharing per il gestore (più incasso più guadagno) ma anche di tutela (prevedendo una % minima di incasso, al di sotto della quale il costo viene socializzato) al fine di attrarre gli operatori industriali nelle regioni del Sud Italia che presentano gestioni in economia e/o società pubbliche in situazioni di dissesto finanziario

2 Inserire un meccanismo di perequazione e allentare il cap tariffario, prevedendo uno schema di progressiva socializzazione degli investimenti e di allentamento del cap sull’incremento della componente tariffaria a copertura degli investimenti, restituendo agli stessi maggiore capacità di investimento e favorendo un circolo virtuoso per i gestori che dimostrano migliori risultati nella gestione industriale (e.g. migliori indicatori di qualità tecnica e commerciale, capacità di messa a terra degli interventi, sostenibilità finanziaria)

3 Rafforzare il ruolo delle strutture centrali (es. Invitalia, Sogesid) nella gestione delle procedure di affidamento e di rinnovo degli affidamenti  in modo da supportare ulteriormente gli enti di governo – soprattutto i più piccoli – nella preparazione della documentazione di gara e nello svolgimento della procedura al fine di accelerare il processo, promuovere la competizione e ridurre il rischio di ricorsi e contenziosi. In questo senso, le gare per gli ambiti di Rimini, Piacenza e Reggio Emilia potrebbero rappresentare una best practice di riferimento.

4 Favorire il trasferimento delle gestioni in economia al gestore unico, prevedendo un meccanismo di incentivazione per i Comuni e il gestore unico che accelerano tale processo.

5 Favorire le aggregazioni tra gestori attraverso la trasformazione di società in – house in società mista (entrata di soci privati) e aggregazione di società in-house su più ATO nonché prevedendo un ruolo di CdP per garantire un adeguato flusso di capitali

6 Promuovere il Project financing come strumento di partnership pubblico privata, riconoscendo ai gestori del SII i costi a copertura delle capex che sono realizzate dal soggetto promotore del project financing; ciò consentirebbe ai gestori in-house di beneficiare di una ulteriore fonte di finanziamento degli investimenti senza aprire il capitale al privato

7 Promuovere un approccio integrato al ciclo dell’acqua, ampliando il ruolo del gestore idrico /utilities anche alla gestione dei comparti ad uso industriale e irriguo e prevedendo una pianificazione integrata degli investimenti.

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